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Più donne in politica e parità salariale. L’impegno del World forum for democracy 2018

Donne

“Consideriamo la gender equality come uno dei pilastri della democrazia”. Queste le parole di Gabriella Battaini-Dragoni, vicesegretaria generale del Consiglio d’Europa e padrona di casa del World Forum for Democracy 2018, l’iniziativa voluta dal Consiglio d’Europa e giunta alla sua settima edizione. L’appuntamento, che sta andando in scena a Strasburgo e che oggi chiude i battenti, quest’anno è stato dedicato alla parità di genere e ai diritti delle donne in tutte le sue sfumature: dalla partecipazione pubblica e politica alla lotta contro la violenze di genere. L’evento, dal titolo evocativo “Uomo donna: la stessa lotta?”, sceglie di sfruttare l’onda lunga del #MeToo, un fenomeno di denuncia e protesta che, non senza aspetti critici, ha puntato i riflettori sulle violenze, fisiche o psicologiche, che le donne subiscono ogni giorno soprattutto in ambito lavorativo.

Il tema, molto sentito al livello delle Istituzioni europee, tocca da vicino anche il nostro Paese. “L’Italia è indietro, e molto, nel favorire la conciliazione tra vita privata e vita lavorativa”, ha detto a Formiche.net Claudia Luciani, direttrice di Human Dignity, Equality and Governance del Consiglio d’Europa, presente al Forum.

L’evento ospita personalità importanti come Dolores Delgado, ministra della Giustizia spagnola, Marlène Schiappa, ministra di Stato per l’uguaglianza di genere francese, Timo Soini, ministro degli affari esteri della Finlandia, Chiara Tomasi, analista di pubbliche relazioni e relazioni governative di Google, Faides Temba Nsofu, program manager per i diritti delle donne di Oxfam, Claudia Luciani, direttrice di Human Dignity, Equality and Governance del Consiglio d’Europa, Pedro Sanchez, primo ministro spagnolo, Cécile Greboval, program manager, Gender Equality Division del Consiglio d’Europa e Gabriella Battaini-Dragoni, vicesegretaria generale del Consiglio d’Europa.

LA RAPPRESENTAZIONE MEDIATICA DELLE DONNE IN ITALIA

Gabriella Battaini-Dragoni, da 42 anni al Consiglio d’Europa, è stata la prima donna a diventare direttrice generale nel Consiglio d’Europa. La funzionaria europea, intervenuta in qualità di moderatrice alla sessione plenaria “Women and power: moving towards 50/50“, spiega perché quest’anno il Forum ha deciso di occuparsi di uguaglianza di genere. “Se non ci si impegna in questo senso è difficile credere che le società nelle quali viviamo siano seriamente democratiche”, dice la vicesegretaria generale del Consiglio d’Europa. “Consideriamo la gender equality come uno dei pilastri della democrazia. Se non ci si impegna in questo senso è difficile credere che le società nelle quali viviamo siano seriamente democratiche. A ciò si aggiunge il fenomeno del #MeToo, una campagna di origine e cultura anglosassone che contrasta l’idea che se le donne non sono tutelate è perché non fanno sentire la loro voce”. Il fenomeno ha avuto la sua eco anche in Italia, deflagrato con la denuncia dell’attrice Asia Argento nei confronti di Harvey Weinstein, produttore cinematografico statunitense, accusato di molestie sessuali da parte di decine di attrici. “In Italia mi sembra che ci siano delle criticità nella rappresentazione delle donne nei mezzi di comunicazione di massa”, dice Battaini-Dragoni ai microfoni di Formiche.net. “Diciamo che i giornali che sfoglio qui, nel centro dell’Europa, sono per la maggior parte francesi o inglesi. Il paragone con l’immagine che mi arriva da rotocalchi ‘da spiaggia’ italiani mi stupisce, ma non solo per le donne”.

PARITÀ DI GENERE E SALARIALE IN ITALIA

Se l’immagine che i mass media rimandano delle donne in Italia non è edificante non va meglio nel mondo del lavoro. secondo le ultime rilevazioni Istat solo 49% delle donne ha un impiego. Questo dato fa dell’Italia il fanalino di coda della zona euro, davanti solo alla Grecia. “L’Italia, soprattutto nel settore privato, continua a non retribuire le donne, a parità di lavoro, come fa con gli uomini. Sia in termini di responsabilità e competenze richieste sia in termini di tempo dedicato al lavoro, questo è un problema che riguarda tutti i Paesi europei. Sulla questione dei diritti socio economici delle donne non ci siamo ancora, perché non c’è eguaglianza se persiste la differenza salariale”, continua la vicesegretaria generale del Consiglio d’Europa. Il 19 giugno 2013 l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), nonostante ciò le violenze e i casi di mancata denuncia di violenza domestica sono moltissimi. “In Italia, nonostante sia stata ratificata la Convenzione di Istanbul, la violenza nei confronti delle donne continua”, continua Battaini-Dragoni. “Purtroppo, nonostante esista questa Convenzione e ci siano misure necessarie a contrastare l’impunità, esistano leggi per denunciare ed essere protetti in centri speciali le violenze continuano”. La Convenzione di Istanbul non permette di risolvere i problemi ma di scoprire una realtà italiana che prima era molto meno conosciuta. È  una strada lunga che per dispiegare le sue potenzialità avrà bisogno di tempo. Le donne devono sapere che esistono tutta una serie di strumenti legislativi che danno loro sostegno se si rivolgono alle forze di polizia o alla magistratura. Tutto questo mi sembra importante”.

LA RAPPRESENTANZA POLITICA

Altro nodo critico, sul cammino dell’uguaglianza tra uomo e donna, riguarda la rappresentanza politica. “Non credo che le ‘quote rosa’ siano l’unico strumento per favorire la partecipazione femminile. In alcuni casi, però, sono necessarie, accompagnate, ovviamente, da altri strumenti, come quelli per la conciliazione”, spiega Claudia Luciani, direttrice di Human Dignity, Equality and Governance del Consiglio d’Europa, nel corso dell’incontro con la stampa. “Queste misure sono importanti perché danno stabilità alla donna e la rendono libera anche di partecipare alla politica. In ogni caso quelli che devono muoversi di più sono i partiti perché è giusto, è equo. E invece, quando un partito deve decidere se vincere o perdere raramente sceglierà una donna perché quella è ancora ritenuta una faccenda da uomini”. Se la situazione non è rosea nel nostro Paese anche l’esperienza personale di Claudia Luciani al Consiglio d’Europa rimanda riflessi poco positivi che segnalano quanto ancora sia lunga la strada verso la parità di genere. “Io non mi sono mai presentata come femminista, perché non mi sono mai posta il problema. Anzi in tutti i miei incarichi mi sono chiesta quali fossero gli ostacoli da superare. Però a un certo punto è emerso che i miei colleghi uomini non erano esattamente pronti a lasciarmi spazio”, conclude Luciani. “Così, inzialmente per gioco, ho iniziato a contare i colleghi uomini alle riunioni alle quali partecipavo e così facendo mi sono resa conto che anche al Consiglio d’Europa c’erano problemi strutturali nel modo in cui le donne vengono considerate. Detto ciò, sono fermamente convinta che il lavoro fianco a fianco con i colleghi uomini possa essere la strada per superare gli ostacoli più grandi”.



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