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Tutti contro Salvini. Bene la satira, ma si rispetti l’uomo. La versione di De Leo

Salvini

“Una satira troppo accesa sui nostri esponenti di governo non aiuta l’immagine di un Paese”. È questa l’opinione di Jacopo Morrone, sottosegretario alla Giustizia, intervenuto alla presentazione del libro “Tutti contro Salvini. Come la sinistra ha trasformato il leader della Lega in nemico numero uno”, scritto da Pietro De Leo ed edito da Giubilei Regnani. “A mio avviso, in certe occasioni, alcune persone hanno esagerato”, incalza Morrone. “È un nostro onere avere un comportamento rispettoso delle istituzioni ma è un onere anche da parte di chi fa satira cercare di tutelare l’immagine di un ruolo. A prescindere da chi sia al governo”.

Al governo ora ci sono Lega e M5S, la satira e le critiche, anche feroci, sono quasi tutte rivolte a loro dopo anni in cui il massimo catalizzatore di insulti, accuse, più o meno fondate, ironie taglienti era stato Silvio Berlusconi. Non è, però, la satira l’oggetto del libro di Pietro De Leo che analizza, invece, il crescendo di insulti e vere e proprie minacce di morte ai danni del ministro dell’Interno, Matteo Salvini.

Al termine della presentazione, condita dal fuoriprogramma di un rapido passaggio dello stesso Salvini, abbiamo rivolto qualche domanda all’autore.

Chi sono i “tutti” che attaccano Salvini?

Il tutti è riferito alla sinistra politica, culturale e al clero di sinistra. Quando dico “sinistra” non penso all’ideale novecentesco ma a una nuova categoria, a quella parte di società, politica, cultura che professa il multiculturalismo, che auspica frontiere aperte e la liquidità sotto ogni punto di vista, da quello culturale a quello sessuale.

Perché “tutti” attaccano Salvini?

Perché la storia sta andando da una parte diversa rispetto ai desideri dei “tutti” di cui sopra. Quella sinistra reagisce con l’isteria di criminalizzare chi più di tutti incarna il suo fallimento, Matteo Salvini, che, al contrario della sinistra, è stato in grado di capire la società, fornire soluzioni e un disegno della società stessa. Intendo un disegno in cui la nazione recupera dignità, le tradizioni recuperano dignità, i campanili recuperano dignità.

Hanno davvero torto questi “tutti” ad attaccare Salvini?

Sì, perché è i loro attacchi prescindono e vanno oltre il ruolo politico e il confronto politico. Se si attacca un politico per il suo agire da politico siamo nel campo della libertà di espressione, ma se si colpisce il padre di famiglia, se si invoca la morte di quella persona evocando Piazzale Loreto qui siamo fuori dal campo della politica e l’attacco è di natura ontologica, antropologica. Oltre a questo ci sono le offese agli elettori. Nel libro ho riportato alcuni fatti molto precisi. Racconto di esponenti del Pd che parlavano di Pontida come una nuova Norimberga, il luogo in cui si svolgevano le adunate naziste. Ecco tutto questo con la politica non c’entra nulla.

Non si rischia di depotenziare la libertà di espressione se si sottolinea che Salvini non è solo un ministro ma anche un padre di famiglia, un figlio, un ex marito? In realtà lui è criticato e attaccato perché fa politica.

Non credo. La mia notazione parte dal fatto che invocare l’omicidio di una persona sia doppiamente greve, è pericoloso dal punto di vista umano, ed è terribile perché quest’uomo ha dei figli che possono imbattersi nell’odio che viene scaraventato addosso al loro papà. Penso alle scritte sui muri, alle vignette in cui viene rappresentato come il male supremo. Sarebbe il caso, a un certo punto, di fermarsi e attenersi al contenuto politico, possibilmente senza fare mistificazioni, come sta avvenendo sul decreto sicurezza, e senza divulgare fake news al fine di delegittimare.

Durante la conferenza il sottosegretario Morrone ha detto che la satira, pur dovendo rimanere libera, dovrebbe, però, evitare danneggiare l’immagine dei ruoli ricoperti dai loro bersagli politici. Questo non è pericoloso per la libertà di espressione?

