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Dal progetto di Trump ai piani italiani. Cosa fanno i nostri soldati in Afghanistan

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Tra le minacce che più colpiscono la popolazione afgana ci sono gli ordigni esplosivi improvvisati, simbolo di un Paese che fatica a ritrovare piena stabilità. Ad Herat, sono i militari italiani ad addestrare i futuri istruttori delle Forze afgane, gli stessi che si occuperanno di insegnare il corretto contrasto ai violenti dispositivi. È solo un esempio delle attività condotte dai nostri soldati in Afghanistan, una presenza che è inevitabilmente tornata sotto la lente di ingrandimento con le novità dell’ultima settimana.

LA DECISIONE DI TRUMP

Dopo il disvelamento del piano per il ritiro dalla Siria (ristretto ai duemila specialisti presenti), infatti, l’annuncio di un eventuale dimezzamento della presenza in Afghanistan ha squarciato il velo: gli Stati Uniti hanno davvero intenzione di ridimensionare il proprio ruolo in Medio Oriente. Il piano della Casa Bianca (che ha causato lo strappo con il Pentagono, costringendo al ritiro il segretario alla Difesa James Mattis) ha alimentato il dibattito anche nel nostro Paese, risvegliando tanto i sostenitori dell’idea che in Afghanistan occorra restare in forze per evitare che i talebani tornino al potere, tanto i fautori dell’ipotesi di graduale riduzione degli impegni nazionali.

LA PRESENZA ITALIANA

Nel Paese, tra Herat e Kabul, ci sono circa 900 militari italiani, con la previsione di una prossima riduzione di almeno 100 unità, in linea con quanto ribadito di recente dal ministro della Difesa Elisabetta Trenta nel presentare al Parlamento la proroga per l’ultimo trimestre dell’anno (che restava difatti scoperto, giuridicamente e finanziariamente, dallo scorso settembre). Agli uomini si aggiungono per ora 48 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei. Cuore della presenza italiana è il Train advise assist command West (Taac-W) con base a Herat, dedicato alle attività di addestramento, assistenza e consulenza a favore delle istituzioni e delle Forze di sicurezza locali concentrate nella regione ovest. Dallo scorso giugno, il comandante del contingente nazionale e del Taac-W è il generale Salvatore Annigliato.

LA MISSIONE SOTTO I RIFLETTORI

Nonostante la missione sia stata spesso al centro del dibattito politico, e sebbene sia tornata da giorni sotto i riflettori in virtù dell’annunciato piano di Donald Trump per il dimezzamento del proprio contingente (oggi pari a 14mila soldati), non è sempre chiaro a tutti il ruolo dei nostri militari nel Paese. Un esempio evidente è arrivato ieri, con l’ultima notizia giunta dal teatro. I soldati italiani hanno concluso con successo un corso di addestramento C-Ied (contro ordigni esplosivi improvvisati) diretto ai futuri addestratori delle Forze armate afghane. Le attività sono state svolte dal personale appartenente al Military advisor team (Mat), unità del Taac-W a guida Brigata Aeromobile “Friuli”, in collaborazione con il Joint-Engineer (J-Eng), la cellula di specialisti che, in seno al comando a guida italiana, si occupa di analizzare, prevenire e contrastare la minaccia degli ordigni esplosivi improvvisati nel teatro operativo afgano.

IL CORSO C-IED

“Il corso, della durata di tre giorni, si è svolto dal 22 al 24 dicembre presso le strutture didattiche, l’Engineer training area (Eta) e il C-Ied Training Building di Camp Arena, dove gli specialisti italiani hanno riprodotto, grazie alla loro lunga esperienza nella lotta agli ordigni improvvisati, una striscia addestrativa molto realistica nella quale condurre gli allievi alla ricerca e alla bonifica di ordigni improvvisati tipici della minaccia terroristica in Afghanistan”, spiega il ministero della Difesa. L’attività è stata rivolta al personale militare appartenente alle forze di sicurezza afgane, mirato in particolare alla formazione degli istruttori dai quali saranno selezionati i team impiegati presso i reparti delle forze di sicurezza locali nella lotta contro la grave minaccia degli ordigni improvvisati. Questi ultimi rappresentato d’altronde una delle peggiori minacce sia per le forze di sicurezza, sia per la popolazione locale.

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