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Libia, tutte le mosse di Haftar dopo l’attacco di Capodanno

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Un inizio di anno complicato attende la Libia, a seguito dell’attacco del 28 dicembre scorso contro le truppe del generale Khalifa Haftar. L’uomo forte della Cirenaica ha deciso la contromossa e invia ulteriori truppe nella Libia meridionale dopo che i combattenti dell’opposizione ciadiana avevano sequestrato veicoli militari e ucciso un ufficiale.

I progetti di Haftar, gli occhi di Fayez Al Serraj che controlla da vicino il suo competitor, le indiscrezioni sul futuro elettorale di Saif, la possibile interlocuzione degli Emirati Arabi e le voci sulla “voglia di Italia”.

MOSSA

Le milizie filo-Haftar si trovano in tre basi militari: Tamant Al-Hind, Al-Waw e Brak Al- Shati. E potrebbero contare presto anche sull’appoggio degli Emirati Arabi. Secondo media locali alcuni testimoni oculari hanno affermato che un numero significativo di forze armate, equipaggiamenti e armi sono arrivati nelle basi in questione. L’obiettivo è prendere il controllo delle città del sud per indebolire il Gna (Government of National Accord) sostenuto a livello internazionale.

Al momento si sta facendo strada l’ipotesi, ripresa anche da Al Jazeera, che gli Emirati Arabi Uniti possano giocare un ruolo nella creazione di uno stato di agitazione nella parte meridionale della Libia.

Alcune fonti citate riportano che gli Emirati sarebbero arrivati anche ad offrire ai capi militari della Gna nelle ricompense. Inoltre una delegazione delle tribù del sud, nota per essere fedele ad Haftar, avrebbe visitato gli Emirati Arabi Uniti all’inizio del mese scorso.

QUI ISIS

Il nodo riguarda anche il contesto in cui si è svegliata la Libia in questo inizio di 2019: infatti il 1 gennaio un attentatore suicida si è fatto esplodere davanti a una stazione di polizia nella città sud-occidentale di Ghadwa, situata a 60 chilometri a sud di Sabha, nella regione del Fezzan, il “punto debole” di sempre nel paese con le maggiori sacche di povertà, quindi dove l’Is attecchisce più facilmente.

Spicca, di questo attentato, il fatto che sia giunto pochi giorni dopo che le forze leali ad Haftar hanno rilasciato 12 membri del gruppo terroristico Daesh vicino a Ghadwa.

Il ruolo dell’Isis in Libia non è mai cessato del tutto: lo dimostrano i fatti dell’ultimo mese che hanno accompagnato i dialoghi per una possibile tornata elettorale.

Nell’ultima settimana del 2018 i terroristi hanno attaccato la sede del ministero degli Esteri a Tripoli, uccidendo due persone e ferendone altre 10. Inoltre hanno minacciato di lanciare una serie di attacchi continui alle istituzioni libiche.

Come ammesso ufficialmente sulla stampa straniera anche dal ministro dell’Interno libico Fat’hi Bashagha il paese e i suoi ministeri soffrono di una grande corruzione finanziaria e amministrativa, “che deve essere combattuta e controllata”. È la ragione per cui si rende necessario “riabilitare tutti i membri dei gruppi armati per farli aderire al ministero”.

Si registra anche la proposta del ministro degli Esteri Mohamed Sayala di sospendere parzialmente l’embargo internazionale sulle armi in Libia al fine di migliorare la sicurezza interna.

QUI ONU

Una situazione molto delicata, in cui la reazione dell’Onu si ritrova nella parole dell’inviato speciale Ghassam Salamè: ha espresso la speranza che il 2019 sia un anno di consenso tra tutti i libici su quello che ha definito un “compromesso storico”. In un tweet osserva che il suo lavoro ha il compito di unificare le istituzioni statali, rinnovare la leadership, imporre la logica dello stato, contribuire a chiudere il capitolo del linguaggio delle armi che ha diviso il paese, combattere il terrorismo e porre fine alle interferenze esterne.

FARE SQUADRA

Per questa ragione il governo libico appoggiato dall’Onu ha deciso di cooperare con i servizi di sicurezza della Libia orientale. Bashagha, ministro degli interni, ha così concesso il permesso a tutti i dipartimenti e alle direzioni della sicurezza del ministero di contattare ufficialmente i loro omologhi a est, al fine di coordinare indagini e interventi.

L’azione è il frutto di una strategia concordata nata al termine di un meeting tra un gruppo di poliziotti e di agenti di sicurezza provenienti da diverse parti del paese che sabato scorso si sono incontrati a Bengasi per programmare nuove iniziative legate ad una maggiore sicurezza.

Nel mezzo la possibilità che, accanto al settore della sicurezza, possa compiere dei progressi significativi anche quello legato al business: lo dimostra l’incontro che il neo ministro del governo locale, Milad Al-Taher, ha effettuato con il vice ambasciatore italiano in Libia, Nicola Orlando, a Tripoli.

Al-Taher ha ufficialmente chiesto il ritorno delle società italiane in Libia al fine di rafforzare la cooperazione con un programma improntato alla ripresa, alla stabilità e allo sviluppo socio-economico.

twitter@FDepalo

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