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Come Leonardo si è rilanciata sui mercati internazionali. Parla Mariani

Lorenzo Mariani

Nell’ultimo anno “un ’accelerazione c’è stata”. Cinque o sei campagne internazionali stanno determinando il rilancio di Leonardo, il campione nazionale dell’aerospazio e difesa che vuole restare “fortemente esposto all’estero”, ma che non può prescindere “dalla primaria importanza del sistema-Italia”. Parola di Lorenzo Mariani, l’uomo dell’internazionalizzazione, il chief commercial officer scelto dall’amministratore delegato Alessandro Profumo per guidare la strategia di espansione della One company sui mercati esteri. Lo abbiamo intervistato nel corso del salone Euronaval di Parigi, la rassegna biennale dedicata alle tecnologie militari in campo navale andata in scena la scorsa settimana.

Lei è stato scelto per guidare un piano ambizioso, che prevedeva nel giro di tre/cinque anni l’apertura di numerosi nuovi uffici e sedi in giro per il mondo. A che punto siamo?

Pur avendo un numero di sedi già abbastanza elevato nel momento della costituzione nella nuova organizzazione Cco (partivamo da circa 20 società estere e una decine di uffici ripartiti nel mondo) abbiamo detto da subito che c’erano due aspetti da considerare. Il primo riguarda la razionalizzazione di tale presenza. Venendo da una storia antica di società differenti, le sedi erano concentrate in 14 Paesi, e questo poiché in alcuni Stati, per noi molto importanti, c’erano gli uffici di Oto Melara, di AgustaWestland, di Selex ES, proprio perché tutti si erano mossi indipendentemente spesso senza un coordinamento.

E il secondo aspetto?

La seconda questione, invece, era che in alcuni Paesi non eravamo presenti affatto o non in modo adeguato. Così, abbiamo passato questo primo anno essenzialmente nei due task di espansione e razionalizzazione, elementi che non vanno l’uno contro l’altro. Abbiamo costituito, a fine maggio, la Leonardo International, di cui io sono amministratore delegato e il dottor Profumo è presidente. Essa raccoglie tutta la presenza internazionale di Leonardo, in termini di società controllate e partecipate (escluse le grandi presenze in Regno Unito, Stati Uniti e Polonia) e, in prospettiva, anche gli uffici. Abbiamo acquisito sotto Leonardo International tutte le suddette società esistenti, avviando l’opera di razionalizzazione. Ciò significa essenzialmente che in Paesi come il Brasile e l’Australia, dove c’erano tre o quattro sedi, ne avremo una sola. Parallelamente, abbiamo cominciato ad aprire sedi e nuovi uffici in altri Stati.

Ne può citare qualcuno?

Ne nomino alcuni senza precisare lo stato di avanzamento del processo di apertura, dato che diversi sono in attesa di autorizzazioni locali. In ogni caso, per tutti quanti è stata autorizzata dal board di Leonardo International l’apertura della rispettiva sede sociale, società o ufficio. Parlo di Polonia, Pakistan, Bahrein, Cina, Canada, di una razionalizzazione della parte nord Americana (esclusa Drs), Egitto, Algeria, Cile e Perù. In sintesi, sia l’operazione di espansione, basata sulla creazione di Leonardo International e sull’apertura di nuovi sedi e uffici, sia sulla razionalizzazione, che è la “one face” di Leonardo, stiamo procedendo bene.

Nel Piano industriale sono inoltre previste 70 campagne strategiche per 20 miliardi nei prossimi 5 anni. 

Su questo voglio dare prima di tutto un dato: Leonardo ha rivisto la guidance di fine anno per gli ordini, alzandola da 13 miliardi a 14-14,5. Questo, rispetto al dato storico intorno all’11,5-11,8, già rappresenta un elemento molto importante, e devo dire che avviene anche grazie al successo su alcune grandi campagne.

Ad esempio?

Ad esempio quella per gli elicotteri NH90 in Qatar, o la campagna, sempre in quel Paese, per l’Eurofighter. In tutto ci sono cinque o sei campagne che guardiamo in modo positivo in vista della fine dell’anno. Da questo punto di vista, l’accelerazione c’è stata. Ovviamente, in questi mesi di redazione del Budget Piano del prossimo quinquennio, ciò che stiamo facendo è far sì che, con un piano ambizioso ma raggiungibile, il fattore di miglioramento si trasferisca in maniera stabile e strutturata anche nella pianificazione futura, migliorando il Piano precedente in termini di risultati.

Ha citato il Qatar e il Bahrein. Il Medio Oriente resta un mercato prioritario per Leonardo?

