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Dalla piazza al governo. Perché non è scontato che i gilet gialli seguano l’iter di M5S

gilet gialli

Il tweet di Luigi Di Maio che apre ai “gilet gialli” d’oltralpe ha una ratio? Porterà vantaggi in termini di consenso ai Cinque Stelle o è stato un boomerang? Quali ragionamenti hanno spinto il vicepremier, evidentemente d’accordo con i suoi esperti di comunicazione, ad uscire così apertamente allo scoperto? Quanto sono vicini i pentastellati ai rivoltosi francesi?

Il primo elemento da considerare è che la comparsa pubblica sulle piazze dei “gilet gialli” è stata repentina, non annunciata, così come avvenne dieci anni fa con la nascita in Italia dei grillini. Probabilmente, oggi è molto più semplice di un tempo organizzare gruppi di interesse e azione direttamente sul web. È un fatto: prendiamone atto. Alle spalle dell’uno e dell’altro movimento c’è poi un simile, generico e confuso (nel senso che non è organizzabile a sistema), moto di insoddisfazione per la vecchia politica, anche se le impellenze del movimento francese sembrano essere più marcatamente sociali.

Lo stesso manifesto programmatico presentato qualche settimana fa dai francesi, proprio per la non riducibilità a un minimo comune denominatore delle rivendicazioni e richieste al governo, presuppone una idea postideologica della politica molto vicina a quella che hanno i grillini. C’è però una differenza non da poco fra i due movimenti: i grillini hanno sempre tenuto la violenza lontana dalle loro manifestazioni, anzi si sono proposti pubblicamente proprio come un gruppo di persone non violente e perbene che reclamavano di sostituirsi alle vecchie classi dirigenti in nome di “valori sani”. Si sono poi subito dopo presentati alle varie tornate elettorali, accettando implicitamente le regole del sistema. Oggi sono al governo. Che i francesi seguano questo iter, non ne sarei sicuro.

Da questo punto di vista, il passo di Di Maio sembra incauto e affrettato e denuncia le difficoltà del Movimento. Due difficoltà soprattutto, strettamente legate fra loro: quella sul fronte interno, ove Salvini è riuscito a capitalizzare oltre ogni immaginazione i primi sei mesi al governo; quella sul fronte europeo, ove, sempre al contrario dei leghisti, i Cinque Stelle non hanno molti potenziali alleati. Resta confermato che italia e Francia vivono un profondo malessere sociale di cui la vecchia politica è sicuramente un aspetto, ma a cui le nuove forazioni non riescono ancora a dare una risposta convincente.

Viviamo una fase di transizione ed è in quest’ottica che dobbiamo porci, non sognando improbabili restaurazioni del vecchio potere. Occorre isolare assolutamente i violenti e favorire nuove e accettabili sintesi ed equilibri politici. Di Maio dovrebbe chiarire ancora meglio che è questo che egli cerca.

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