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La battaglia del buon senso in Europa si fa con Berlusconi. Parla Carfagna

I teorici realisti reputavano le teorie liberali come ottime ma solo per i tempi di pace. Negli ultimi mesi, in Italia sono molte le pubblicazioni che hanno acceso una nuova luce sulle idee liberali e neoliberali. L’ultimo in ordine di tempo è “La verità vi prego sul neoliberismo”, di Alberto Mingardi, edito da Marsilio e presentato lunedì sera dall’autore con Emma Bonino, Mara Carfagna e il politologo Angelo Panebianco.

Al termine della presentazione Formiche.net ha fatto una chiacchierata con Mara Carfagna, esponente di punta di Forza Italia, il partito che avrebbe voluto modernizzare il liberalismo e traghettarlo dalle aule universitarie alle “case degli italiani”.

Negli ultimi tempi si è tornato a parlare di liberalismo, almeno nel dibattito politico e culturale. Secondo lei perché il liberalismo è tornato di moda?

Da un lato, perché è la filosofia del buon senso e oggi c’è un deficit di sensatezza e razionalità. Dall’altro, perché è sempre sulla bocca dei suoi nemici… Sono tornati ad additarlo erroneamente come la causa di tutti i mali del presente. La globalizzazione, l’immigrazione, la deregolamentazione. Peccato che di liberalismo in Italia si è parlato molto, ma di provvedimenti liberali se ne sono visti ben pochi negli ultimi tempi, nessuno da giugno in poi.

Nel corso della presentazione del libro “La verità, vi prego, sul neoliberismo” lei ha detto che il liberalismo non è riuscito a rendersi popolare. Possiamo considerarla la criticità più importante, e il punto da cui ripartire, di Forza Italia che si è presentato sulla scena politica come il primo grande partito liberale di massa?

Il liberalismo è giustamente celebrato da critica e commentatori, ma non ha mai saputo diventare da solo maggioranza. Anche il Popolo delle libertà, che nasceva proprio dietro le insegne del liberalismo, non ebbe i numeri per governare da solo, fu costretto a scendere a patti con partiti meno liberali. Oggi vanno di moda i populismi e i sovranismi, si torna a parlare di nazionalizzazioni e statalizzazioni, ma Forza Italia non si piega alla moda. Teniamo ferma la barra.

Il presidente Berlusconi ha deciso di tornare a candidarsi. Che segnale è per il partito?

Una chiamata alle armi. L’esperienza e la saggezza del presidente sono un patrimonio che abbiamo il dovere di far fruttare. Alla sua generosità risponderemo con unità e impegno.

Il prossimo Parlamento europeo potrebbe vedere al suo interno una forte pattuglia sovranista e populista. La scelta l’ennesima “discesa in campo” del presidente Berlusconi è motivata anche dalla volontà di porre un argine a questi movimenti? E qual è il suo elettorato di riferimento?

Siamo preoccupati, non da oggi, della china che sta prendendo il mondo, soprattutto l’Occidente. Il sovranismo è la politica delle paura, l’ideologia di chi alimenta il disagio degli esclusi senza proporre soluzioni concrete ai loro bisogni. Oggi la vera rivoluzione è saper affrontare i problemi, non solo indicarli. Noi ci candidiamo a essere la forza che, nel prossimo Parlamento europeo, promuove una riforma concreta delle istituzioni Ue, per renderle più vicine ai cittadini, più snelle, più trasparenti. Con Berlusconi al governo, l’Italia è sempre stata protagonista in Europa, mai comprimaria. Dobbiamo tornare a essere al centro della scena: serve un’Italia che da pari a pari affronti la Germania e la sua ritrosia a investire e irrobustire il bilancio Ue, non che faccia la fronda con ungheresi e polacchi…

Il direttore dell’Fmi Christine Lagarde ha definito l’Italia come una minaccia per l’economia mondiale. Crede sia una preoccupazione legittima o frutto di stime eccessivamente allarmistiche?

Non ci siamo mai iscritti al partito di quelli che tifano contro il loro Paese per danneggiare il governo in carica. Non condividiamo l’allarmismo a prescindere, ma le preoccupazione per la tenuta dei conti pubblici italiani è oggi anche nostra. La legge di Bilancio 2019 è pericolosa e sbagliata, aumenta le tasse, disincentiva gli investimenti e rende più fragile il nostro Paese. Stiamo forse entrando in recessione, avremmo bisogno di misure che stimolino la competitività e la creazione di lavoro, non certo del reddito di cittadinanza.

Forza Italia ha scelto da poco di rinnovare la sua componente giovanile. Quanto è lontano il giorno in cui la “linea verde” trionferà anche ai vertici del partito?

Il nostro partito ha promosso, da sempre, il rinnovamento della classe politica come nessun altro prima. Lo ha fatto selezionando le persone sulla base della loro capacità e sul consenso raccolto nelle elezioni locali. Non in virtù di una votazione online aperta a poche decine di iscritti su una piattaforma privata. Andremo avanti per questa strada, come abbiamo fatto finora.

Che figura immagina alla testa del partito il giorno in cui il presidente Berlusconi decidesse di passare la mano? Lei se la sentirebbe di porsi alla guida del partito?

Le leadership non si improvvisano e l’approssimazione che vediamo oggi al governo sta giustamente rilanciando il valore della competenza. Alla guida di Forza Italia immagino una figura competente, concreta, di esperienza, che ha già guidato il Paese, che è apprezzato ed ascoltato ai tavoli internazionali… Immagino Silvio Berlusconi.



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