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I sovranismi devono ancora maturare, ora è tempo di una contro-élite. Parla Becchi

paolo becchi

“I populismi europei sono nati perché i singoli Stati nazionali non si riconoscono più all’interno dell’Unione Europea e rivendicano margini superiori di sovranità”. Il prof. Paolo Becchi spiega così il passaggio dai populismi ai sovranismi in Europa.

Al sovranismo all’italiana Becchi ha dedicato il suo ultimo libro, “Italia sovrana”, edito da Sperling & Kupfer, e presentato curiosamente nella Sala del Carroccio nel palazzo Senatorio del Campidoglio.

“Sovranismo” è il termine che più di ogni altro ha caratterizzato la politica italiana nel 2018 e “Italia sovrana” arriva nelle librerie proprio nei giorni in cui il governo sovranista più importante d’Europa cede il passo ai vincoli europei. Solo una battuta d’arresto episodica o qualcosa di più profondo?

Di sovranismo, sovranità e Unione Europea abbiamo parlato con il professore al termine della presentazione del suo libro.

Prof. Becchi perché gli Stati nazionali sono tornati d’attualità?

Perché è entrato in crisi quel modello globalista che sembrava aver definitivamente sconfitto qualsiasi tipo di diversità, è stato sconfitto il cosmopolitismo e l’idea che si vivesse in un villaggio globale. Ci si è resi conto che siamo tutti diversi, ce ne siamo accorti in Europa e qui è rinata l’idea di nazione. Questa nuova ondata di nazionalismi è una critica al modello neoliberale che si era sviluppato e che aveva prodotto la globalizzazione come fine della storia. Ma questo processo di globalizzazione non era in grado di soddisfare quella necessità di appartenenza che gli individui hanno e che non perderanno mai.

L’Unione Europea non è stata capace di far nascere un sentimento di appartenenza?

No, non esiste un popolo europeo, ancor meno un popolo mondiale. Il cosmopolitismo è finito, diciamo che ha vinto Hegel e ha perso Kant.

Lei crede al carattere sovranista della Lega e del M5S?

Si, certo. La prima è di carattere identitario, l’altra è di carattere sociale. Oggi, però, dopo l’approvazione della manovra che rispetta i diktat imposti dall’Ue c’è una battuta di arresto perché ha vinto il vincolo esterno contro l’interesse nazionale. Ma se si è persa una battaglia non è detto che si debba sospendere la guerra. Il cammino non si è interrotto, o almeno me lo auguro. Bisognerà vedere cosa succederà con le elezioni europee.

Cosa intende?

Intendo che con una manovra di questo genere non so se il governo riuscirà a portare a casa gli obiettivi che si era prefissato. Vedo molte difficoltà per il reddito di cittadinanza, un po’ meno per la modifica della legge Fornero. Secondo me se il reddito di cittadinanza non si realizza il governo entra in crisi.

Parlando delle prossime elezioni europee lei come se lo immagina un Parlamento Europeo con una ingente pattuglia sovranista.

Il Parlamento Europeo ha la responsabilità di dare un voto di conferma nei confronti del commissario europeo. Fino ad adesso la partita è stata giocata tra Partito Popolare e Partito Socialista. Una buona affermazione delle forze sovraniste creerebbe un terzo polo che potrebbe portare non poche difficoltà all’interno delle istituzioni europee e avere influenze sulla nomina del presidente della Commissione, l’organo più importante. Insomma, potrebbero fare la differenza.

Secondo lei i sovranisti europei vogliono davvero scardinare l’Unione Europea?

No, nessuno ha intenzione di distruggere l’Europa che resta fondamentale per tutti, bisogna capire che tipo di Europa vogliamo. Io credo che questo processo iniziato con Maastricht sia esaurito, si può ripartire dai Trattati di Roma e da una confederazione di Stati e non proseguire nella creazione di uno Stato federale europeo, credo che questo sia impossibile.

Lei ha detto che le élite si combattono solo con altre élite. Se dovesse dare un consiglio alle forze sovraniste italiane per non farsi schiacciare dalle élite esistenti cosa suggerirebbe?

Suggerirei di tentare di creare un pool di persone che possa servire in una dialettica politica di questo tipo.

Mi può fare un esempio?

Quando negli anni ’90 nacque Forza Italia, Berlusconi tirò nel suo progetto personaggi di spessore come Lucio Colletti, Vittorio Mathieu, il meglio dell’intelligenza di allora finì in Forza Italia e si creò un pool di persone che avevano delle capacità di elaborazione ideologica. Alcune arrivavano anche da sinistra, come Lucio Colletti. Si creò anche una nuova rivista, Ideazione.

Rousseau doveva servire proprio a fare formazione.

Rousseau avrebbe delle potenzialità notevoli però, da quanto ne so, non è utilizzato con questa ampiezza per creare dibattiti politici, mi sembra che da questo punto di vista sia ancora agli inizi. Rousseau viene utilizzato soprattutto per le votazioni, la vera discussione in rete io l’ho vista ai tempi di Gianroberto Casaleggio quando non c’era ancora Rousseau ma c’era molto più dialogo.

La Lega però ha una scuola di formazione politica vera e propria.

Sì, la scuola di partito della Lega è più tradizionale. Per quanto ne so, però, funziona soprattutto sul piano economico, fanno formazione sui temi della flat tax ed altri temi economici. Una scuola politica di alta formazione non c’è. La verità è che non te la puoi cavare con le foto della tua cena con la pizza per far capire che sei popolare. Da un punto di vista comunicativo va benissimo però non basta, occorre creare qualcosa di più.

Cosa dovrebbero fare?

Creare una contro-élite. La Lega di Bossi aveva Gianfranco Miglio, oggi io non vedo questo gruppo di intellettuali capace di creare  un’élite. Anzi si cerca proprio di dire che non si vogliono avere élite. La tesi del mio libro è che questo è sbagliato perché una contro-élite sarebbe necessaria. L’esistenza di una contro-élite avrebbe permesso oggi di non avere i risultati che abbiamo avuto in Europa.

Il Financial Times ha eletto Soros come uomo dell’anno, è una risposta delle élite alle critiche al magnate in Europa e Usa?

Eh beh, direi di sì, è l’uomo per eccellenza delle élite. Io preferisco quello che ha fatto Orban, cacciandolo dall’Ungheria e chiudendo la sua università.

 

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