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Guerre stellari in arrivo. Come e perché Trump vuole lo US Space Command

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Gli Stati Uniti avranno presto un nuovo comando spaziale con natura combatant, dunque operativa. L’ordine esecutivo per la creazione dello US Space Command è arrivato ieri dal presidente Donald Trump, diretto al capo del Pentagono James Mattis con la richiesta di indicare anche comandante e vice comandante, i quali dovranno comunque passare per l’approvazione del Senato. Ad annunciare il nuovo memo presidenziale dal Kennedy Space Center in Florida è stato il vice presidente Mike Pence, accanto al segretario dell’Air Force Heather Wilson, la stessa che in passato aveva mostrato le maggiori reticenze per il nuovo progetto spaziale. Ne abbiamo parlato con il generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa.

LA STRADA VERSO LA SPACE FORCE

Lo US Space Command sarà il primo passo verso la Space Force, la nuova Forza armata voluta dal presidente sin dal suo insediamento. Nei mesi scorsi, Trump era riuscito a rompere le resistenze di Pentagono e Air Force (intimorita dall’eventualità di perdere risorse ed effettivi a favore della Space Force), facendo convergere tutti su un progetto redatto dallo stesso dipartimento della Difesa (e presentato ad agosto), poi confluito nelle sei raccomandazioni del National Space Council, l’organo che il presidente ha voluto re-istituire a livello di vice presidente. Nella sua quarta riunione, a metà ottobre, l’Nsc ha definito la road map per il “sesto braccio armato degli Stati Uniti”, indicando la creazione di una “Space development agency” per la futura gestione del procurement in campo spaziale, nonché proprio la reintroduzione dello US Space Command, così da avere una Space Force a partire dal 2020.

LA DECISIONE DI TRUMP

Il piano è dunque frutto di “una decisione specifica del presidente Trump, su cui neanche il Pentagono è pienamente d’accordo, visto il rischio di perdere il controllo su una diversificazione tra Space Command e Space Force”, ci ha spiegato il generale Mario Arpino. A perdere i pezzi più importanti sarà senza dubbio l’Air Force, ma anche Marina e Nasa potrebbero vedersi ridurre attività ed effettivi. “Occorre ricordare che il controllo operativo di molti programmi spaziali, una volta lanciati e operativi nello spazio, è nelle mani dell’Aeronautica, che con il nuovo comando verrà a perdere tale capacità; un po’ di malumore è inevitabile”.

LA SPINTA CINESE

Ad ogni modo, la convinzione con cui l’amministrazione Usa sta portando avanti il progetto di uno spazio militare è da attribuire quasi totalmente “al confronto con la Cina”, ha notato il generale Arpino. “Non vedo una necessità immediata e visibile se non nel quadro di una competizione globale con Pechino”. D’altra parte, ha aggiunto, “ho avuto la fortuna di vedere il piano spaziale cinese da qui al 2050, e sono rimasto impressionato: la velocità e la puntualità con cui rispettano i vari step indicati è incredibile; avanzano come una macina”. In questo modo, “con le restrizioni imposte da Obama, gli Usa rischiano di rimanere indietro, e l’unico modo per concentrare risorse e specialità è creare un comando unico”.

UNO SPAZIO SEMPRE PIÙ MILITARIZZATO

Il risultato sarà l’estensione sempre più massiccia della competizione militare oltre l’atmosfera. “Il trattato di Mosca che alludeva alla demilitarizzazione dello spazio è stato decisamente calpestato”, ha rimarcato il generale. Hanno iniziato i cinesi, nel 2007, “con un test dimostrativo di distruzione di un vecchio satellite meteorologico tramite un missile”. Già da prima, comunque, “gli Stati Uniti avevano elaborato scenari operativi e un comando apposito per azioni tattiche e strategiche nello spazio, con un primo nucleo di concentrazione del pensiero e della sperimentazione nel campo”. Il nuovo Space Command eredita tutto questo. “Non è nulla di nuovo – ha aggiunto l’ex capo di Stato maggiore della Difesa – se non l’unificazione delle varie attività all’interno di un unico comando militare”.

