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È la lungimiranza che fa di un politico uno statista. Pomicino ricorda Andreotti

La storia di un paese è quasi sempre costellata da pochi giganti della politica, delle arti della letteratura e delle scienze. In Italia tra i pochi giganti della politica spicca Giulio Andreotti, 7 volte presidente del consiglio, 27 volte ministro e primo artefice della nostra politica estera nel periodo repubblicano in cui la voce dell’Italia veniva ascoltata e spesso seguita. Basta ricordare quando Andreotti, come presidente della interparlamentare, portò a Montecitorio Yasser Arafat all’epoca ritenuto dagli americani un terrorista e che 18 anni dopo partecipò al vertice di pace arabo-israeliano sotto la regia di Bill Clinton a camp David. Allo stesso modo Andreotti avvertì per tempo nel 1986 Gheddafi che gli americani avevano individuato la sua posizione e stavano per bombardarlo evitando così che il leader libico venisse ucciso ben sapendo che la sua scomparsa avrebbe gettato la Libia nello scontro feroce tra le forze tribali.

Venti anni dopo, scomparso Andreotti dalla scena politica, francesi ed inglesi convinsero gli americani a bombardare la Libia e ad uccidere Gheddafi mentre l’Italia, contraria a questa avventura, non ebbe la forza di arrestare questa tragica scorribanda. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La forza, invece, la ebbe Andreotti quando nel 1991 durante la guerra del Golfo convinse Bush padre a non invadere l’Iraq anche lì conoscendo bene quali effetti avrebbe determinato la scomparsa di Saddam Hussein e come sarebbe entrata in fibrillazione una grande area mediorientale coinvolgendo oltre all’Iraq la Siria e la stessa Turchia con gli scontri atavici tra sunniti, sciiti e curdi. Dieci anni dopo i parvenu italiani non misero bocca, anzi misero una manina dei servizi di intelligence, per scatenare la invasione dell’Iraq con i risultati drammatici che dopo tanti anni e centinaia di migliaia di morti in quell’area la pace è ancora da venire e l’Occidente ha pagato un prezzo altissimo in termini di vita umane per l’insorgere di un terrorismo islamico senza orizzonti ma invasato ed omicida.

Pochi accenni quelli riferiti su Andreotti e la politica estera italiana ed europea, ma che testimoniano come i giganti della politica sappiano avere una visione internazionale ed una lungimiranza che fa di un politico uno statista di prima grandezza capace di evitare al proprio paese sacrifico e violenze. La sua lungimiranza spesso si scontrava anche con qualche amministrazione americana come nel caso di Sigonella quando, d’intesa con Bettino Craxi, circondò i Marines americani con un plotone di carabinieri rivendicando una sovranità territoriale che nessuno poteva mettere in discussione. Al confronto i cosiddetti sovranisti di oggi inteneriscono per la loro insipienza e goliardia e per la loro incapacità di prevedere gli effetti dei propri comportamenti. Con quel lungo cumulo di incarichi pubblici fu normale che i grandi potentati della repubblica lo ebbero come avversario e gli gettarono addosso di tutto e di più con la complicità di un gruppo di magistrati che offesero la dignità del paese tentando di riscrivere la storia d’Italia a proprio uso e consumo.

Ma grazie a Dio ci fu sempre un giudice a Berlino che seppe rimettere la parola fine a quello scempio che Andreotti subì difendendosi nel processo con fermezza e lucidità. A tal proposito la sentenza della Cassazione, che spesso i vegliardi denigratori di Andreotti richiamano a sproposito, disse proprio sulla questione degli anni ottanta e dei rapporti con Lima, Ciancimino e i Salvo che la “ricostruzione dei singoli episodi e la valutazione delle relative conseguenze è stata fatta (dalla corte di appello) in base ad apprezzamenti e interpretazioni che possono anche non essere condivise e a cui sono contrapponibili altre dotate di uguale forza logica che non possono essere stigmatizzate in sede di legittimità”. Insomma siamo in sede di legittimità e quelle interpretazioni non posso censurarle anche se esse sono interpretazioni contestabili con uguale forza logica. Insomma non sono una verità.

Ma al di fuori dei vari cavilli giuridici e di tutte le assoluzioni ricevute c’è un fatto incontrovertibile, Andreotti fu l’autore della più efficace azione legislativa antimafia nel periodo 1989-1992 e con lui lavorò quel Giovanni Falcone, vero eroe e conoscitore profondo della lotta contro la mafia. Tutto ciò fa giustizia di quel marciume che lottò prima lo stesso Falcone e, morto lui, Giulio Andreotti. Con il tempo la storia dimostrerà sempre più l’autorevolezza di Andreotti e della intera Dc nella difesa dell’Italia, della sua democrazia rappresentativa e del suo sviluppo lasciando nell’ombra e poi nell’oscurità i tanti interessi di poteri e di denaro che gli si rivoltarono contro. Mai come ora si apre una lunga stagione che sarà scritta con grandi sacrifici dagli uomini liberi e forti di sturziana memoria.


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