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Perché la fine di Amal è una sconfitta per l’Occidente

yemen Nyt, vittoria dorata, hodeida

L’addio ad Amal, la piccola yemenita di 7 anni spirata poche ore fa,  è una sconfitta clamorosa per tutti noi. E quando scrivo noi, intendo l’Occidente. I nostri valori, il nostro modo di intendere la vita, ma anche e soprattutto le relazioni umane, sociali e fra Stati. Quell’immagine, l’addio ad una bimba divenuta simbolo della tragedia di decine di migliaia di altre senza volto e senza un post in Instagram, fra Yemen e Siria, ci indigna, ci addolora e ci abbatte. Ma di che dolore stiamo parlando?

Il sospetto è che sia quello buono per i social, per una condivisione sincera, per carità, ma comunque capace di esaurirsi nello spazio di un clic… Se mi chiedete dove fossimo tutti noi, dove fosse l’Occidente della civiltà, dell’eguaglianza, dei pari diritti e pari doveri non so rispondere. Spazzato via. Yemen e Siria sono due buchi neri, che ormai ci rifiutiamo anche di guardare. Ce ne vergogniamo e facciamo bene.

Nessuno può dirsi senza colpe: gli Stati Uniti, considerato che a Damasco si è consumata la più grande sconfitta in politica estera di Barack Obama, sostanzialmente certificata dalle roboanti e inutili sparate di Trump. L’Europa, semplicemente inesistente. Ancora una volta. Allora, se è vero come è vero che Europa e Stati Uniti sono l’Occidente, ne incarnano i valori più alti e vincenti in settant’anni di dopoguerra, abbiamo perso tutti. Anche un po’ di diritto di indignarci.

Che si sia lasciato imporre un simulacro di pax russa in Siria non è solo un default per Washington, Londra, Parigi, Berlino, Roma e Bruxelles. È qualcosa di più grave: può certificare l’inizio della fine della supremazia ideale dell’Occidente. Naturalmente, nulla è perduto per sempre, ma se non sapremo fare nostra questa devastante lezione, la lezione della fine di Amal, non avremo il diritto di lanciare il prossimo allarme, sull’arroganza russa o l’espansionisno cinese (si pensi all’Africa…). Ce la saremo meritata.



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