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Populismo e nazionalismo minano il sistema multilaterale. Il discorso del Papa al Corpo diplomatico vaticano

Alcuni odierni atteggiamenti “rimandano al periodo tra le due guerre mondiali, durante il quale le propensioni populistiche e nazionalistiche prevalsero sull’azione della Società delle Nazioni. Il riapparire oggi di tali pulsioni sta progressivamente indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale e di una progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni”. In quello che è comunemente considerato come il discorso più politico dell’anno, la tradizionale udienza al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno, Papa Francesco, come era da aspettarselo, ha toccato tanti e diversificati argomenti che riguardano l’attualità della geopolitica internazionale, cercando con il piglio del Buon Pastore degli uomini di tutto il mondo, di ogni credo e provenienza, di indirizzare quelle relazioni umane che sempre più sembrano precipitare verso quella condizione di guerra mondiale a pezzi, definizione coniata dallo stesso Pontefice.

Medio Oriente, Africa, America Latina, Cina. Per tutti i paesi il Papa suggerisce di guardare alla società con un occhio solidale, attraverso una strategia fondata su quattro pilastri, ribaditi nel messaggio della Giornata Mondiale della Pace dell’anno scorso, vale a dire accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Che si integrano in pieno con i quattro principi enunciati da Francesco nell’enciclica Evangelii Gaudium, e che precedono, infine, le beatitudini del politico che hanno caratterizzato invece il messaggio per questo capodanno, in opposizione ai vizi della cattiva politica. È importante che “nel tempo presente non venga meno la volontà di un confronto sereno e costruttivo fra gli Stati, pur essendo evidente come i rapporti in seno alla comunità internazionale, e il sistema multilaterale nel suo complesso, stiano attraversando momenti di difficoltà, con il riemergere di tendenze nazionalistiche, che minano la vocazione delle Organizzazioni internazionali ad essere spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi”, ha infatti affermato Francesco.

“Ciò è in parte dovuto a una certa incapacità del sistema multilaterale di offrire soluzioni efficaci a diverse situazioni da tempo irrisolte, come alcuni conflitti congelati, e di affrontare le sfide attuali in modo soddisfacente per tutti”, ha aggiunto, mettendo in primo piano gli insegnamenti di Paolo VI tra cui il “memorabile discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite”. Tra le cause delle difficoltà dello sviluppo di una politica internazionale guidata dal multilateralismo, “il risultato dell’evoluzione delle politiche nazionali, sempre più frequentemente determinate dalla ricerca di un consenso immediato e settario, piuttosto che dal perseguimento paziente del bene comune con risposte di lungo periodo”, oppure “l’esito dell’accresciuta preponderanza nelle Organizzazioni internazionali di poteri e gruppi di interesse che impongono le proprie visioni e idee, innescando nuove forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell’identità, della dignità e della sensibilità dei popoli”. O ancora, la “conseguenza della reazione in alcune aree del mondo ad una globalizzazione sviluppatasi per certi versi troppo rapidamente e disordinatamente, così che tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione”, che porta il Pontefice ad affermare che “bisogna dunque prestare attenzione alla dimensione globale senza perdere di vista ciò che è locale”.

Il Papa, in tutto ciò, si è ben guardato dal non citare “un accentuato malessere che sempre più si sta sviluppando tra i cittadini di non pochi Paesi, i quali percepiscono le dinamiche e le regole che governano la comunità internazionale come lente, astratte e in ultima analisi lontane dalle loro effettive necessità”. “Nella nostra epoca, preoccupa il riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali”, ha infatti spiegato Francesco, affermando che per questa ragione “è opportuno che le personalità politiche ascoltino le voci dei propri popoli e che ricerchino soluzioni concrete per favorirne il maggior bene”. Per questo, ha chiosato il Pontefice, “sarebbe opportuno riscoprire” la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e il suo “carattere universale, oggettivo e razionale”, affinché “non prevalgano visioni parziali e soggettive dell’uomo, le quali rischiano di aprire la via a nuove disuguaglianze, ingiustizie, discriminazioni e, in estremo, anche a nuove violenze e soprusi”.

