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Piazza Affari ha tutto da guadagnarci con la Brexit. Ecco perché

Di Mario Angiolillo
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La regolamentazione dei servizi finanziari nel post Brexit è stata sin da subito una delle principali questioni oggetto delle trattative sulle future relazioni tra Unione Europea e Regno Unito.

La possibile intesa per la realizzazione di un Free trade agreement sulla falsariga del Ceta, che prevede la reciprocità di accesso ai mercati finanziari, rappresenterebbe un’efficace soluzione, ma la situazione di incertezza che si è venuta a creare in questi ultimi giorni rischia di rimettere tutto in discussione.
Un eventuale “no deal” che dovesse preludere anche ad un considerevole periodo senza un accordo sulle relazioni nel post Brexit avrebbe un effetto negativo dovuto al fatto che le banche e gli altri intermediari finanziari Britannici e di altri Paesi extraeuropei con sede nel Regno Unito perderebbero il passaporto europeo Mifid e quindi l’accesso al Mercato comune europeo.

Questo si andrebbe a sommare alla questione rappresentata dall’euro clearing, ovvero dal regolamento degli strumenti finanziari denominati in euro, un mercato che vale oltre 850 miliardi al giorno e che attualmente è eseguito in larghissima parte a Londra soprattutto per quanto attiene ai derivati (per fare un esempio, il 90 per cento degli scambi globali in Swaps standardizzati è regolato dalla London Clearing House). Se in presenza di un nuovo Free trade agreement sarebbe possibile trovare un equilibrio per la gestione dell’euro clearing, comunque con trasferimento di almeno una parte delle operazioni sul territorio dell’Unione Europea, uno scenario “no deal” renderebbe necessario riportarne all’interno dell’Unione Europea l’intera gestione, seppur con tutte le complessità legate alla necessità di rendere le infrastrutture di mercato e le relative competenze presenti all’interno dell’Unione sostituibili per volumi e qualità a quelle attualmente presenti nella city.

In questo contesto un ruolo importante potrebbe essere giocato dall’Italia ed in particolare da Milano facendo leva su Borsa Italiana, come anche sottolineato in un’ottima analisi di Roberto Sommella recentemente pubblicata su Formiche.net.

Dal 2007, infatti, il gruppo Borsa Italiana è controllato dal London Stock Exchange Group, e del gruppo fanno parte Cassa di compensazione e garanzia SpA e Mts spa, il che vuol dire sviluppare infrastrutture per la negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato, il regolamento degli interest rate swap sui Titoli del debito pubblico, e la gestione del mercato dei pronti contro termine.

Il legame societario e industriale tra le Borse di Londra e Milano, quindi, spingerebbe ad optare per uno spostamento verso Milano della parte del mercato dell’euro clearing che dovrà uscire da Londra. Questo permetterebbe di riportare la gestione di tale mercato all’interno dell’Unione Europea e Londra potrebbe mantenere i ricavi sul bilancio del London Stock Exchange Group.

Questa sinergia potrebbe rappresentare solo un primo passo verso una più intensa relazione tra Milano e Londra, creando una sinergia tra la piazza finanziaria della City londinese ed un nascente Distretto degli affari milanese, in grado di rendere Milano nel post Brexit come un trampolino verso i Paesi dell’Unione Europea per le attività finanziarie basate a Londra, questo sia nel caso limite di un “no deal” che nel caso della realizzazione di un Free Trade Agreement tra le parti.

E permetterebbe al contempo a Milano, e all’Italia tutta, di assumere un ruolo ancora più importante all’interno dell’Eurozona. Senza dimenticare quello che una tale opzione potrebbe significare in termini di incremento di posti di lavoro, sviluppo delle attività economiche, crescita del Pil. Questa riflessione va compiuta sapendo che sono attualmente forti all’interno dell’Unione le spinte affinché questo ruolo di capitale finanziaria all’interno dell’Eurozona sia ricoperto da Francoforte e non da Milano.

A tal fine si potrebbe quindi ripartire da due proposte presentate in Parlamento nella scorsa legislatura il cui iter non è stato poi portato a compimento.
La prima presentata in Commissione Finanze, con primo firmatario l’allora presidente della Commissione Maurizio Bernardo, che, anche recependo una serie di proposte del Comitato Select Milano, prevedeva la costituzione di un Distretto degli Affari a Milano da regolare con un sistema normativo di natura privatistica in grado di aggregare, in primo luogo, la City of London Corporation, l’ente di governo della City, così da creare una forte sinergia tra Milano e Londra.
La seconda è relativa ad una Legge speciale per Milano Capitale Finanziaria, con firmatari lo stesso Bernardo, Alberto Bombassei, Maria Stella Gelmini e Alessandro Pagano.

Tale proposta prevedeva una serie di incentivi per favorire investimenti ed insediamenti nella Città Metropolitana di Milano di imprese multinazionali e società holding di gruppi multinazionali.

Con Maurizio Bernardo, Bepi Pezzulli di Select Milano, ed altri autorevoli rappresentanti del mondo economico e delle istituzioni esperti in tema di Brexit, abbiamo di recente dato vita ad un dibattito a Milano, di cui è stato dato conto su queste colonne, in cui abbiamo rilanciato queste proposte e sottolineato la necessità per il nostro Paese di dotarsi di una proposta sistemica per affrontare Brexit, che finora è mancata, date le numerose interazioni esistenti tra Italia e Regno Unito.

Il percorso verso Brexit è in una fase cruciale. È importante che l’economia e la politica italiane sappiano farsi trovare preparate per giocare un ruolo da attore e non da spettatore dei processi in corso.

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