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Dal mare d’Azov al trattato sui missili. La strategia Usa spiegata da Richard Burt

Con l’insofferenza dell’amministrazione Trump per l’attivismo di Macron circa “l’esercito europeo” e per la decisione con cui la Germania porta avanti il progetto del Nord Stream 2, l’Italia può guadagnare punti importanti nel rapporto transatlantico, diventando il pilastro del nuovo equilibrio tra le due sponde dell’Atlantico. È quanto emerge dalle parole dell’ambasciatore Richard Burt, attualmente managing partner per Europa, Russia e Eurasia della società di consulenza McLarty Associates, con alle spalle una lunga carriera diplomatica. Durante l’amministrazione targata Ronald Reagan, è stato assistant secretary per gli Affari europei e canadesi, e poi ambasciatore in Germania negli anni della caduta del muro di Berlino. Durante la presidenza di George H.W. Bush, ha negoziato per gli Usa il trattato Start con l’Unione sovietica per la riduzione degli armamenti nucleari. Formiche.net lo ha intervistato a margine dello US-Italy Dialogue, organizzato ieri a Roma dall’Aspen Institute Italia, interpellandolo sul rischio di escalation tra Russia e Ucraina, ma anche sul trattato missilistico Inf per cui Washington e Mosca si scambiano da tempo accuse reciproche.

LA DISPUTA NEL MARE D’AZOV

A surriscaldare il clima tra Russia e Stati Uniti, facendo cancellare dalle agende l’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin durante il G20 di Buenos Aires, è stato il riacutizzarsi della crisi ucraina, con lo scontro nelle acque del mare d’Azov in cui Mosca ha mostrato tutta la propria assertività. Eppure, il recente evento non sorprende. “Ciò che è successo la scorsa settimana non è venuto dal nulla, ma da diversi anni di incidenti in mare e nello stretto di Kerc, dove entrambi, russi e ucraini, non hanno rispettato le regole internazionali”, ha spiegato l’ambasciatore Burt, dicendosi scettico sulla possibilità che l’escalation possa portare a un più ampio scontro tra Russia e Nato.

DA DOVE PARTIRE

“Secondo il mio punto di vista – ha aggiunto – è prima di tutto necessario un accordo tra i due Paesi relativo al trattato del 2003”, quello con cui Kiev e Mosca si spartirono le acque “storiche” del mare d’Azov senza però definire le linee di confine. Fare chiarezza su questo punto sembra al momento prioritario. “Il problema è che la questione è politica – ha spiegato Burt – ed è proprio la politica a offrire un contesto sfavorevole, in particolare per l’Ucraina”. Difatti, ha aggiunto, “in vista delle elezioni presidenziali del prossimo marzo, il presidente Poroshenko cerca di mostrarsi risoluto e deciso nell’affrontare la Russia”. In definitiva, è probabile che ci saranno altri incidenti e che “la tensione continui a salire tra Mosca e Kiev; eppure, non necessariamente ciò condurrà verso una guerra più ampia”.

LA QUESTIONE DEI MISSILI

A far litigare Trump e Putin è stato di recente anche il trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces), siglato nel 1987 dai presidenti di Stati Uniti e Unione Sovietica, che proibisce esplicitamente il dispiegamento a terra di missili con un raggio fra 500 e 5.500 chilometri. Dopo anni di reciproche accuse, il dibattito è salito ai massimi livelli istituzionali con le parole del presidente americano a fine ottobre: “Gli Stati Uniti sono pronti a uscire dall’accordo”. Le rimostranze di Washington riguardano in particolare l’SSC-8, un missile da crociera con raggio intermedio in fase di sviluppo da parte della Russia. Da parte sua, Mosca rispedisce le accuse al mittente. L’impressione è che, con l’attivismo della Cina sul fronte missilistico (Pechino è fuori dal trattato Inf), le regole stiano strette ad entrambe le superpotenze.

UNA STRATEGIA CHE NON FUNZIONA

Ad ogni modo, “uscire dal trattato sarebbe un grave errore”, ha chiosato Burt. “È evidente che alla Russia non piace l’accordo, poiché ne limitata la capacità di esercitare pressione e minacciare i propri target, tanto in Europa quanto in Cina”. Di conseguenza, “le Forze armate russe sarebbero ben felici di vedere il trattato Inf venir meno”. È per questo che minacciare l’uscita dagli Usa “non è una buona pedina di scambio né una soluzione diplomatica alla corsa agli armamenti, ma piuttosto un errore che l’amministrazione Trump sta continuando a portare avanti”.

IL RUOLO ITALIANO TRA GLI USA E L’EUROPA

E tra gli errori che alcuni esperti attribuiscono all’attuale amministrazione c’è anche l’irrigidimento dei rapporti con il Vecchio continente, con posizioni distanti su tanti dossier, dal clima al commercio, passando per l’energia e le sanzioni all’Iran. In tal senso, il feeling particolare tra la presidenza Usa e il governo giallo-verde offre all’Italia l’occasione per essere promotore di un nuovo rapporto tra le due sponde dell’Atlantico. “Personalmente, supporterei tale eventualità; sarebbe un primo passo importante”, ha detto Burt. L’opportunità arriva dai “rapporti sfortunatamente piuttosto critici tra gli Stati Uniti e la Germania”, con la questione del Nort Stream 2 e del surplus commerciale in testa. In tal senso, “Trump sembra essersi avvicinato molto alla Polonia, soprattutto in virtù del suo attuale criticismo nei confronti dell’Unione europea; eppure, dubito che Varsavia sia il giusto pilastro di un nuovo rapporto tra Usa e Ue”. Così, ha detto concludendo Burt, “ritengo che una forte relazione tra Italia e Stati Uniti sarebbe particolarmente positiva per il legame transatlantico”.

(Foto Youtube)

 

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