Il 15 settembre del 1997 veniva registrato il dominio del motore di ricerca Google. Da allora l’innovazione tecnologica ha compiuto passi enormi e l’impatto sulle economie mondiali è stato di livello esponenziale. Foriera di possibilità fino a pochi anni fa impensabili, e di lati oscuri preoccupanti, l’esplosione dell’economia digitale ha condizionato profondamente il mercato anche il mercato italiano. “G factor. Storie di imprese italiane che crescono con Google” (ed Egea), è un libro che racconta le storie dei pionieri dell’economia italiana che hanno saputo sfruttare la rivoluzione digitale. Storie di aziende che non si sono fatte spaventare dal progresso e dalle novità ma hanno saputo sfruttare a loro vantaggio cambiamenti inarrestabili.
Formiche.net ne ha parlato con Diego Ciulli, uno degli autori del libro insieme a Carlo Alberto Carnevale Maffè e Giampaolo Colletti, public policy manager di Google Italia, che ci ha raccontato la genesi del libro spiegando perché è importante non avere paura del progresso tecnologico.
Secondo lei, quali sono i tre aspetti più importanti della rivoluzione digitale sul mercato italiano?
Prima di tutto la possibilità di farsi trovare da chiunque con un click. Questo è particolarmente rilevante per l’economia italiana che è fatta da piccole aziende per le quali è difficile farsi trovare. Banalmente, se sei in centro e vuoi andare a mangiare un gelato cerchi su Google e trovi la gelateria più vicina. La seconda grande innovazione è l’abbattimento dei costi della pubblicità che fino a pochissimo tempo fa era un bene scarso e costoso. Oggi si trova a un prezzo molto più basso ed è molto più precisa. Questo di fatto significa che aziende medie e piccole possono avere accesso a un mercato che era loro interdetto. Questo è molto rilevante se pensiamo al tema dell’internazionalizzazione. Oggi è facilissimo e costa virtualmente zero avere accesso ai mercati esteri.
E il terzo?
Il terzo è sull’uomo. La nostra grande sfida per i prossimi anni è mettere l’economia dei dati e l’intelligenza artificiale al servizio di tutte le imprese. Oggi rendiamo possibile anche per le imprese medie fare data driven innovation e quindi utilizzare i dati che hanno per elaborare strategie d’impresa ed essere più efficienti.
Le faccio una domanda a bruciapelo: l’Intelligenza Artificiale avrà riverberi negativi sul lavoro?
Ecco così mi fai spoilerare la fine del libro, proprio di questo parlo nel capitolo 8. La tesi del libro è che quello che chiamiamo G Factor che è un insieme di tecnologie elaborate da Google e da altre imprese hanno fatto drammaticamente crollare le barriere all’ingresso di una serie di mercati dei quali si parla nel libro. Ne rimane una sola, quella delle competenze. Quello che sta succedendo è che sempre di più la condizione per avere successo nell’economia di internet è avere persone preparate. Io non credo che l’intelligenza artificiale distruggerà posti di lavoro. Anzi i dati ci dicono che in Italia i dati perdiamo poti di lavoro perché abbiamo poca innovazione. L’adozione di tecnologia digitale, invece, crea posti di lavoro.
Però la preoccupazione, che potremmo chiamare “neo luddista” c’è.
Non ti fidi? Bene allora dimmi qual è il paese con il più basso tasso di disoccupazione in Europa e quello con il più alto tasso di robot. Sai qual è la risposta?
No.
La Germani,a a entrambe le domande. Nelle economie avanzate più si è tecnologici più si riesce a creare lavoro. Ovviamente è un lavoro molto diverso, è un lavoro molto più denso di competenze e qui c’è la grande sfida collettiva del nostro Paese: fare in modo che per essere competitive le aziende adottino le tecnologie del G Factor e abbiano a disposizione persone in grado di utilizzarle. In questo modo si tiene insieme innovazione tecnologica e tutela dei posti di lavoro.
Non può esistere un’economia avanzata senza un popolo di lavoratori con quelle competenze specifiche.
Esatto.
Quindi l’impatto dell’avanzamento tecnologico e, in particolare, dell’intelligenza artificiale è proprio questo invito ad acquisire sempre maggiori competenze?
Certo. L’altro impatto riguarda le imprese. Il libro racconta una serie di storie di successo di imprese italiane che hanno saputo ben sfruttare l’economia del G Factor. Le storie che racconta il libro sono quelle dei pionieri dell’economia digitale. Quello che sta avvenendo è che ogni giorno queste tecnologie costano meno e sono maggiormente disponibili anche per le imprese che dispongono di meno capitale. Ogni impresa può far parte dell’economia di internet.
Nel 2015 lei ha collaborato con il ministero del Lavoro per “Crescere in Digitale”, organizzato in collaborazione con Google. All’epoca l’opinione diffusa sull’innovazione tecnologia, anche tra i decisori pubblici, era diversa da quella di oggi.
“Crescere in Digitale” è stata un’esperienza di successo, abbiamo avviato già 3000 tirocini e ne abbiamo in programma di attivarne altri 5000 entro 2020. Devo dire francamente che il neo luddismo è tanto nella nostra bolla. Quello che abbiamo scoperto scrivendo G Factor è che se ne parla pochissimo ma larga parte dell’imprenditoria italiana sta iniziando, anche lentamente a utilizzare tecnologie internet e ne sta traendo beneficio. E che se ne parla poco perché per loro è la normalità. Noi viviamo già nell’economia di internet. Forse l’unica strada per non avere paura dell’innovazione è provare a imitarli.
Il suo libro racconta di casi virtuosi. Ce ne racconta qualcuno.
Tutto il libro è fatto di casi virtuosi, in particolar modo di storie di pionieri che hanno capito prima degli altri le potenzialità dell’economia digitale. Oggi abbiamo G Factor in tutte quelle imprese che possono utilizzare, per migliorarsi, tecnologie che non hanno inventato loro. Ti faccio un esempio. Al termine di questa intervista io userà un servizio di prenotazione di motorini offerto da Zig Zag, una piccola e innovativa azienda. Per prenotare io uso un’app che sfrutta una mappa che non ha creato e si appoggia su Google Mao. E per arrivare al cliente sfrutta il fatto che io abbia uno smartphone. Altri casi virtuosi sono tutte quelle imprese che utilizzano il GFactor per vendere all’estero. Nel libro parlo di Vanessa Cavallaro che è un’artigiana del vetro ligure che grazie a Google vende i suoi vasi in tutto il mondo. Sai che si possono comprare online le ostriche fresche?
No.
Il primo risultato naturale e quindi non a pagamento è un’azienda di Bergamo dove notoriamente non c’è il mare. Sono enormi le potenzialità dell’economia digitale.
Chiudiamo con una domanda personale. Lei ha un passato in politica: a 17 anni dirigente della sinistra e poi consigliere regionale del Pd a 23 anni. La chiama Google e molla tutto. È felice?
Non mi manca nulla, sono molto felice. Non rinnego nulla eh, parlo con la politica tutti i giorni e l’apprezzo.