La realtà attuale del partito democratico è quantomeno paradossale: un ex leader, Matteo Renzi, che fa di tutto per staccarsi anche fisicamente dal partito, che ha dominato per anni. Aspiranti, nuovi leader che fra poco sosterranno di non conoscere neppure l’ex-Capo.
Eppure, più sembra allontanarsi, più prende le distanze nei fatti e nelle parole, più lo stesso ex segretario ed ex presidente del Consiglio sembra determinare i destini del partito. La prossima corsa fra Zingaretti e Minniti, così, parte all’insegna di quanto i due candidati possano e vogliano distaccarsi dal vecchio dominus del Pd. Non esattamente il massimo, per essere onesti. Al punto che l’ex ministro Calenda ha brutalmente fotografato il momento: “Del congresso del Pd non frega niente a nessuno”.
Si può far finta che non sia così, si possono rilasciare interviste in cui si sottolinei l’avvento di una nuova era, ma la realtà è cocciuta. Il Partito democratico non riesce a liberarsi di Renzi, ma Renzi può liberarsi del Pd? Perché se da mesi si ragiona su un nuovo soggetto politico e sulle scelte future dell’ex capo del governo, non basta annunciare la creazione di comitati civici per risolvere la questione. Il motivo è molto semplice: Matteo Renzi ha completamente sbagliato i tempi di uscita. Chiunque discuta il suo carisma e l’evidente siderale distanza fra i candidati di oggi e il vecchio segretario è destinato ad accumulare cocenti delusioni. Una leadership così forte non la si può inventare. Tantomeno a tavolino. In questa forza relativa, però, risiede anche tutta la debolezza attuale dell’uomo politico. La data dell’errore chiave è e resta il 5 dicembre 2016: non lasciando il giorno dopo lo sciagurato referendum, continuando a occupare militarmente il partito, Renzi si è condannato al cul-de-sac di oggi.
I grandi errori si pagano, riconoscerlo è il primo passo. Per pagarne le conseguenze, però, e necessario armarsi di pazienza e costanza. Il Pd e Renzi potranno forse vivere uno senza l’altro, ma non oggi. Per ora, sono condannati a far finta.
Resta un fatto: più vedremo e sentiremo, nei prossimi mesi, il 43enne ex-premier, più Renzi allontanerà un sempre possibile ritorno. Anche le rivincite politiche si costruiscono molto meglio nell’ombra, l’odiato incubo dell’uomo di potere.