“A quanti abusano dei minori vorrei dire: convertitevi e consegnatevi alla giustizia umana, e preparatevi alla giustizia divina, ricordandovi delle parole di Cristo: Chi scandalizzerà anche uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo!”. Nel tradizionale discorso natalizio ai cardinali e ai superiori della Curia Romana, per la presentazione degli auguri, non è una novità che Papa Francesco ci vada giù pesante. Negli anni precedenti aveva parlato di traditori e approfittatori, di logica dei complotti, fino alla celebre immagine della Riforma della Curia che assomiglia a pulire la Sfinge con lo spazzolino. Ma quest’anno l’attacco ai chierici colpevoli di crimini di abusi è tanto forte quanto si accosta all’invito a consegnarsi alla giustizia umana, convertendosi nel mentre a quella divina, si direbbe. Il Papa infatti, evidenziando tuttavia tanto determinate “afflizioni” quanto altre “gioie”, si è soffermato con enfasi particolare sulla questione degli abusi nella Chiesa, visto tra l’altro che si sta avvicinando l’incontro di febbraio in Vaticano in cui tutti i capi delle Conferenza episcopali, convocati da Bergoglio, si riuniranno attorno a lui per discutere e fare il punto sul tema della “protezione dei minori”.
Un soggetto, quello degli abusi, che continua a far discutere ad esempio negli Stati Uniti, visto che soltanto ieri è uscito un altro rapporto di accuse del procuratore generale alla diocesi di Illinois, in cui si parla di cinquecento preti circa sospettati di pedofilia, e a cui la diocesi di Chicago ha risposto, attraverso il suo arcivescovo, il cardinale Blaise Cupich, in maniera piuttosto decisa, ricordando i provvedimenti presi. Nel suo discorso Francesco ha altresì posto l’attenzione su alcuni argomenti in modo specifico: i mali di un “mondo turbolento” e quelli della “barca della Chiesa”, le persecuzioni ai cristiani che danno forma a “una nuova epoca di martiri” fino alle dolenti “piaghe degli abusi e dell’infedeltà”. “Quanti immigrati, costretti a lasciare la patria e a rischiare la vita, incontrano la morte, o quanti sopravvivono ma trovano le porte chiuse e i loro fratelli in umanità impegnati nelle conquiste politiche e di potere. Quanta paura e pregiudizio! Quante persone e quanti bambini muoiono ogni giorno per mancanza di acqua, di cibo e di medicine! Quanta povertà e miseria! Quanta violenza contro i deboli e contro le donne! Quanti scenari di guerre dichiarate e non dichiarate! Quanto sangue innocente viene versato ogni giorno! Quanta disumanità e brutalità ci circondano da ogni parte! Quante persone vengono sistematicamente torturate ancora oggi nelle stazioni di polizia, nelle carceri e nei campi dei profughi in diverse parti del mondo!”, ha così scandito il Pontefice, partendo dalle afflizioni.
E spiegando che “viviamo una nuova epoca di martiri. Sembra che la crudele e atroce persecuzione dell’impero romano non conosca fine. Nuovi Neroni nascono continuamente per opprimere i credenti, soltanto per la loro fede in Cristo. Nuovi gruppi estremisti si moltiplicano prendendo di mira le chiese, i luoghi di culto, i ministri e i semplici fedeli. Nuovi e vecchi circoli e conventicole vivono nutrendosi di odio e ostilità verso Cristo, la Chiesa e i credenti. Quanti cristiani vivono ancora oggi sotto il peso della persecuzione, dell’emarginazione, della discriminazione e dell’ingiustizia in tante parti del mondo! Continuano, tuttavia, coraggiosamente ad abbracciare la morte per non negare Cristo”. È però entrando nel tema degli abusi e dell'”infedeltà” dei cardinali che hanno risuonato le parole più dure del discorso, dove Papa Francesco ha anche ringraziato “vivamente quegli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dare voce alle vittime”. “Anche oggi ci sono ‘unti del Signore’, uomini consacrati, che abusano dei deboli, approfittando del proprio potere morale e di persuasione. Compiono abomini e continuano a esercitare il loro ministero come se niente fosse; non temono Dio o il suo giudizio, ma temono soltanto di essere scoperti e smascherati. Ministri che lacerano il corpo della Chiesa, causando scandali e screditando la missione salvifica della Chiesa e i sacrifici di tanti loro confratelli”, sono state le dure parole del Pontefice.
“Anche oggi tanti Davide, senza batter ciglio, entrano nella rete di corruzione, tradiscono Dio, i suoi comandamenti, la propria vocazione, la Chiesa, il popolo di Dio e la fiducia dei piccoli e dei loro familiari. Spesso dietro la loro smisurata gentilezza, impeccabile operosità e angelica faccia, nascondono spudoratamente un lupo atroce pronto a divorare le anime innocenti. I peccati e i crimini delle persone consacrate si colorano di tinte ancora più fosche di infedeltà, di vergogna e deformano il volto della Chiesa minando la sua credibilità. Infatti, la Chiesa, insieme ai suoi figli fedeli, è anche vittima di queste infedeltà e di questi veri e propri reati di peculato”, ha proseguito ancora Bergoglio, specificando ad alta voce: “Sia chiaro che dinanzi a questi abomini la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso. È innegabile che alcuni responsabili, nel passato, per leggerezza, per incredulità, per impreparazione, per inesperienza, dobbiamo giudicare il passato con l’ermeneutica del passato, o per superficialità spirituale e umana hanno trattato tanti casi senza la dovuta serietà e prontezza. Ciò non deve accadere mai più. Questa è la scelta e la decisione di tutta la Chiesa”.
