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Dialogo e scambio culturale. Ecco La Sapienza oggi, tra generazione Erasmus ed Europa

Di Rebecca Ciavari
Sapienza

“In un momento in cui l’Europa si ripensa e vi sono – anche legittimi – dubbi e paure sulla sua stabilità e sul suo futuro, le università devono continuare a essere un faro di dialogo e scambio culturale”. Sono queste le parole del Magnifico Rettore della Sapienza Eugenio Gaudio, che ha aperto l’inaugurazione dell’anno accademico giovedì 17 gennaio. Al centro della cerimonia, l’Europa declinata nel suo percorso istituzionale ed economico ma soprattutto culturale, con uno sguardo attento nei confronti dei punti di forza dell’Europa attraverso le lenti dell’università.

Il sogno di un’Europa unita nel rispetto autentico delle differenze nazionali non può realizzarsi senza il riconoscimento e la promozione del valore essenziale dell’università, ha esordito il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti. “Abbiamo dato inizio a un cammino virtuoso che intendiamo rafforzare nei prossimi anni”, ha proseguito, riferendosi al decreto sui punti organici che mira alla crescita delle assunzioni nelle università. “Non ci sono tagli, ma misure concrete e puntuali”.

A confermare quanto detto dal ministro, le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, secondo cui il livello di investimenti nella ricerca in Italia non sarebbe ancora adeguato. Il governo, però, ci ha tenuto a precisare il premier, si sta impegnando per mettere a disposizione degli atenei le opportune risorse per favorire una politica di nuove assunzioni. D’accordo anche Eugenio Gaudio, che ha rimarcato come “il Paese deve comprendere che solo l’investimento in ricerca e innovazione, quello in formazione e valorizzazione del proprio pregiato capitale umano, cioè i nostri giovani apprezzati forse all’estero più che in patria, può farci ripartire dalle secche di una crisi prolungata; altrimenti, l’Italia appare destinata a un lento ma inesorabile declino”.

Si deve fare il possibile “perché i giovani siano trattenuti nel nostro Paese e possano realizzare le loro aspirazioni”, ha confermato Giuseppe Conte. Per mantenere l’Italia competitiva e arginare la fuga di cervelli, il presidente ha confermato l’impegno del governo nella difesa del diritto allo studio, ricordando che “il diritto alla conoscenza e alla formazione rappresentano valori di assoluto rilievo, non solo in quanto sanciti a livello costituzionale, ma perché scritti come cifre indelebili nella nostra cultura giuridica”. Per questi motivi, secondo il premier, l’accesso all’università non può essere un valore negoziabile.

Non sono mancati, però, i riferimenti all’Europa e, con ottica al mondo universitario, alla collaborazione tra i Paesi come strumento per la costruzione dello Spazio comune dell’istruzione superiore e la cooperazione per la mobilità degli studenti tramite i progetti Erasmus ed Erasmus+: “Il favore per l’Europa è sempre e invariabilmente più largo fra i giovani, in misura tale da portare a concludere che i giovani, specie quelli scolarizzati, sono in realtà europeisti perché, a differenza delle generazioni che li precedono, hanno avuto una formazione europea e ne sono consapevoli”, ha confermato Giuliano Amato.

“L’idea di Europa era cresciuta nel corso dei secoli, ma a nutrirla non è stata la politica, bensì i tanti fili della cultura europea inizialmente stesi dai monaci e dai professori”, ha poi aggiunto il giudice, secondo cui il processo di integrazione alimentato dalla “forza dell’orrore” e dal voler arginare ad ogni costo la possibilità di “un’altra guerra sanguinosa”, ha generato alcune fratture che hanno alimentato, a loro volta, “identità anche culturali sempre più contrapposte e sempre meno disponibili alla composizione”. Tuttavia, secondo Amato, questa Europa “non è tornata al punto di partenza: le istituzioni europee sono solide e radicate nella loro autorità e non solo stanno reggendo, hanno anche dimostrato, durante gli ultimi difficili anni, di essere in grado di adeguarsi e di innovare”.

Il percorso compiuto sino ad ora dall’Europa è stato frutto non solo dei trattati e delle manovre economiche, ma anche della rivoluzione della vita quotidiana che, anche tramite la mobilità universitaria della generazione Erasmus, ha realizzato “una felice ambiguità di cittadinanza: essere e sentirsi europei, partendo dalla forza dell’identità delle diverse culture nazionali”, ha concluso il Rettore. Nonostante la forza originaria della motivazione europea si sia spenta con le generazioni che hanno alimentato questa fiamma, “c’è un nuovo europeismo che sta prendendo corpo” ed è sostenuto dai giovani e dalla loro formazione europea. “Diamogli il tempo di assumere le redini. È ben possibile che ritrovi il percorso tracciato dai suoi progenitori. La piccola speranza è tutta qui. Ma non è poi tanto piccola se la sapremo coltivare”.

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