Lo spettacolo offerto dalla politica italiana, in questi giorni, è sconfortante. Molto grave, che per l’ennesima volta, vada in scena uno show propagandistico, sulla pelle di un gruppo di migranti. Tranquilli, non leggerete il solito e prevedibile attacco alla posizione muscolare del ministro degli Interni, Matteo Salvini, ma neppure l’altrettanto scontata posizione di chi sembra godere nel mostrarsi insensibile. Faccio umilmente parte di quel (mi auguro di no) ristretto numero di italiani, che non si rassegna a cedere al buonismo o al cattivismo, inseguendo cocciutamente la razionalità.
Ciò non significa che mi sfugga l’aspetto umano e non di rado intollerabile del problema. Considero, oltretutto, sconcertante il dibattito, sul numero dei migranti che il nostro paese sarebbe disposto ad accogliere (dopo averne ospitate centinaia di migliaia!), rimpallandosi sesso ed età, come elementi discriminanti. Detto questo, non se ne può più di continui rinvii e finte soluzioni. In anni, in cui il tema è costantemente restato al centro della polemica politica, non siamo riusciti a organizzare uno straccio di veloce identificazione e inevitabile scrematura di chi arrivi sulle nostre coste.
Abbiamo giustamente e più volte lamentato l’indifferenza europea, come se l’Italia si fosse in qualche modo resa protagonista e promotrice di una soluzione, quando le maree umane hanno premuto su i confini di altri paesi. Questa considerazione non solleva i nostri partner dalle loro responsabilità, ma deve aiutare a sottolineare le nostre di mancanze, i nostri ritardi e le nostre promesse disattese. Come, per esempio, il rimpatrio di centinaia di migliaia di clandestini.
Che siano ancora da noi non è evidentemente imputabile a nessuno. Così, abbiamo trasformato quella che è una vitale opportunità per il nostro ciclo economico in una rissa permanente, buona solo alla caccia del consenso. E vale per tutti, nessuno escluso.
Sull’altare del buonismo e del cattivismo abbiamo sacrificato la ragione, invocando ora gli interessi “degli italiani”, ora una pretesa umanità. Mostriamo i muscoli o tendiamo le mani, come in un’infinita partita a scacchi. Ci consumiamo di tattica, dimenticando una strategia degna di questo nome. Ad oggi, infatti, nessuno potrebbe onestamente dire quale possa essere la politica italiana, nella gestione di quell’asset strategico, che è l’immigrazione controllata e gestita, nel III millennio.
Pensiamo alle elezioni di maggio, ignoriamo completamente le esigenze economiche e di sviluppo di un Paese, che banalmente non può accogliere tutti, ma neppure pensare di fare a meno di un’immigrazione sempre più qualificata e mirata. Non porterà molti like, ma la verità è cocciuta. Meglio dirsela.