Il Pontefice infatti ha ricordato agli ambasciatori di mantenere ben salda, al primo posto, la “difesa dei deboli”, e che per promuovere questo obiettivo “la Santa Sede stessa si è fatta, nel corso di questi anni, promotrice di diversi progetti a sostegno dei più deboli, che hanno ricevuto appoggio anche da diversi soggetti a livello internazionale”. “Il mio pensiero va pure ai diversi Paesi europei che hanno generosamente offerto ospitalità a chi si è trovato in difficoltà e pericolo”, ha affermato il Papa, sgranando uno ad uno i nomi dei Paesi in guerre e crisi, e le loro problematiche: Siria e Medio Oriente, i prossimi viaggi apostolici in Marocco e negli Emirati Arabi Uniti, la penisola coreana e “segnali positivi che sono giunti”, il bisogno di “dialogo fra Israeliani e Palestinesi”, la ricerca di “vie istituzionali e pacifiche” per “l’amato Venezuela”, l’Africa che, “al di là di diverse drammatiche vicende, rivela un potenziale dinamismo positivo, radicato nella sua antica cultura e tradizionale accoglienza”. O infine la Cina, per la quale Bergoglio ha ringraziato “il Signore che, per la prima volta dopo tanti anni, tutti i Vescovi sono in piena comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale”.

“Tra i deboli del nostro tempo che la comunità internazionale è chiamata a difendere ci sono, insieme ai rifugiati, anche i migranti”, ha poi ricordato ancora il Vescovo di Roma, facendo una distinzione netta tra queste categorie, subito dopo l’appello lanciato soltanto ieri per i 49 migranti delle due navi ferme da settimane nel Mediterraneo, la Sea Watch e la Sea Eye. “Ancora una volta desidero richiamare l’attenzione dei Governi affinché si presti aiuto a quanti sono dovuti emigrare a causa del flagello della povertà, di ogni genere di violenza e di persecuzione, come pure delle catastrofi naturali e degli sconvolgimenti climatici, e affinché si facilitino le misure che permettono la loro integrazione sociale nei Paesi di accoglienza”, ha incalzato Bergoglio, ricordando allo stesso modo che “occorre poi che ci si adoperi perché le persone non siano costrette ad abbandonare la propria famiglia e nazione, o possano farvi ritorno in sicurezza e nel pieno rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani”. “Tuttavia, ritengo che a una questione così universale non si possano dare soluzioni parziali. Le recenti emergenze hanno mostrato che è necessaria una risposta comune, concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati”, ha aggiunto Francesco, riferendosi ai due Global Compacts sui Rifugiati e sulla Migrazione sicura, per i quali “la Santa Sede si è adoperata attivamente nei negoziati e per l’adozione”.

Bergoglio, in conclusione, si è occupato anche di temi come la “piaga degli abusi fisici e psicologici sulle donne”, le “condizioni dei lavoratori”, il “crescente sviluppo tecnologico che sottrae posti di lavoro”, la “piaga del lavoro minorile e delle nuove forme di schiavitù”, la “progressiva diminuzione del valore delle retribuzioni, specialmente nei Paesi sviluppati, e la persistente discriminazione delle donne negli ambienti lavorativi”. Prima di toccare, infine, il tema degli abusi nella Chiesa, a poche settimane dall’incontro che si svolgerà a febbraio, in Vaticano, con i capi delle conferenze episcopali di tutto il mondo. “Gli abusi contro i minori costituiscono uno dei crimini più vili e nefasti possibili”, ha affermato Francesco. “Essi spazzano via inesorabilmente il meglio di ciò che la vita umana riserva ad un innocente, arrecando danni irreparabili per il resto dell’esistenza. La Santa Sede e la Chiesa tutta intera si stanno impegnando per combattere e prevenire tali delitti e il loro occultamento, per accertare la verità dei fatti in cui sono coinvolti ecclesiastici e per rendere giustizia ai minori che hanno subìto violenze sessuali, aggravati da abusi di potere e di coscienza”, ha aggiunto ancora, sottolineando che “l’incontro che avrò con gli episcopati di tutto il mondo nel prossimo febbraio intende essere un ulteriore passo nel cammino della Chiesa per fare piena luce sui fatti e lenire le ferite causate da tali delitti”.

La Santa Sede, come afferma una nota informativa vaticana diffusa prima del discorso, intrattiene attualmente relazioni diplomatiche con 183 Stati, oltre all’Unione Europea e al Sovrano Militare Ordine di Malta, mentre sono 89 le Cancellerie di Ambasciata con sede a Roma. Tra agli accordi raggiunti nel 2018, c’è quello con la Repubblica di San Marino per l’Insegnamento della Religione cattolica nelle scuole pubbliche, con la Repubblica del Benin sullo Statuto giuridico della Chiesa Cattolica nel paese, oppure l’Accordo Provvisorio con la Repubblica Popolare Cinese. A luglio il Vaticano ha poi depositato lo strumento di ratifica della Convenzione Regionale dell’Unesco sul riconoscimento delle qualifiche dell’insegnamento superiore in Asia e nel Pacifico, e in seguito ha aderito all’Accordo Parziale allargato sugli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa. Prima che, il 30 novembre 2018, lo Stato della Città del Vaticano è stato ammesso all’Area Unica per i pagamenti in euro.

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