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Tutti i dettagli sui progetti missilistici degli Stati Uniti

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Nei prossimi decenni, la competizione globale si giocherà nel campo della missilistica. Lo ha certificato la Missile defense review (Mdr) degli Stati Uniti, presentata ieri da Donald Trump insieme al segretario alla Difesa pro tempore Patrick Shanahan. Il documento del Pentagono individua con chiarezza gli avversari (Mosca e Pechino in primis), lanciando una serie di progetti che hanno l’obiettivo di aumentare la difesa e la capacità di deterrenza. Per capirne meglio i dettagli, ne abbiamo parlato con Paolo Crippa, analista del desk Difesa e sicurezza del Centro studi internazionali (Cesi).

IL MONDO PUNTA SULLA MISSILISTICA

“A livello globale, stiamo assistendo a un un significativo e crescente build up, con lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia non solo dei grandi noti, Stati Uniti, Russia e Cina, ma anche da parte di Paesi che non si erano affacciati ancora in questo campo, come India e Pakistan”, ha spiegato l’esperto. In questo trend complessivo, “il comparto missilistico ha sicuramente avuto più risorse e più investimenti. La proliferazione su più fronti è una conseguenza dell’emersione di un ordine multipolare, dove altri Paesi, come Cina e India, si stanno affacciando al panorama tecnologico della difesa; non è più un confronto a due tra Russia e Stati Uniti”. Difatti, “i missili rappresentano una tecnologia più cost effective rispetto ad esempio a un aereo, che è più complesso da realizzare e che consente, a livello strategico, una minore power projection”. In questo modo, Paesi che non hanno possibilità di spesa enormi, come Iran e Russia (ricordiamo che Mosca ha “un Pil inferiore a quello italiano e che ha ridotto il bilancio della Difesa del 20% nell’ultimo anno”) preferiscono “investire sui missili, così da avere uno strumento strategico più efficace, anche a livello di costi”.

LA DETERRENZA

Per quanto riguarda la Missile defense review del Pentagono, si conferma la lista degli avversari già emersa nei precedenti documenti strategici: Iran e Corea del Nord per le minacce regionali, Russia e Cina per il confronto globale. Proprio la competizione con Mosca e Pechino rappresenta la maggiore novità rispetto alla precedente edizione della Revisione missilistica (targata Obama, nel 2010), nella quale uno scontro era considerato “improbabile”. Nonostante ciò, anche oggi “non c’è un rischio di confronto sul piano missilistico; si resta sul piano della deterrenza”, ha spiegato Crippa. “Per quanto Trump abbia parlato di investimenti per avere il sistema missilistico più all’avanguardia nel mondo, i sistemi di difesa Usa già garantiscono un grande scarto rispetto a russi e cinesi”. Eppure, ha aggiunto, “quando si parla di missili balistici intercontinentali (Icbm) o di cruise, qualsiasi schema può non bastare”. Perciò, “la mutua distruzione totale resta ancora oggi il presupposto di ogni difesa, basata sulla deterrenza”.

I RITARDI USA SULL’IPERSONICO

Certo, su deterrenza e postura strategica impattano le nuove tecnologie, a partire dall’SSC-8, la versione per lancio da terra del missile navalizzato Kalibr, agli onori della cronaca per le pressanti accuse americane sul mancato rispetto russo del trattato Inf, con tanto di recente annuncio di uscita dall’accordo. “Essendo un missile cruise capace di portare testate nucleari sulle città europee in pochissimo tempo – ci ha spiegato Crippa – ha colto un po’ di sorpresa gli Stati Uniti; lo stesso ha fatto la Cina”. A tal proposito, “con questa review, gli Usa cercano di dire: ‘no, dobbiamo essere alla pari sulla competizione tecnologica’”. Difatti, “la corsa agli armamenti non si gioca più sui numeri, ma sulle tecnologie intensive”. A tal proposito, “rispetto alla review di Obama, quella di Trump appare molto più concentrata sul confronto con Russia e Cina”. Per quanto riguarda Pechino, a preoccupare gli americani sono soprattutto gli avanzamenti del Dragone nel campo della tecnologia ipersonica, a partire dal veicolo a planata ipersonica (il DF-17) in fase di sviluppo. “Tali vettori (Hgv) viaggiano a velocità superiore a Mach 5; sono praticamente in grado di eludere e bucare ogni sistema di difesa”. Ciò “comporta una ridefinizione totale della deterrenza, poiché consente la certezza di avere un second strike nucleare efficace”. Tuttavia, è bene evidenziare che “si tratta di tecnologie per ora solo annunciate, che verranno sviluppate nei decenni a venire”.

