Cristo ha più di duemila anni. È sempre vispo e in forma perché figlio di Dio e quindi non intaccato dal tempo, perché cioè ha con sé l’eterno? Oppure, essendosi voluto calare nella storia e farsi uomo, accusa tutto il peso della sua età? Non è una domanda blasfema la mia, ma riflette la congenita contraddizione che il cristianesimo porta in sé: fra immanenza e trascendenza, carne e spirito, esistenza ed essenza, molti ed uno, natura e cultura, tempo ed eternità.
Una contraddizione che non risolve, come per opposte sponde fanno le altre religioni e lo stesso ateismo (anch’esso a ben vedere una religione), e che ne fa la forza che ha attraversato i secoli. La nostra civiltà, come è noto, è stata plasmata dal cristianesimo fin nei modi più reconditi del nostro pensare: persino chi si è posto contro di esso, come certi illuministi o atei del tempo moderno, ha ragionato secondo le sue categorie, teoriche e morali.
È vero che queste affondavano le loro radici nell’antichità classica, ma solo in certi aspetti di essa e solo per certi rispetti. La civiltà laica e il mondo secolarizzato sono in senso lato di impronta cristiana. E lo stesso liberalismo, ponendo al centro di ogni cosa l’uomo nella sua singolarità, o se si preferisce nella sua universalità non astratta ma concreta e specifica, è un figlio della mentalità cristiana. Più che la secolarizzazione o la scristianizzazione, il problema del nostro tempo sembra essere il nichilismo.
È questo il morbo che corrode dall’interno la nostra civiltà cristiano-liberale e che, più di ogni altra cosa, la rende impreparata alla sfida che il mondo globalizzato le pone innanzi: quella con le altre civiltà. Un mondo tutto appiattito su se stesso, sull’immanenza, può reggere, può non contraddirsi o essere contraddetto se spezza a favore di un polo la costitutiva polarità di cui si diceva e che, nel segno di Cristo, l’uomo-Dio, ha caratterizzato due millenni di cristianesimo?
Non credo, ed è comunque questa la domanda da porsi. L’uguaglianza indistinta che pongono come ideale davanti ai nostri occhi le ideologie del tempo corrente – dall’iperdemocraticismo dell’ “uno vale uno” alla teoria del gender per cui si sceglie la propria identità sessuale nel capriccio di ogni singolo momento – non è forse pericolosa proprio perché ci prospetta un mondo ove tutto è piatto perché tutto è relativo, ove l’individuo e la libertà, slegati dal loro fondo di necessità, finiscono per contraddirsi proprio nel momento in cui pensano di realizzarsi compiutamente?
Certo, Nietzsche, non senza qualche ragione, ha prospettato l’idea che lo stesso nichilismo sia al fondo l’esito compiuto del cristianesimo. Fatto sta che chi è ancora affezionato alla nostra civiltà, e al Cristo che nasceva per “immacolata concezione” più di duemila fa in una grotta di Betlemme, ma che avrebbe portato per tutta la vita e poi in morte i segni della carne sul suo corpo, non può non agire avendo come scopo ultimo quello di tenere sempre aperta e viva la tensione fra i poli che contraddittoriamente circoscrivono l’ambito umano. La loro risoluzione sarebbe per noi, in questo mondo, la morte, non la vita. Buon Natale perciò ai cristiani consapevoli e ai più che lo sono pur ritenendo di essere altro.