Ce l’ha quasi fatta Jair Bolsonaro a raggiungere la presidenza del Brasile al primo turno delle elezioni presidenziali. Con il 46,06% dei voti il candidato di destra è molto più avanti di Fernando Haddad, Partito dei lavoratori (PT), che ha raggiunto il 29,24%. Ma non ha sfondato il 50% dei voti necessari per evitare il ballottaggio. Nonostante il vantaggio, Bolsonaro ha parlato di “problemi delle urne elettroniche […] Sono certo che se non ci fossero stati, avremmo avuto il nome del Presidente della Repubblica stasera. In un video postato su Facebook ha chiesto ai suoi sostenitori di non restare in silenzio: “Chiederemo soluzioni al Tribunale supremo elettorale […] Dobbiamo rimanere mobilitati, mancano tre settimane al secondo turno”.
In una conversazione con Formiche.net, Carlo Cauti, giornalista del settimanale brasiliano Veja, ha spiegato il perché – al di là dei risultati che potrebbero esserci nel secondo turno – il voto di domenica 7 ottobre è la fine di un’era per il Partito del Lavoratori. Uno tsunami elettorale, dai primi exit poll sembrava un trionfo certo ma soprattutto una sconfitta netta. “I risultati delle elezioni mostrano che il ciclo del PT è finito – ha spiegato da São Paulo il giornalista -. Dopo 13 anni di governo ormai il Partito di Lula sembra aver perso la sua spinta propulsiva”.
Certo è che i brasiliani non solo hanno riscoperto la destra (qui l’articolo di Formiche.net del 27 novembre del 2017 su come l’estrema destra seduceva il Brasile), ma hanno proprio rigettato il PT. Secondo Cauti, il partito di sinistra “sfiora una sconfitta al primo turno alla presidenza ma perde anche su tutta la linea nelle candidature locali: Dilma Rousseff solo al quarto posto al senato, Eduardo Suplicy idem, i candidati al governo degli Stati principali come Rio de Janeiro, São Paulo e Minas Gerais, umiliati in percentuali risibili. Per quello che era stato il primo partito del Brasile, vincitore di quattro elezioni di seguito non è una sconfitta, è una disfatta”.
Il grande partito di sinistra, vincitore delle ultime quattro elezioni e al governo per più di una decade, è considerato da molti responsabile dei mali del Paese: l’alto indice di disoccupazione, corruzione, criminalità e crisi economica. Dall’altra parte, invece, c’è Bolsonaro, con un programma di mano dura contro i corrotti, gli immigrati e a favore della liberalizzazione del porto d’armi e la difesa dei valori tradizionali. I suoi figli, Eduardo e Flavio Bolsonaro, sono già diventati deputato e senatore rispettivamente. Lui per la presidenza dovrà aspettare – e vincere – il secondo turno il prossimo 28 ottobre. Il risultato chiaro di questa settimana in Brasile è che la sinistra, per ora, è finita.