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Tanto cara mi fu quella Sinistra

L’abitudine è quell’abito mentale che veste il consueto, non il nuovo.
Toh guarda giusto voi, nostalgici dell’Economia della Produzione, dove quelli del Capitale e gli altri del lavoro se le davano di santa ragione per poter intascare il meritato e i consumatori fuori dal ciclo a ristorar bisogni.
Beh, ancor’oggi cari miei quel consunto consueto vi veste e vi calza; nè vi scuote il fatto che quella stessa economia, dall’esser stata della produzione, si sia fatta dei consumi*; quel posto, insomma, dove hanno più bisogno i produttori di vendere chi i consumatori di acquistare .
Toh guarda questa mattina, anch’io, nel calzarmi mi sono accorto di avere un buco in una scarpa. Preso dal bisogno esco e ne acquisto due, nuove. Non tutti hanno le scarpe sfondate, chi ce le ha fa come me. Poi ci son quelli fedeli alla moda e se cambia le cambiano; ci sono pure i collezionisti, finanche quelli che le acquistano solo per sfizio.
Tutti si va in negozio, scegliamo, acquistiamo, paghiamo.
Efisio, capo dei calzaturai del calzaturificio “Frosi”, incassa, fa i conti; conta pure le scarpe ancora in magazzino; mette nel conto pure la fine della stagione che si avvicina, impreca.
Veniamo a noi, cari della vecchia Sinistra, agitate i neuroni e…. lo sentite l’acro odore di un bel conflitto tra Capitale e Lavoro?
Diamo un’occhiata. Quest’ Efisio impreca perchè, a conti fatti, ha mal gestito i fattori della produzione.
Fiuuuu, eppur ci aveva messo la capacità di imprendere ed il capitale e quelli che stanno con lui il lavoro.
Quando si accorge del danno, ci risiamo, taglia il costo di quel lavoro che ha sovrapprodotto, la solita storia insomma.
Si la solita, quella che pressappoco sembrano raccontar tutti: un’analisi del Centro Studi ImpresaLavoro, elaborando dati Eurostat, mostra come dal 2007 al 2017 gli italiani abbiano perduto l’8,4% del loro reddito pro capite, un calo pari a 2.400 euro a cittadino.
Ehi, c’è pane per i vostri denti e azzannar l’ingiustizia.
Calma e gesso. Quello Scarpantibus quando fa questo ha in testa un dilemma: “riduco la paga a quelli che hanno lavorato facendo troppo; riduco il costo del lavoro per abbassare i prezzi, migliorare la capacità competitiva e vendere quell’invenduto che altrimenti brucia risorse?”
Mentre ancor dilemma si accorge di come gli sia rimasto in tasca quella parte dell’incassato con cui remunera il capitale; massì, quel che gli tocca degli utili per la gestione dei fattori produttivi e la quota di profitto del rischio d’impresa.
Bene da dilemma a dilemma, il vostro: Efisio, che ha mal gestito i fattori della produzione, ci marcia o quel meccanismo “automatico” che trasferisce quanto incassato della spesa ai fattori produttivi, gli ha consentito di tenersi l’immeritato resto in tasca, malgré soi?
Un bel dilemma eh? Già, pure perchè così la produttività totale dei fattori collassa; si va a sbattere insomma!
La colpa dite?
Ecco si, la colpa.
Per generare la crescita economica, produrre e lavorare sono la condizione necessaria, niente affatto sufficiente se si è prodotto quell’invenduto che brucia risorse. La spesa si!
Quella dei consumatori ne fa i 2/3.
Nell’Economia dei Consumi, dove “la mia spesa è il vostro reddito” e la spesa di tutti è reddito per tutti, quel meccanismo di trasferimento misconosce questo ruolo.
Essipperchè, se per fare la crescita quest’esercizio di consumazione si rende indifferibile, questa indifferibilità reclama l’impiego di risorse produttive scarse: il tempo, l’attenzione, l’ottimismo.
Giust’appunto queste risorse produttive che proprio quell’invalido, attempato meccanismo non misura nè remunera.
Già, sapete di chi è figlio questo improvvido trasferimento? Il padre, quel vecchio paradigma che ha consagrato i Produttori come “generatori della ricchezza”; il Nonno, cantore di quell’economia della produzione, che ancora vi illude.
Bene, è tempo di lasciare il Novecento, farsi prossimi all’oggi. Oddio, quelli del PD ci hanno provato, si sono affacciati al nuovo millennio per scrutare, ancora scrutano.
Vi vedo scettici: ennò proprio quando tocca ripensare i modi della rappresentanza politica?
Già, proprio la Politica, per dirla con Guglielmo Minervini, dovrebbe cambiare attitudine di fronte alle cose da fare per governare i fatti: “non quante risorse stanziare, quante invece risorse attivare.”
Essipperchè, se per quelle da stanziare non v’è il becco d’un quattrino, quelle da attivare a guardar bene si possono scorgere dentro quel vecchio, farraginoso, iniquo meccanismo di trasferimento, giust’appunto!
Morite dalla voglia di redistribuire, magari attrezzando un adeguato ambiente normativo, alfin di esercitare il ruolo che vi spetta e meritare l’emolumento?
Bene, vi prendo in parola: Ricordate quel “Profitto” un tempo considerato illecito?
Beh, oggi è incongruo!
Si, questo remunero del rischio d’impresa, dentro un’economia dei consumi, circolare e continua, manca di ragione strumentale. Dentro questo circolo, quando tutti gli agenti economici dispongono dalle adeguate risorse produttive per fare quel che gli spetta, il sistema gira; girando, quel rischio viene abbattuto!
Ta ta tà: le scorgete le risorse da riallocare a quelli della spesa, perchè questo si renda possibile?
Okkio, sono le nicchie di profitto che vengono incassate in ciascun tratto delle filiere, più o meno lunghe, del sistema produttivo.
Dovete fare in fretta per non farvi eseutorare; ci sono, nel mondo, grandi Imprese che già lo fanno: rende!
Ehi, da buoni tutori del lavoro siete ancora scettici?
Bene, come intendere quell’obbligato esercizio di consumazione se non un lavoro che, agito, smaltisce quento prodotto e fa riprodurre attivando lavoro produttivo buono?
Essì, lavoro buono quello generato dalla spesa, fornito dall’Impresa e remunerato con i proventi di quella stessa spesa.
Approposito: potete, è vero, continuare a perseguire quella vostra abitudine che vi fa stare con i deboli; per poter far per loro però, ironia della sorte**, vi toccherà dover rappresentare le istanze invece di quelli della spesa, quelli forti.
Prosit!

*L’economia dei consumi prende il posto dell’economia della produzione quando l’offerta supera strutturalmente la domanda. Quando insomma, per fare la crescita si impone l’obbligo del consumare ben oltre il bisogno, si chiude un’epoca, si apre al nuovo.

** Quella sorte sociologica che vi ha descritto questi consumatori come “Gente prodiga e men che mai satolla.” Viziosi quindi, dimentichi di come propio questo vizio sia la virtù che fa crescere l’economia.

Mauro Artibani, l’Economaio
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