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Il Messico gioca la carta cinese sulla migrazione. Con o senza Trump

Andrés Manuel López Obrador, il nuovo presidente del Messico, sa che se vuole riuscire a gestire l’ondata migratoria che arriva dagli altri Paesi centroamericani, ha bisogno di Donald Trump. E siccome il presidente americano ha fatto della lotta anti-migrazione (incluso il Muro nella frontiera) una delle sue principali bandiere fin dall’inizio della campagna elettorale, è consapevole che cercare di convincerlo è inutile.

Secondo il quotidiano The New York Times, Amlo ha un ambizioso progetto di sviluppo e investimenti per contenere l’arrivo di migranti, attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro in America centrale. La strategia di López Obrador parte dall’altra parte del mondo. Fonti del governo messicano hanno dichiarato al Nty che c’è un “altro potente attore nella regione, che ha dimostrato di essere disposto a riempire il vuoto lasciato dagli Usa: la Cina”.

Il piano del governo messicano è raccogliere fondi per lo sviluppo dell’America centrale e del sud del Messico. Il presidente messicano lo considera un “Piano Marshall” per trattare le origini della migrazione. Il fondo sarebbe di circa 30 miliardi di dollari. “Il nuovo Piano del Messico è, in tanti aspetti, il contrario della promessa di Trump – si legge sul Nyt -, che cerca di porre fine alla migrazione, con la costruzione di un muro, l’uso dell’esercito e il taglio ai fondi di aiuti per il Centroamerica”.

Siccome è inutile chiedere sostegno a Trump, i funzionari messicani hanno dichiarato che il Messico sta cercando altri investitori, pubblici e privati, per lo sviluppo delle infrastrutture, il settore energetico e la creazione di nuovi posti di lavoro. “Sperano potere sfruttare la percezione che la Cina sta guadagnando terreno nella regione per spingere gli Usa a favore di questa proposta”, scrive il New York Times.

La Cina è molto presente in America latina, con un aumento dei finanziamenti negli ultimi anni, soprattutto nel settore delle infrastrutture. L’influenza è tale, che molti Paesi centroamericani hanno cambiato posizione rispetto al riconoscimento diplomatico di Taiwan.

López Obrador ha interesse nel rafforzare la leadership messicana, come è accaduto negli anni ‘70 e ‘80. Ma da solo non ci riuscirà. Duncan Wood, direttore dell’Istituto Messico del Wilson Center, ha ricordato in un’intervista al New York Times che “durante molto tempo c’è stata una competizione sull’influenza in America latina, dove la Cina è disposta a investire miliardi di dollari in energia e infrastruttura […] Gli Usa invece non lo faranno”.



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