Sicuramente, vantando una presenza storica nella regione, il Medio Oriente è una delle priorità per il nostro business. Quasi tutte le ex società, oggi divisioni, hanno prodotti operativi nei Paesi mediorientali. Oltre al Qatar, anche negli Emirati Arabi abbiamo una presenza storica, mentre in Bahrein si tratta di una presenza più recente ma di grande successo nella parte navale, nel controllo del traffico aereo e nel settore degli elicotteri. In Oman, la presenza dell’Eurofighter, anche se venduto dall’industria britannica, è importante. Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, grazie soprattutto alla nostra componente britannica, vantiamo una presenza ormai quasi trentennale. Non si può non citare il Kuwait con l’Eurofighter, contratto portato a casa questa volta dall’Italia nell’ambito della campagna più importante della storia di Leonardo. In definitiva, si tratta di Paesi in cui il cliente è fidelizzato e dunque, purché lo si riesca a mantenere tale, un cliente a cui è più facile vendere. Ovviamente questo va a braccetto con il forte rilievo dato dal dottor Profumo alla componente customer support.

Come state sviluppando tale componente di supporto al cliente?

Ricade anch’essa in uno dei rami della mia organizzazione. Ha lo scopo, tra l’altro, di identificare nuove e iniziative nei servizi di supporto al cliente: la Scuola internazionale di volo di Lecce e Galatina (frutto di una partnership con l’Aeronautica militare, ndr) è una di queste. Allo stesso tempo, l’obiettivo è curare in maniera integrata la soddisfazione del cliente. Oggi siamo un’unica azienda, quindi se il business navale rende un cliente insoddisfatto, quest’ultimo vedrà Leonardo con sfavore anche quando gli andremo a proporre altri sistemi. Ovviamente vale anche l’opposto: se un business ha successo, favorisce tutti gli altri.

Di fronte ad annunciate riduzioni del budget nazionale per la difesa, più che un’opportunità, l’export è per voi un’esigenza in questo particolare momento storico?

Leonardo, allora Finmeccanica, capì già molti anni fa che l’internazionalità è un’esigenza. Oggi, il nostro business è oltre l’80% fuori dall’Italia. Questo non è un caso, ma una scelta maturata in tanti anni, in parte con l’acquisizione di business in America, in parte con la forte presenza che abbiamo nel Regno Unito e con le attività di export legate a Uk, e in parte anche con la grandissima vocazione all’export domestico che abbiamo sempre avuto. È molto tempo che siamo fortemente propensi a esportare. C’è però da aggiungere una considerazione: il rapporto 80-20 è secondo me una soglia fisiologia, perché comunque, specialmente nel business militare, se il cliente di riferimento italiano non usa un prodotto, è molto difficile venderlo all’estero.

Sta dicendo che non si può salire oltre l’80% di business estero?

Può ancora salire, ma deve rimanere uno “zoccolo duro” di cliente italiano soddisfatto e operativamente convinto dei nostri sistemi, anche venduti competitivamente, perché questi sono i migliori riferimenti verso l’estero. Non si vende solo perché c’è Lorenzo Mariani, Leonardo International o perché abbiamo semplicemente dei bravi venditori, si vende perché abbiamo ottimi prodotti e un “sistema-Italia”. Ciò significa ad esempio che è fondamentale che l’Aeronautica militare usi i nostri aerei, abbia i nostri missili e i nostri radar, così come la Marina e l’Esercito, senza ovviamente trascurare i Carabinieri o le altre Forze armate e di Sicurezza. Siamo fortemente esposti all’estero e vogliamo rimanerlo. Riteniamo che l’eccellenza tecnica sia fondamentale, ma anche che il “sistema-Italia” sia di primaria importanza: esporteremo se riusciremo a mettere in piedi un sistema ove tutti, dalle piccole e medie imprese ai nostri fornitori, fino agli esponenti del governo e delle istituzioni, si impegneranno per promuovere l’offerta dell’Italia all’estero, perché è lì che la competizione è più dura.

A proposito di competizione dura, nelle due grandi gare per l’Air Force americana, Leonardo ne ha vinta una (per gli elicotteri) e persa l’altra (per gli addestratori). La differenza l’ha fatto l’assenza, nel secondo caso, di un colosso americano come partner?

Sin troppo facile dirlo, anche perché è lo stesso colosso che in sostanza le ha vinte tutte e due. Ad ogni modo, dal nostro punto di vista, le due gare avevano un altro elemento in comune, e cioè il fatto che avessimo offerto in entrambi i casi un prodotto veramente di altissimo livello. L’AW139 (lì, MH139), benché poi trasferito in parte negli stabilimenti americani di Filadelfia e nonostante qualche modifica, è un prodotto che abbiamo venduto in oltre mille esemplari, il “best in class” mondiale nella sua categoria. Siamo stati molto competitivi con la proposta e il mercato americano non ha potuto non riconoscerlo. Detto questo, per l’altra gara, il prodotto era ugualmente un “best in class”. Qui, la scelta statunitense è stata probabilmente dettata da altre motivazioni. Leonardo ha scelto di partecipare attraverso la propria filiale statunitense Leonardo Drs, che ha fatto un lavoro eccezionale, sia di gestione del bid, sia di gestione integrata della componente italiana, dato che il progetto del velivolo da cui derivava il T-100 era italiano. Questo però non è bastato. La sintesi è che probabilmente alla fine Boeing ha fatto la differenza. Ha saputo costruire un business case di successo, soprattutto nel presentare la propria offerta e nel gestire i costi di sviluppo relativi a un velivolo sostanzialmente nuovo.



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