UN PROGETTO PER ALTRI PAESI?

Anche il Vecchio continente dovrebbe procedere in questa direzione? “Non dobbiamo pensare se servirebbe a noi o all’Europa; è una prospettiva molto diversa, che per gli Stati Uniti attiene al confronto globale in un mondo differentemente globale”. L’avversario principale “non è più l’Unione sovietica, ma la Cina”. Con “la velocità di marcia attuale, a meno di un collasso sociale, e in assenza di provvedimenti da parte degli Usa, Pechino è destinata a superare Washington”, che pure può contare su risorse e numeri da record. Difficile applicare lo stesso ragionamento all’Europa. “Una scala così grande non è ripetibile”, ha spiegato Arpino.

IL NUOVO COMANDO

Già attivo dal 1985 al 2002 (quando confluì nell’UsStratCom), lo US Space Command diventerà l’undicesimo comando unificato e combatant degli Stati Uniti, da aggiungere agli attuali dieci, ognuno con competenza geografica. Sarà affidato a un generale quattro-stelle, proposto dal Pentagono e sottoposto alla necessaria approvazione da parte del Senato. La proposta di re-istituirlo era stata già inserita nel National defense authorization act (Ndaa) per il 2019, frutto del forte endorsement arrivato a giugno dalla Casa Bianca, quando il presidente Trump aveva dato una secca sterzata al dibattito, emanando una direttiva che chiedeva al Pentagono di elaborare un piano per la creazione della Space Force.

POSSIBILI SOVRAPPOSIZIONI?

Eppure, più di qualche esperto ha storto il naso per il piano dell’amministrazione, chiedendosi il senso di istituire uno US Space Command (con tutti gli oneri che ciò comporta) se l’obiettivo è creare una Space Force (che è cosa completamente diversa da un comando unificato). A fare chiarezza è intervenuto il vice segretario alla Difesa Patrick Shanahan, incaricato di gestire gli sforzi per il sesto braccio armato e preparare la proposta di legge: le due nuove strutture non sono da confondere, sono complementari. “La Space Force – ha scritto su Twitter – servirà a fornire personali, assetti e capacità a supporto delle operazioni spaziali, mentre lo Space Command sarà il comando operativo che impiegherà le capacità spaziali e guiderà le operazioni”. Una volta che entrambi saranno a lavoro, “funzioneranno in parallelo a quanto avviene per le altre cinque Forze armate e i quattro comandi combatant funzionali”.

IL RUOLO DELL’AIR FORCE

Lo stesso si può dire dell’Air Force Space Command, il comando spaziale alle dipendenza dell’Aeronautica Usa. É stato il segretario della Forza armata Wilson a negare le voci secondo cui verrà rimpiazzato dal nuovo US Space Command. Avranno missioni differenti, ha spiegato; il comando dell’Usaf verrà con ogni probabilità “ri-organizzato” secondo il piano per la Space Force. Un’ammissione che ha comunque il sapore della resa per la numero uno dell’Air Force. Negli scorsi mesi, ha infatti provato in tutti i modi a osteggiare la strada verso la Space Force, forte anche della reticenza (piuttosto bipartisan) di numerosi membri del Congresso per il piano del presidente. A fine settembre, la Wilson aveva presentato i numeri (per alcuni, gonfiati) della creazione di ramo militare per lo spazio: 13 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, di cui tre per la creazione di un nuovo quartier generale; e 13mila persone da impiegare nel nuovo service, di cui 2.400 proprio nel suddetto quartier generale. A ridimensionare il tutto era intervenuto, Shanahan, parlando di un quartier generale dotato di una struttura “leggera” e di una burocrazia snella.

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