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Se la “cura” del farmaco è sbagliata…

Di Nora Garofalo
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Gli ultimi dati Istat hanno certificato il crollo della produzione industriale nel nostro Paese, con un preoccupante -2,6%. Nel panorama economico nazionale c’è invece un settore che non solo tiene botta a questa nuova fase di debolezza dell’economia, ma addirittura fa registrare segni positivi. Mi riferisco alla farmaceutica, che a novembre 2018, per esempio, ha ottenuto un interessante +1,3% alla voce “produzione di prodotti farmaceutici” rispetto al dato di novembre 2017. Un dato che è ancora più significativo se confrontato con quello degli altri settori, come ad esempio l’ auto (-19,4%), l’attività estrattiva (-9,7%) o l’industria del legno, della carta e stampa (-10,4%).

Dal Rapporto Nomisma Industria sulla farmaceutica, presentato nei giorni scorsi, arrivano altri dati molto interessanti: un miliardo di investimenti in ricerca e sviluppo nel 2018 (erano 552 milioni nel 2013), e negli ultimi dieci anni +70% del fatturato delle aziende e +57% di occupati. Numeri che confermano il prestigio e la forza del settore, che continua ad essere il primo hub produttivo nell’Unione europea, con oltre il 70% di export dei 31 miliardi di produzione all’anno.

Alla luce di questi dati appare ancora più preoccupante quanto previsto dal “Documento in materia di Governance farmaceutica”, annunciato dal ministro della Salute, Giulia Grillo. Le misure contenute nelle 16 pagine del documento, infatti, avrebbero ripercussioni e implicazioni pesantissime sull’industria farmaceutica, sulla ricerca e sull’innovazione, mettendo letteralmente a rischio l’intero settore. E investirebbero anche la comunità, con rischi per la salute dei pazienti. Cito tra queste, ad esempio, l’applicazione forzata del criterio dell’equivalenza terapeutica finalizzata alla revisione del prontuario farmaceutico o all’implementazione di gare regionali secondo criteri di categorie omogenee, o il pesante indebolimento dei diritti di proprietà intellettuale.

Il Servizio Sanitario Nazionale, come ha dichiarato anche lo stesso ministro, resta un pilastro del nostro welfare sociale e la più grande impresa del Paese. Privilegiare la contabilità rispetto alla qualità ed all’efficacia sarebbe un errore imperdonabile e dalle ripercussioni pesantissime.

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