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Export, quanto crescono le imprese italiane sui mercati esteri

Di Roberto Monducci
export

La recente evoluzione congiunturale dell’economia italiana, caratterizzata da flessioni della domanda interna e da un contributo positivo alla crescita del Pil da parte della domanda estera netta, ripropone il tema della rilevanza dell’internazionalizzazione del sistema produttivo per lo sviluppo economico del Paese. Si tratta di un fattore complesso, il cui ruolo è stato di cruciale importanza durante la “doppia crisi”, avviatasi nel 2008 e terminata nel 2013, principalmente attraverso il sostegno dell’export ai livelli di attività.  Il 2017 ha confermato un elevato e crescente livello di competitività dell’Italia sui mercati esteri, con un tasso di espansione dell’export che ha visto il nostro Paese al terzo posto tra i primi dieci esportatori mondiali. Tra il 2012 e il 2017 l’Italia ha aumentato la propria quota sul commercio mondiale nei settori degli autoveicoli, nella farmaceutica, nella chimica e nell’alimentare.

Considerando gli ultimi anni tre anni, il fatturato da export manifatturiero è aumentato di oltre il 20%, cinque punti percentuali in più di quello interno. Escludendo l’energia, il settore dei beni strumentali è quello che ha registrato il maggiore differenziale di crescita tra vendite all’estero e all’interno, seguito dal comparto dei beni di consumo e da quello dei beni intermedi.

I diversi settori manifatturieri hanno mostrato dinamiche di export notevolmente diverse: quattro comparti hanno aumentato il fatturato estero di oltre il 30%: si tratta dell’industria delle bevande, delle “altre industrie manifatturiere” (soprattutto gioielleria e bigiotteria, giochi e giocattoli, articoli sportivi), della metallurgia, dell’industria del legno, dei prodotti in metallo. All’estremo opposto, diversi settori hanno mostrato dinamiche deboli o negative: si tratta dei comparti delle apparecchiature elettriche, della carta e prodotti di carta, degli altri mezzi di trasporto, dei prodotti di abbigliamento.  I maggiori differenziali di crescita tra vendite all’estero e all’interno hanno riguardato l’industria delle bevande, seguita dalla fabbricazione di autoveicoli, dall’industria degli altri mezzi di trasposto, dai prodotti in pelle. Dinamiche opposte, con una espansione estera inferiore a quella interna, hanno coinvolto le imprese della lavorazione dei minerali non metalliferi, della fabbricazione della carta e dei prodotti in carta, dell’abbigliamento, delle apparecchiature elettriche.

Queste tendenze segnalano da un lato una persistente e intensa spinta all’internazionalizzazione commerciale del nostro sistema manifatturiero, dall’altro complesse relazioni tra domanda interna e domanda estera. Alla base della buona performance estera nella nostra manifattura negli ultimi anni ci sono certamente fattori di domanda favorevoli, ma soprattutto la capacità del sistema esportatore di  aumentare la propria competitività attraverso comportamenti dinamici sia sul piano produttivo sia per quanto riguarda le strategie.

Il cuore del nostro sistema export è rappresentato da poco meno di 50 mila imprese manifatturiere con almeno 10 addetti. Questo segmento mostra una dimensione media di circa 50 addetti per impresa (contro i 19 addetti delle sole imprese domestiche), una produttività del lavoro di circa 60,7 mila euro (del 37 per cento superiore a quella media delle unità orientate esclusivamente al mercato interno, differenziale verificato in tutte le classi dimensionali), un costo del lavoro per dipendente di 40 mila euro (+24 per cento rispetto alle imprese orientate solo al mercato domestico) e, di conseguenza, una profittabilità lorda significativamente più elevata. Le imprese esportatrici mostrano infine una quota media di fatturato esportato pari a poco meno del 30 per cento, esportano mediamente 13 prodotti, in 4 aree geo-economiche e 15 paesi, mostrando quindi un’esposizione estera da sviluppare ulteriormente e una significativa dipendenza dal mercato interno.

Un elemento da rilevare è che l’espansione dell’export degli ultimi anni è stata sostenuta da una intensa attività innovativa messa in campo dalle imprese: tra il 2012-2014 e il 2014-2016 si rileva un incremento di 7 punti percentuali della propensione innovativa delle imprese manifatturiere italiane, che coinvolge circa il 58 per cento delle unità. Le imprese esportatrici mostrano una propensione innovativa mediamente superiore di oltre 12 punti percentuali rispetto a quelle orientate al solo mercato interno. In particolare, la compresenza di innovazioni tecnologiche (cioè di prodotto e processo) e innovazioni organizzative e di marketing sembra rappresentare, a prescindere dalla dimensione aziendale, un tratto distintivo delle imprese esportatrici che tende ad affermarsi in misura crescente all’aumentare della loro esposizione sui mercati internazionali.

Si tratta di evidenze che testimoniano lo sforzo compiuto dalle imprese italiane per intercettare al meglio la ripresa globale ed il ruolo propulsivo svolto dall’esposizione estera per migliorare le loro condizioni competitive sia sui mercati esteri sia su quello interno, con effetti strutturali permanenti, al di là delle dinamiche cicliche.


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