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Così l’Europa (con gli Usa) può rilanciare il dibattito sul futuro del cyber spazio

Di Floriana Giannotti
cyber

L’interesse dei capi di Stato e di governo è, al giorno d’oggi, sempre più spesso rivolto alla difesa dello spazio cibernetico.
Lo stato di incertezza e di insicurezza, di mancanza di fiducia reciproca che caratterizza la società digitale rende, infatti, sempre più difficili le relazioni tra gli Stati.
Lo conferma il dibattito sorto il 12 novembre, in occasione della Paris Digital Week e, in particolare, durante l’Unesco Internet Governance Forum, cui ha aderito anche il Center for Cyber Security and International Relations Studies dell’Università di Firenze. All’evento, il capo di Stato francese Emmanuel Macron ha lanciato un appello alla pace nel cyber spazio. Si è trattato, in sostanza, di un invito alla collaborazione allo scopo di combattere e arginare le offensive malevole che sempre più spesso danneggiano il dominio cibernetico ed in cui si propone l’adozione di una strategia comune. L’appello è rivolto non solo agli Stati, ma anche ad enti non statali quali le compagnie private e le varie organizzazioni regionali, che giocano un ruolo sempre più importante nelle relazioni internazionali.
L’appello dell’Eliseo si fonda su alcune questioni ritenute di fondamentale importanza: aumentare la protezione e la resilienza contro l’uso malevolo delle Ict; proteggere l’accessibilità di Internet; intervenire collettivamente con l’obiettivo di evitare interferenze nei processi elettorali; proteggere i dati personali.

LE RAGIONI DEGLI USA (E DELL’OCCIDENTE)

Russia, Cina, Iran, Israele, Regno Unito e Stati Uniti non hanno per ora aderito a questa iniziativa (mentre lo hanno fatto colossi quali Microsoft, Google e Facebook, realtà con interessi diffusi in molti continenti).
Tuttavia, le ragioni di chi ha detto “no” sono diverse. Gli Stati Uniti, a capo delle nazioni occidentali, auspicherebbero un accordo internazionale per rendere più stabile il cyber spazio (perseguono questo obiettivo anche in sede Onu), ma non solo non hanno mai fatto mistero di temere un attacco da parte di Cina, Russia, Corea del Nord, e Iran (tutti nemici storici della grande potenza occidentale che rendono faticoso il dialogo), ma recentemente hanno anche accusato questi Paesi di vari attacchi cibernetici.
Non sembra, quindi, azzardato affermare che anche a livello cibernetico esistano delle alleanze contrapposte. Dal momento che anche la quinta dimensione della conflittualità vede opposto il blocco occidentale, guidato da Washington, a quello orientale, guidato da Mosca e Pechino. Il clima che si viene così a creare somiglia molto a quello della Guerra Fredda. In questo contesto, tuttavia, non esistono regole del gioco e il conflitto, data la natura del cyber crime, è del tutto asimmetrico, e può essere innescato da singoli enti, statali e non. Per questo fare accordi “larghi” in questa fase risulta oltremodo ambizioso.

LO SCENARIO

Al momento, però, il presunto “blocco orientale” non sta portando avanti una strategia comune in questo settore e ciò rende poco concreta l’ipotesi di un’alleanza a livello cibernetico.
Ciò che accomuna i quattro “nemici” dell’Occidente è la loro percezione del cyber spazio, inteso come un’arena in cui è necessario attaccare e difendersi, pena la stabilità interna.
Stando così le cose, la teoria realista dell’Equilibrio di Potenza entra inevitabilmente in crisi e si crea un paradosso: ci si sente attaccati, dunque si attacca. È una sorta di dilemma della sicurezza: per sentirsi più sicuro ogni Stato massimizza le proprie risorse soprattutto in ambito militare; a questa maggiore sicurezza corrisponde però una crescente insicurezza negli altri Stati. Ciò innesca inevitabilmente una corsa al riarmo e la concreta possibilità di una escalation sia politica sia militare è tutt’altro che remota.
Sarebbe auspicabile prevenire un conflitto cibernetico (che per molte nazioni poco resilienti sarebbe devastante), aprendo un tavolo di lavoro basato su dialogo e confronto: in questo scenario l’Europa – in un clima di necessario e naturale confronto con l’alleato americano – potrebbe assumere un ruolo di mediazione di fondamentale importanza.

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