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Pompeo spiega Trump. Tra (nuova) politica estera e Nato

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“Gli uomini che hanno ricostruito la civiltà occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale sapevano che solo una forte leadership degli Stati Uniti avrebbe potuto unire le nazioni sovrane in tutto il mondo. Questo ci ha permesso di godere della più grande fioritura umana nella storia moderna. Questa è la leadership che Potus sta audacemente riaffermando”. La dichiarazione virgolettata è il centro dello speech che il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha tenuto al German Marshall Fund di Bruxelles, durante la visita nella capitale belga, dove non ha solo incontrato il governo locale, ma ha anche preso parte alla ministeriale della Nato e visto separatamente — domenica, nel giorno di Hannukah — il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.

Pompeo è da mesi in cima alla classifica di gradimento presidenziale tra i componenti dell’amministrazione; considerazione ricambiata con una fedeltà di principio che lo porta a chiarire, in giro per il mondo, sostenuto dalla forza della diplomazia americana (che guida), le linee di pensiero trumpiano.

Nel discorso al Gmf c’è tutto lo spirito di Donald Trump; in quell’estratto un distillato. La forza americana dopo la WWII ha permesso alle nazioni “sovrane” occidentali di unirsi, ha detto Pompeo: sovranità è un concetto caldo in questo periodo, ed è quello che Trump offre agli alleati in cambio di un parziale ritiro a protezione dei propri interessi. “Make France Great Again” suggerì settimane fa in un tweet al capo dell’Eliseo, Emanuel Macron. Washington vuole che i suoi alleati si sgancino, e contemporaneamente li solleva dal peso imperiale riconsegnandogli quote di indipendenza, o sovranità che dir si voglia.

“Il multilateralismo è stato visto troppo spesso come fine a se stesso”, ha spiegato Pompeo. “Ciò di cui c’è bisogno è un multilateralismo che ponga ancora una volta il fronte e il centro nello stato-nazione”, ha aggiunto mentre mandava qualche frecciata a Unione europea, Nazioni Unite, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, pilastri dell’attuale ordine postbellico che gli Stati Uniti hanno contribuito a costruire.

“Gran parte del discorso di Pompeo era una critica selettiva e tendenziosa delle istituzioni internazionali, descritte come invariabilmente antitetiche alla sovranità nazionale”, ha scritto in un post — in cui definisce “ridicolo” l’intervento del segretario — Stewart Patrick, direttore dell’International Institutions and Global Governance Program dell’Atlantic Council. Il post è pubblicato nel blog interno al sito dello storico think tank washingtonian diretto adesso da Chuck Hagel, ex senatore repubblicano del Nebraska, chiamato da Barack Obama a guidare il Pentagono per 21 mesi tra il 2013 e il 2015: informazioni utili per delimitarne il contesto.

“L’Ue sta assicurando che gli interessi dei Paesi e dei loro cittadini siano posti prima di quelli dei burocrati e di Bruxelles?”, provocava dal palco Pompeo. Mentre l’Atlantic Council ha enfatizzato la risposta di uno dei presenti all’incontro di Bruxelles: “Sì”, sentimento tuttavia forse non del tutto condiviso tra i cittadini europei, dove le linee di lettura trumpiane dettate da Pompeo potrebbero passare più facilmente di altre.

Secondo Pompeo, ma lo stesso vale per la politica estera di Trump — che il segretario ha definito “realismo basato sui principi” —“gli organismi internazionali devono contribuire a facilitare la cooperazione che rafforza la sicurezza e i valori del mondo libero, oppure [se non ci riescono] devono essere riformati o eliminati”. Qual è il “mondo libero” di cui parla il segretario, e che ruolo gli Stati Uniti oggi devono difendere, però? Una delle principali critiche avanzate contro il presidente Trump in questi due anni trascorsi da quando è entrato in carica, sta nell’essere sembrato disinteressato a difendere l’ordine internazionale, tanto meno a “restituire [gli Stati Uniti] al suo ruolo di leadership tradizionale e centrale nel mondo”, come afferma Pompeo. In effetti, fa notare Patrick, la frase “leadership Usa” raramente è uscita dalle labbra di Trump, e il presidente “ha fatto il possibile per allontanare gli alleati e partner occidentali da lungo tempo in luoghi come Nato e G7”.

Quello che dice Pompeo, che più volte ha avuto il compito di diffondere e spiegare (anche per il ruolo che occupa, anche per il rapporto con il presidente) il pensiero trumpiano, in antitesi alla risposta dell’Atlantic Council, è il centro dei grandi temi della presidenza Trump.

Più tardi, sempre da Bruxelles, Pompeo è invece rientrato in un solco più classico. Al quartier generale della Nato, davanti ai suoi omologhi riuniti per la ministeriale Esteri dell’alleanza, ha preso una linea piuttosto rassicurante sull’impegno americano. Ha rimproverato la Russia per le violazioni all’Inf — trattato sulle armi nucleari a medio raggio da cui Trump, con una mossa che invece segue la sua linea meno classica, intende tirar fuori gli Stati Uniti, costruttori dell’intesa ai tempi di Reagan e Gorbaciov. Poi ha attaccato Mosca per le varie interferenze nella politica di altri paesi. Una rassicurazione per le nazioni alleate del fianco Est, che sentono i russi col fiato sul collo (secondo una difesa aggressiva dei propri interessi).

Non possiamo più “nascondere la testa sotto la sabbia”, ha detto Pompeo a proposito della Russia, e per questo ha annunciato l’immediata sospensione dei termini dell’Inf per sessanta giorni, durante i quali Mosca dovrà dimostrare di rispettare i termini del trattato — Pompeo ha detto anche che gli americani hanno prove in mano sulle violazioni russe. Queste violazioni dell’Inf fanno parte del più “ampio modello di illegalità russa sulla scena mondiale”, ha aggiunto il segretario: la Georgia, l’Ucraina, la Siria, le ingerenze durante le elezioni di altri paesi (per primi gli Usa), il caso Skripal e ora quel che succede sullo stretto di Kerč, “solo per citarne alcuni” ha detto Pompeo. Solo la Russia può decidere di tirarsi fuori da questa situazione, ha aggiunto il segretario, e apprezziamo come gli alleati della Nato ci stanno dando supporto su questa linea — “Siamo spalla a spalla” con tutti i membri Nato anche nel “proteggere l’integrità territoriale di Ucraina e Georgia, e la loro sovranità”.

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