“GUERRE STELLARI IN ARRIVO”

Lo stesso si può dire di un’altra novità contenuta della Missile defense review, e cioè il progetto di creare un’infrastruttura extra-atmosferica di sensori (per individuare le minacce) e di intercettori (per neutralizzarle). Si tratta di progetto ambizioso che riprende lo “scudo spaziale” di reganiana memoria”. D’altra parte, l’amministrazione Trump ha da tempo posto l’accento sulla militarizzazione dello Spazio, a partire dalla spinta data al Pentagono per progettare la creazione della Space Force, una Forza armata a sé stante specificatamente dedicata allo Spazio. Eppure, anche su questo “è importante ricordare che la review deve essere approvata dal Congresso, oggi a maggioranza democratica”. Il presidente “sta cercando fondi per tecnologie altamente sensibili da sviluppare a partire dal 2020; molti dei programmi partiranno tra il 2020 e il 2030”. Qualora il Congresso non supportasse tutto questo, “si creerebbe un gap capacitivo e tecnologico consistente, considerando che per sviluppare droni laser (pensati dalla review in funzione anti-Icbm, ndr) e tecnologie orbitanti servirà almeno un decennio”. A supporto dei piani del Pentagono potrebbero intervenire proprio i competitor globali. “L’unica cosa che potrebbe mettere fretta al Congresso – ha notato Crippa – è il fatto che Russia e Cina hanno già delle tecnologie anti-satellite (Asat), ground based o aviotrasportate come nel caso del test effettuato da un Mig-31 russo”.

LA NOVITÀ PER GLI F-35

Tre le novità non previste della review c’è un “piano ambizioso: dotare gli F-35 di intercettori per missili balistici”. Si tratterebbe, spiega l’esperto del Cesi, di “una tecnologia interessante, poiché potrebbe conferire agli Stati Uniti (e agli altri utilizzatori del velivolo di quinta generazione, ndr) una capacità di deterrenza inusitata; ad oggi non si ha notizie di intercettori lanciati da aeromobili”. La questione problematica è che “i missili balistici hanno una velocità relativamente bassa nella loro fase di lancio, poi in fase di spinta riescono a raggiungere velocità supersoniche, diventando di fatto intercettabili”. Per riuscire a colpire il bersaglio, l’F-35 (“già dotato di sensori all’avanguardia e di capacità di fondere e distribuire informazioni”) dovrebbe trovarsi “vicino alla base di lancio del missile balistico”. Per questo, “sarei portato a pensare che il progetto sia ideato più per il contesto nordcoreano e iraniano, cioè rispetto a tecnologie missilistiche ancora meno sofisticate”. Portare il velivolo vicino alla base di lancio “creerebbe infatti problemi di deterrenza e di bilanciamento” che ad ora “non sono pensabili rispetto ai russi”. Certo, una soluzione di questo tipo, “nel caso molto ipotetico in cui venga fornita a Paesi come Corea del Sud o Giappone, potrebbe ridefinire senza dubbio gli attuali equilibri”.

NESSUN RIPIEGAMENTO AMERICANO

In ogni caso, la lunga lista di progetti e potenziamenti previsti dalla Missile defense review porta a escludere l’ipotesi di un ripiegamento americano all’interno dei confini della homeland security, quantomeno per ciò che riguarda la missilistica. “La retorica di Trump è tutta diretta verso chi vive negli Stati Uniti; ogni annuncio del presidente è calato nel contesto della sicurezza americana”, ha rimarcato Crippa. Eppure, “il sistema di difesa missilistico statunitense si basa su un impianto di early warning radaristico diffuso su tutto il globo”. Per questo, ha detto concludendo, “di sicuro non si può parlare di un arretramento nella sfera delle sicurezza”.

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