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La manovra italiana piace agli Usa. Il punto di Eisenberg, Moavero e Tria

villa Taverna

Sebbene i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico mostrino qualche crepa, dal clima al commercio, gli Stati Uniti restano il principale partner dell’Europa. Ricucire è possibile, e forse a tessere la trama può essere proprio l’Italia, che incassa l’apprezzamento Usa per la manovra del governo ma anche alcune precisazioni su dossier cari a Trump, dall’energia ai rapporti con Mosca. È il messaggio che arriva dallo US-Italy Dialogue, organizzato ieri a Roma dall’Aspen Institute Italia, aperto dal messaggio del ministro dell’Economia Giovanni Tria, e dagli interventi dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Lewis Eisenberg e del capo della Farnesina Enzo Moavero Milanesi.

DAGLI USA ALL’ITALIA

Che la partnership tra Roma e Washington sia solida non c’è dubbio. Lo ha già dimostrato l’incontro di fine luglio tra il premier Giuseppe Conte e il presidente Donald Trump, durante il quale il primo aveva incassato dal secondo il riconoscimento della leadership italiana per il Mediterraneo e lo spinoso dossier libico. Non a caso, ha spiegato Tria, “l’Italia intende intraprendere un percorso che consenta al Paese di rafforzare la propria posizione nel continente”, così da “continuare a ricoprire un ruolo di partner strategico all’interno dell’alleanza transatlantica, rimanendo saldamente ancorato al proprio storico collocamento nell’Ue e nell’area euro”.

IL NODO DEL COMMERCIO

Certo, ha notato l’ambasciatore Eisenberg, oltre i temi della sicurezza, “un argomento chiave per il presidente Trump resta il commercio”. Su questo punto, ha rimarcato Tria, “con oltre 68 miliardi di scambi bilaterali registrati lo scorso anno, gli Stati Uniti rappresentano per il tessuto produttivo italiano un mercato prioritario nelle attività di promozione del made in Italy e nei processi di internazionalizzazione delle nostre imprese”. Tutto vero, ha rimarcato Eisenberg, “ma lo squilibrio commerciale rimane significativo; il surplus italiano con gli Usa è di quasi 32 miliardi di dollari”.

ROMA TRA WASHINGTON E BRUXELLES

Sebbene il principale avversario commerciale resti la Cina (“e le sue pratiche ingiuste”), il disavanzo con l’Europa non piace per nulla agli Stati Uniti. “L’America vuole un accordo commerciale equamente di successo con l’Unione europea”, che permetta all’economia statunitense di “ridurre il deficit”. In questi negoziati, ha spiegato l’ambasciatore Eisenberg, l’Italia “può giocare un ruolo importante; la vostra è una delle maggiori economie al mondo; se i negoziatori europei adottano l’approccio aperto italiano, sono fiducioso che entrambi, americani e italiani, raggiungeranno un giusto accordo”.

LA MANOVRA CHE PIACE A TRUMP

Da qui, l’Italia incassa anche l’apprezzamento Usa per la manovra: “Il premier Giuseppe Conte – ha detto il rappresentante statunitense – sta lavorando molto per l’economia italiana e avrà molto successo, questo è quello che ritiene Donald Trump e anche la sua speranza”. Una sponda ripresa dal ministro degli Esteri Moavero Milanesi: “Gli Stati Uniti sono al nostro fianco perché siamo per loro un partner che considerano importante e di conseguenza, quando la nostra economia va meglio, questo giova all’insieme del rapporto anche con gli Stati Uniti come all’insieme del rapporto con gli altri Paesi dell’Unione europea”.

LA QUESTIONE ENERGETICA

Ambire a essere ponte tra Usa e Unione europea è dunque possibile, ma occhio ad alcuni dossier, a partire dall’energia, tema particolarmente caro a Washington per ciò che concerne la posizione italiana sul Tap, ma anche le prospettiva di vendita del gas americano. “La diversificazione energetica è centrale per la sicurezza nazionale di ogni Paese – ha detto Eisenberg – vogliamo aiutare i nostri partner europei e gli alleati a diversificare, e un modo è rendere più semplice per voi acquistare il gas statunitense (Lng, liquified natural gas, ndr)”. In altre parole, no al Nord Stream 2, no alla dipendenza da Mosca, e sì al Tap e al rafforzamento dei rapporti energetici con gli Usa.

LE SANZIONI COME MEZZO

Poi, c’è la questione delle sanzioni, all’Iran e alla Russia. In entrambi i casi, la linea dura di Washington non fa impazzire l’Italia, che ha sempre cercato un approccio più morbido anche per i tradizionali rapporti economici con i due Paesi. Un’apertura da parte degli Stati Uniti c’è già stata, con l’esenzione a Roma (insieme ad altri sette Paesi per sei mesi) dalla seconda tornata di sanzioni (la più corposa, concernendo anche il settore energetico) inflitta all’Iran. Apertura che pare essere ribadita anche da Eisenberg: “Come ha detto il primo ministro Conte , le sanzioni sono uno strumento e non un fine”. Così, è bene concentrarsi sugli obiettivi. “Nel caso iraniano – ha detto l’ambasciatore – il fine è ridurre la capacità del regime iraniano di sponsorizzare attacchi terroristici”.

I RAPPORTI CON MOSCA

Per quanto riguarda la Russia, “il fine è ridurre il comportamento maligno della Russia in Ucraina; e lo abbiamo visto nella passata settimana” con il surriscaldamento delle acque del mare di Azov. “L’America vorrebbe che la Russia sia un Paese amico e una forza positiva negli affari globali”, ha ribadito Eisenberg. “Tuttavia, finché non cambierà corso e rispetterà gli accordi di Minsk, è difficile giustificare la rimozione delle sanzioni”, pur facendo attenzione “a minimizzarne gli effetti collaterali sui nostri amici”, ha chiarito il rappresentante Usa. Il messaggio da Washington è chiaro: l’Italia può essere un pilastro del nuovo rapporto tra Stati Uniti e Unione europea, ma su alcuni dossier è determinante essere allineati.



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