Può capitare di questi tempi, facendo zapping sulla tv di Stato all’ora di cena, dopo il tiggì uno delle otto, di cercare su Rai tre il Blob di Ghezzi, e di trovare, invece, Matteo Salvini in atteggiamento da maestro elementare in una classe di bambini, all’apparenza di seconda o terza. Sulle prime la reazione è stata: “Ecco, un collage al vetriolo su Salvini confezionato dalla più urticante redazione satirica della Rai”. E invece no: Salvini è lì a spiegare ai fanciulli, in un programma che si chiama “Alla lavagna” le delizie del sovranismo. Insomma a fare propaganda cominciando dai piccoli.
Il programma, prodotto dalla onnipresente Endemol è, come sempre, un format importato dall’estero e adattato al pubblico nazionale. Nella settimana l’incontro ravvicinato con i bambini avrà come protagonisti, tra gli altri, Toninelli e Di Pietro. Presumo che la didattica toccherà, tra gli altri rimarchevoli punti, le note gallerie del Brennero e le declinazioni possibili del “che c’azzecca” nel famoso idioma dell’illustre molisano. Che dire? L’aspettativa dell’utente Rai è quella di attingere informazioni complete e non partigiane e di poter anche cogliere occasioni formative, che aprano mondi, culture e curiosità. Non il modello pedagogico di Alberto Manzi degli anni ’60, ovviamente, ma almeno contenuti che aiutino a costruire la cittadinanza democratica soprattutto tra le spaesate giovani generazioni. Per tutta risposta si butta in prima serata il politico al governo, magari con l’alibi che il format in Francia ha già avuto ospitate del genere, con una strizzatina d’occhi al potente e un’altra allo share, ovviamente tonificato anche dalle critiche come questa che state leggendo.
C’è un problema serio di pervasività della presenza politica nella tv di Stato e in tutte le tv in chiaro. Già la torsione a elemento costitutivo dello spettacolo del politico di turno nei talk show che si nutrono di risse, male parole e tormentoni alla Sgarbi, è insopportabile e reclama una moratoria, una messa al bando di quella letale miscela chiamata infotaiment – mezza informazione e mezzo intrattenimento – dai palinsesti televisivi. Figurarsi poi quando tutto questo ha a che fare coi bambini: c’è da domandarsi se non sia chiamato in causa anche il sistema di tutele che la deontologia professionale del giornalista impone all’operatore dell’informazione attraverso la carta di Treviso. Ma c’è un di più e riguarda i contenuti.
Raccontare ai bambini che sovranismo significa che ogni stato membro dell’Europa “ascolta ciò che dicono gli altri e poi decide per conto suo” è un’alterazione della verità. Per par condicio sarebbe il caso di mandare in onda, in quella stessa fascia oraria, e sullo stesso canale, la lettura di un articolo di Luigi Einaudi che nel 1945, su “Risorgimento Liberale” si schierava contro il mito del sovranismo, spiegandone in modo chiaro le ragioni. Perché, se dobbiamo ascoltare lezioni, almeno cominciamo dall’alto.