Ricordando in questo modo anche l’incontro di febbraio, occasione in cui si è anticipato che “la Chiesa ribadirà la sua ferma volontà nel proseguire, con tutta la sua forza, sulla strada della purificazione. La Chiesa si interrogherà, avvalendosi anche degli esperti, su come proteggere i bambini; come evitare tali sciagure, come curare e reintegrare le vittime; come rafforzare la formazione nei seminari. Si cercherà di trasformare gli errori commessi in opportunità per sradicare tale piaga non solo dal corpo della Chiesa ma anche da quello della società”. Per quanto riguarda invece “l’infedeltà di coloro che tradiscono la loro vocazione, il loro giuramento, la loro missione, la loro consacrazione a Dio e alla Chiesa”, di “coloro che si nascondono dietro buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania, divisione e sconcerto”, di “persone che trovano sempre giustificazioni, perfino logiche e spirituali, per continuare a percorrere indisturbati la strada della perdizione”, come le ha definite Bergoglio. “Questa non è una novità nella storia della Chiesa”, ha voluto spiegare. “Il Tentatore, il Grande Accusatore, è colui che divide, semina discordia, insinua inimicizia, persuade i figli e li porta a dubitare. In realtà, dietro questi seminatori di zizzania si trovano quasi sempre le trenta monete d’argento”, è il punto della questione, secondo il Pontefice. “Tutti noi quindi, per far risplendere la luce di Cristo, abbiamo il dovere di combattere ogni corruzione spirituale, che è peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità, poiché anche Satana si maschera da angelo della luce”.
Non solo dolori, però, nel discorso di Francesco. Tra le “gioie” infatti il Papa ha voluto ricordare la “buona riuscita del Sinodo dedicato ai giovani”, “i passi finora compiuti nella riforma della Curia: ad esempio i lavori di chiarimento e di trasparenza nell’economia; i lodevoli sforzi compiuti dall’Ufficio del Revisore Generale e dall’Autorità di Informazione Finanziaria; i buoni risultati raggiunti dall’Istituto per le Opere di Religione; la nuova Legge dello Stato della Città del Vaticano; il Decreto sul lavoro in Vaticano, e tante altre realizzazioni meno visibili”. Fino alla messa in prima piano dei “nuovi Beati e Santi che sono le ‘pietre preziose’ che adornano il volto della Chiesa e irradiano nel mondo speranza, fede e luce”. Come “è doveroso menzionare qui i diciannove martiri d’Algeria”, ha spiegato il Papa, soltanto poche settimane fa portati agli onori degli altari ad Oran, in Algeria, con la celebrazione del Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Becciu. O allo stesso modo anche “il grande numero di consacrati e consacrate, vescovi e sacerdoti, che vivono quotidianamente la loro vocazione in fedeltà, silenzio, santità e abnegazione. Sono persone che illuminano il buio dell’umanità, con la loro testimonianza di fede, di amore e di carità. Persone che lavorano pazientemente, per amore a Cristo e al suo Vangelo, a favore dei poveri, degli oppressi e degli ultimi, senza cercare di mettersi sulle prime pagine dei giornali o di occupare i primi posti”, ha citato Bergoglio.
Il discorso, terminato con il dono da parte del Pontefice ai presenti del il “Compendio di teologia ascetica e mistica” di Adolphe Tanquerey, ha anticipato l’affettuoso saluto ai dipendenti vaticani, in tarda mattinata, in cui si è messo in risalto quanti tra loro “sono un esempio di vita, lavorano per la famiglia, sempre con quel sorriso di santità bella”, mentre è invece cominciato con la sottolineatura “della ferma convinzione che la luce è sempre più forte delle tenebre”. Anche per questo, probabilmente, si è infine concluso con la spiegazione da parte del Pontefice che “in realtà, la forza di qualsiasi Istituzione non risiede nell’essere composta da uomini perfetti, ciò è impossibile, ma nella sua volontà di purificarsi continuamente; nella sua capacità di riconoscere umilmente gli errori e correggerli; nella sua abilità di rialzarsi dalle cadute; nel vedere la luce del Natale che parte dalla mangiatoia di Betlemme, percorre la storia e arriva fino alla Parusia”. Un discorso che nella sua plasticità richiama il messaggio per la cinquantaduesima Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il primo sul tema “La buona politica è al servizio della pace”, in cui Papa Francesco ha lanciato un chiaro appello alla costruzione del bene comune, indicando punti specifici e citando le beatitudini del politico già proposte in passato dal cardinale vietnamita François-Vãn Thuận, l’arcivescovo morto nel 2002 dopo aver trascorso tredici anni in prigione, di cui nove in isolamento.
“Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità. Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse. Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente. Beato il politico che realizza l’unità. Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare. Beato il politico che non ha paura”, si legge infatti nel messaggio inviato dal Papa, in cui queste beatitudini si accostano, al contrario, ai vizi del politico, “dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni”, e che “tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano”. Vizi che sarebbero cioè “la corruzione, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della ragion di Stato, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio”. Una lista di indicazioni di cui molti dovranno prendere nota, e trarne le proprie, personali, numerose conclusioni.