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Pensioni, vi spiego perché il 2019 sarà l’anno delle pantere grigie

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Il 2019 sarà l’anno delle “pantere grigie”. Delle numerose categorie che protestano contro le misure adottate con le legge di Bilancio quella che fa più paura all’esecutivo in carica è rappresentata da 22 milioni di pensionati che questa volta hanno alzato le barricate e che faranno sentire la loro voce dalle urne delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Non è tanto importante se abbiano torto o ragione. Quel che conta è che pesano e che il riferimento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte all’Avaro di Molière – una gaffe imperdonabile per chi intende fare politica – ha fatto inviperire loro e le associazioni ed i sindacati che li rappresentano.

È preoccupato soprattutto il vice presidente del Consiglio Salvini per tre motivi: a) i pensionati che vengono colpiti maggiormente risiedono nelle regioni del Nord, sono stati per lustri fedeli iscritti alla Lega ed hanno annunciato che si faranno sentire, in modo eloquente, con il voto; b) è viva nella memoria storica della Lega il crollo del primo governo Berlusconi a ragione di una controversia con i pensionati; c) si è accorto che il suo “collega” Di Maio in serie difficoltà con le sue proprie truppe lo ha preso per i fondelli inducendolo a fare un passo non previsto nel “contratto di governo” (che non parla di raffreddamento dell’indicizzazione e per le pensioni medio altre prevede un ricalcolo non un taglio mascherato da contributo di solidarietà); d) non ha ascoltato i suoi più stretti collaboratori in materia previdenziale. Ad esempio, Alberto Brambilla, che è da sempre esponente della Lega di cui è stato sottosegretario, ha dichiarato, spiegando con dovizia di dati – i motivi di tale giudizio: “Il governo del cambiamento ha proposto una delle peggiori e bizantine indicizzazioni in termini di equità”.

In effetti, da oggi primo gennaio sarebbe dovuto tornare in vigore il meccanismo classico (ribadito anche dalla legge n.388/2000), articolato su tre fasce: il 100 per cento del tasso di inflazione per gli importi compresi fino a tre volte il minimo: il 90 per cento per quelli compresi da tre a cinque volte ed il 75 per cento oltre quella soglia. La legge di bilancio, invece, ha rinviato per un triennio il ripristino di tale sistema e ne ha disposto un altro articolato su sette fasce, di cui solo la prima, fino a 1.522 euro mensili lordi (1.250 netti), è rivalutata al 100 per cento. Un vero e proprio marchingegno che colpisce le pensioni medio- basse (una platea molto numerosa ) al sono fine di fare cassa per elargire sovvenzioni e condoni ad elettori ed anche a congiunti di chi è al governo. Alberto Brambilla, che non è certo ostile al governo in carica, ha dichiarato, spiegando bene – e con dovizia di dati – i motivi di tale giudizio: “Il governo del cambiamento ha proposto una delle peggiori e bizantine indicizzazioni in termini di equità”. Dato che i medesimi pensionati hanno subito un “raffreddamento” per 8 degli ultimi 11 anni, la perdita di potere d’acquisto è molto forte. Calcoli dettagliati sono stati effettuati dall’Associazione Leonida (i cui soci stanno predisponendo circa 100mila ricorsi contro le misure incluse nella legge di bilancio): in breve, chi ha un trattamento lordo di 4500 euro al mese ne perde 800 l’anno di potere d’acquisto per effetto del nuovo ‘raffreddamento’ cumulato al precedente. La cifra è destinata ad aumentare se riparte l’inflazione

Ci sono pasticci anche sulla “quota cento”, Giuliano Cazzola ha fatto notare che non è chiaro se i due requisiti della ‘quota cento’(62 anni di età anagrafica e 38 di anzianità contributiva) si aggiungono o sostituiscono quanto previsto dalla ‘legge Fornero’ del 2011 (e delle sue successive modifiche ed integrazioni per i lavoratori “precoci”, coloro in attività usuranti e simili (la normativa include 16 categorie). Se i due requisiti di “quota cento” sono una strada aggiuntiva per andare in quiescenza prima dei 67 anni (l’età di pensionamento in vigore dal primo gennaio), nulla cambia per le 16 categorie che già in base alla legislazione pre-esistente potevano accedere alla pensione ad età più “giovane” della regola generale. Altrimenti, in molti casi, l’accesso alla pensione si allontanerebbe anche per loro sino al raggiungimento dei due requisiti. E’ urgente un decreto chiarificatore che cancelli le nuove norme sulle indicizzazioni.

In barba al lessico, il “contributo di solidarietà” appare sempre più come un taglio strutturale (e tale da incidere sulle pensioni dei superstiti) in quanto dura otto anni (altri cinque oltre ai tre già maturati) e non ha le caratteristiche (come formulate nella sentenza della Corte Costituzionale sulla misura analoga precedente) “atte a configurare l’intervento ablativo come sicuramente ragionevole, non imprevedibile e sostenibile” .

Infine, c’è un grave problema di metodo. Nell’approntare queste misure, le parti sociali non sono state né convocate né tanto meno ascoltate. Mentre avrebbero potuto, quanto meno, se non evitare, minimizzare grossolani errori tecnici.

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