Dipende, perché la satira, secondo me, deve avere dei parametri guida. Il principale è partire da un fondo di verità. Magari si può distorcere, applicare iperboli e soffiarci dentro la comicità ma un fondo di verità deve esserci. Non vorrei che con la scusa della satira si diffondessero cose fuori dal mondo.

Ci fa un esempio?

Certo. Nel libro parlo di una vignetta di Repubblica in cui si vede un esploratore che punta la pistola ad un ragazzo che sta affogando il quale, gli dice: “Mrs Salvini, I suppose”. Ecco questa è una satira che va oltre i confini del buon gusto. Ciò non toglie che, siamo in un Paese libero quindi liberi loro di disegnare, liberi noi di criticare.

Prima di Salvini c’è stato Berlusconi a prendere insulti da ogni dove.

Infatti nel 2005 Luca D’Alessandro ha scritto un libro, “Berlusconi, ti odio”, nel quale aveva riportato tutti gli insulti che aveva raccolto Berlusconi.

Che relazione c’è tra gli insulti che prende Salvini e gli slogan violenti degli anni ’70?

Ne parlo nel libro. Ricordo l’episodio della copertina di Rollingstone, in cui campeggiava la scritta “Noi non siamo con Salvini”. All’interno era riportata una summa di pensierini di attori, cantanti e rapper contro Salvini. Questo mi ricorda molto quel manifesto che fecero tanti intellettuali italiani contro Luigi Calabresi, poi sappiamo che quella storia è finita nella maniera più drammatica possibile. E sappiamo anche che a quel tempo contro Calabresi c’erano scritte sui muri, editoriali feroci, assemblee universitarie. Oggi troviamo più o meno la stessa cosa contro Salvini. Ci sono molti tratti somiglianti tra gli attacchi di ieri e quelli di oggi, e aggiungo “purtroppo” perché vuol dire che la lezione non è stata assorbita e assimilata bene.

La pubblicazione di diversi libri, tra i quali il suo, dedicati alla Lega o all’area politica di “destra” si può dire che rappresenti una sorta di risveglio di una cultura di destra, con una forza sconosciuta agli ultimi 20 anni?

È un discorso molto complicato. Secondo me se oggi si parla di cultura di destra non bisogna più intenderla in maniera novecentesca, oggi è cambiato il quadro. Perciò dobbiamo parlare di una cultura conservatrice che mira alla riscoperta di alcuni valori, come la religione, l’italianità come espressione della cultura cristiana e che si prende la responsabilità di fate un discorso provocatorio sui confini, argomento tabù per una cultura progressista, mondialista e globalizzata. Ecco, se intendiamo questo c’è molto fervore di idee, c’è molto ribollire di analisi, di realtà, di incontri. È un momento di grande vitalità da questo punto di vista.

Secondo lei perché adesso? Perché gli elettori della Lega non hanno remore nel professare la propria fede leghista, anche nelle versioni più sfumate, e invece fino a qualche anno fa dichiararsi di destra o “berlusconiani” era una specie di bestemmia?

Questo slancio c’è oggi perché ci si è resi conto che il modello sociale in voga dalla caduta del muro di Berlino e poi accelerato con il nuovo millennio, ha portato tanti problemi. Oltre a questo c’è il tema dell’immigrazione. L’Italia nel 2008 ha avuto una crisi economica molto pesante. Chi era povero lo è diventato ancora di più, gli studenti non trovano lavoro, i giovani, anche se hanno fatto un percorso di studi prestigiosi, hanno difficoltà a rendersi autonomi. Proprio ieri l’Eurostat ha emesso dati sconfortanti: in Italia circa 50% dei giovani tra i 18 e i 34 anni sono a casa con i genitori. Oltre a questa povertà interna ne abbiamo portato anche una esterna, quella degli immigrati. Il prodotto è stato drammatico: ora è più difficile la convivenza all’interno dei quartieri, esplodono criticità nelle periferie, assistiamo alla creazione di zone franche, si moltiplicano i palazzi occupati. Siccome queste situazioni sono arrivate a livelli insostenibili, si è arrivati a una sorta di reazione, di slancio di promozione del ritorno ad una società fondata su cardini precisi.



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