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Perché per l’Italia si prospetta una lunga estate gelida

Per l’Europa si prospetta una lunga estate fredda, che per l’Italia potrebbe essere gelida. Non è una novità per i lettori di questa testata dato che da mesi i commentatori avvertono che il ciclo espansivo americano – il più lungo ed il più sostenuto in tempo di pace – si sta esaurendo, proprio mentre la seconda maggiore economia mondiale, la Cina, pare essere quasi in stagnazione, la Germania in rallentamento ed il pericolo di una guerriglia commerciale è alle porte. Dalla recessione iniziata nel 2008, il resto del mondo (pure la vecchia bella addormentata Europa) è uscito da tempo, mentre in Italia c’è stata una debole ripresa, seguita da una seconda stagnazione, da un fragile recupero e da una recessione che minaccia di essere più grave delle altre due di questa prima fase del ventunesimo secolo. Nello sfondo c’è una produttività che ristagna da circa venticinque anni.

Perché l’estate fredda europea diventa gelida in Italia? In primo luogo, la tempistica. Il recupero fragile del 2017 è finito molto presto, proprio mentre a via Venti Settembre si ipotizzava per il 2019 una crescita se non sostenuta almeno adeguata per un Paese maturo, a bassa produttività e caratterizzato da un severo invecchiamento della popolazione. Invece è dall’inizio dell’autunno che l’andamento del Pil è preceduto da un segno negativo. Il governo in carica sostiene che la responsabilità è degli esecutivi che lo hanno preceduto, della Commissione europea, di George Soros ed altri “poteri forti”, della buon amica Tina Pica e via discorrendo. In breve di tutti coloro a cui non garba “il cambiamento”.

In secondo luogo, la politica economica. Non quella monetaria poiché sino alla fine del 2018, la Banca centrale europea ha mantenuto una linea sostanzialmente “espansionista” ma quella che gli anglosassoni chiamano fiscal ed per la quale in Europa continentale il termine esatto è “di bilancio”. Dallo scorso settembre, il governo in carica sostiene che per contrastare le politiche di bilancio sotto il segno dell’austerità” del passato ha lanciato una politica di bilancio “espansionista”. Le cifre dicono che non ci fu “austerità” poiché i saldi primari sono stati molto bassi o negativi, causando un aumento del debito pubblico e del suo rapporto con il Pil (se le risorse nelle mani dei governi siano state utilizzate bene o male è un altro tema). Le cifre, poi, dicono che la manovra di bilancio messa in campo dal Governo in carica non è espansionista ma contrattiva per queste ragioni: a) aumento della pressione tributaria (più verosimilmente di un punto di Pil non di mezzo punto come stimato benevolmente dall’Ufficio parlamentare di bilancio Upb); b) riduzione della capacità di spesa di circa 12 milioni di italiani (de-indicizzazione e tagli alle pensioni); c) inesistenza o quasi di nuovi investimenti pubblici e blocco dei cantieri di quelli già finanziati ed in corso di esecuzione. Le prime due – a e b – frenano la domanda, la terza – c – l’offerta. C’è anche il rischio di instabilità finanziaria a ragione dell’aumento del rapporto debito: Pil provocato da spesa assistenziale finanziata in deficit.

A tali determinanti, si aggiunge il disorientamento di imprese e cittadini a fronte di dichiarazioni contraddittorie di due partner legati da un contratto ambiguo ma che esprimono blocchi sociali contrapposti. Partner la cui luna di miele pare già diventata di fiele.

Le previsioni econometriche (di 20 differenti istituti internazionali, tutti privati, nessuno italiano) suggeriscono che la discesa sarà graduale e si sentirà nei portafogli degli italiani in estate, quindi dopo le elezioni europee. Lo sanno, con un pizzico di cinismo, anche i partner del contratto di governo i quali sperano che la nuova recessione non si faccia troppo sentire nelle delle urne.

Dei due partner, uno è stato molto astuto nell’incidere sul “blocco sociale” dell’altro, anche se non soprattutto ai fini della competizione per elezioni di maggio. Il blocco agli investimenti in essere, la procrastinazione di quelli programmati, la riduzione della capacità di spesa dei pensionati con trattamenti che superano 1500 euro al mese ed anche la creazione di una veterosovietica “Centrale per la progettazioni” che spiazza un settore – quello dell’ingeneering – una vera perla del “made in Italy”, ha l’obiettivo malcelato di depotenziare il blocco sociale di uno dei due partner.

Nei “contratti”, e nei matrimoni, quando uno dei due partner inganna l’altro si va dal giudice. Ma dato il costo e i tempi della magistratura, è probabile che ci siano, prima del tribunale, legnate.

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