Colpisce il sondaggio Demos, per La Repubblica, secondo cui gli italiani avrebbero riscoperto il valore della politica. Almeno un po’ e partiti compresi, incredibile a dirsi, dopo anni di sfiducia totale e giudizi ai limiti dell’insulto da osteria. Sia chiaro, è più la fine di un’emorragia di consenso e credibilità, che un vero e proprio ritorno all’interesse e alla partecipazione. L’inversione di tendenza, però, resta un elemento da non sottovalutare.
Da semplice osservatore, credo si possa ascrivere questo mini-cambio di rotta a una partecipazione di natura “diversa”, determinata innanzitutto dal trionfo elettorale del Movimento 5 Stelle, un movimento basato sulla promessa di una “rivoluzione” dal basso e dal richiamo dell’”uno vale uno” (ci torneremo…). Sia pur in misura minore, però, anche dal boom di un partito più “classico”, come la Lega, nella versione nazionale di Matteo Salvini. Sentire di poter pesare, contare finalmente qualcosa, aprire la famosa scatola di tonno, è stata una molla potentissima.
Sin qui il fronte populista e sovranista, di gran lunga il più in voga in questi mesi. Si sta intravedendo, però, anche dell’altro. La scatola di cui sopra si è mostrata molto più coriacea del previsto e anche i barricadieri un po’ improvvisati hanno dovuto fare i conti con la realtà dei numeri. Con il gioco che si è fatto inevitabilmente molto duro, è sembrato tornare di moda il richiamo alla competenza. Vanno bene i balconi, l’entusiasmo e le parole d’ordine tonanti, ma poi bisogna fare e governare. Qui, è entrata in gioco una forma di partecipazione diversa, non legata a un partito o a un’opposizione, ma alla paura di slittare verso una nuova recessione. Le piazze “Sì Tav” di Torino e l’attivismo degli imprenditori, a cominciare dai medio piccoli, pura spina dorsale economica del Paese, hanno occupato uno spazio lasciato deserto e sostanzialmente privo di una rappresentanza in Parlamento.
Nell’assenza di una voce, capace di interpretare le ansie e le istanze dell’Italia che produce (e spessissimo vince e fa meraviglie all’estero), è emersa un’istintiva autogestione civica, non a caso concentrata nelle aree più produttive d’Italia. Una voce che la Lega non può assolutamente ignorare, costituendo uno dei propri azionisti di riferimento, ma che anche il Movimento 5 Stelle farebbe bene a curare in modo molto attento, per non correre il rischio di tramutarsi in una sorta di “Lega-Sud”. Per far questo, risulterà vitale non lasciare la bandiera della competenza in mano agli “altri”. Specializzarsi, selezionare i migliori e puntare su di loro. Perché puoi far finta che veramente “uno valga uno”, ma se al termine di due mesi di proclami e petti gonfiati, ad averla vinta è la linea del tecnicissimo Tria, un bagno di realismo si impone.
È un mondo complesso e altamente competitivo, il nostro. Sostenere che chiunque possa intestarsi responsabilità di governo è una pericolosa bugia e gli italiani sembrano cominciare a mandare segnali molto forti, in tal senso. La democrazia rappresentativa, del resto, è esattamente questo: un esercizio di delega responsabile. E di giudizi molto severi.