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Vi spiego come funziona davvero l’influenza russa in Europa. Parla Polyakova (Brookings Institution)

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Disinformazione online e cyber attacchi non sarebbero le sole “armi” con le quali Mosca starebbe attuando quella che i servizi d’intelligence occidentali ritengono una strategia per influenzare i destini politici e sociali del Vecchio continente. A crederlo è Alina Polyakova, oggi fellow del think tank Brookings Institution e in precedenza direttore della ricerca presso l’Atlantic Council.

LA STRATEGIA DI MOSCA

Sentita da Formiche.net, l’esperta di Russia – sulla scia di quanto emerso nuovamente nei giorni scorsi su alcuni grandi media internazionali come il Washington Post, che ha parlato di una presunta connessione finanziaria tra la misteriosa banca First Czech e il Rassemblement National (ex Front National) guidato da Marine Le Pen – evidenzia che la Federazione Russa starebbe giocando una nuova partita che la vedrebbe “comprare politici attuali o ex per avere una linea pro-Russia o una visione positiva di Mosca”.

UNA RETE DI PROXY

Se da un lato, rimarca l’analista, “non c’è nulla di nuovo nel prestito a Le Pen, ciò che è nuovo è ciò che il retroscena rivela su come il Cremlino cerca di influenzare la politica europea attraverso reti proxy”, ovvero sostenendo tutte le forze politiche europee che mostrano un atteggiamento favorevole nei suoi confronti.
“Questo tipo di operazione di influenza, vale a dire l’acquisto di persone, è molto più costoso rispetto all’installazione di bot su Twitter”.

COME OPERA MOSCA

Mosca, prosegue l’esperta, non sembrerebbe tuttavia assumersi in Occidente l’onere di dare vita a movimenti che ne sostengano le posizioni, ma si limiterebbe ad appoggiare quelli già esistenti. Ad esempio, la rivolta dei Gilet Gialli dei mesi scorsi, sottolinea la Polyakova, “fa capo ad un movimento organico con specifici obiettivi”. Ma Mosca “vede l’opportunità nel caos”, e quindi cerca di amplificarne la risonanza mediatica” con ogni strumento a sua disposizione (sarebbe di un miliardo di euro l’anno, scrive oggi il Messaggero, il budget del Cremlino per le sole attività di propaganda).

I PROXY RUSSI

L’attenzione occidentale si è spesso focalizzata nell’analisi delle campagne di disinformazione condotte contro le elezioni in diversi Paesi dell’Occidente. Sarebbe tuttavia un errore, rimarca la Polyakova che ha affrontato l’argomento anche nella serie di report The Kremlins Trojan Horses (uno dei quali presentato a Roma al Centro Studi Americani), concentrarsi solo su questo tipo di sforzi e solo sull’arco temporale che circonda le elezioni. L’influenza operata da Mosca, infatti, sarebbe multi-vettoriale e comprenderebbe impegno su diversi piani, non solo politici e non solo legati all’informazione. Attacchi informatici, disinformazione e operazioni di influenza politica si accompagnerebbero non di rado a flussi finanziari significativi indirizzati verso forze politiche in evidente difficoltà. “Ci sono molti esempi di come i politici filo-russi o gli ex politici traggano beneficio finanziario dall’avere una visione positiva di Mosca”, sottolinea l’esperta, certa del fatto che in ogni Paese occidentale la difesa dell’agenda del Cremlino rientri negli interessi di moltissimi individui, organizzazioni, movimenti e partiti politici.

QUALE RUOLO PER LA TECNOLOGIA

Per Alina Polyakova non va tuttavia sottovalutato lo sviluppo che tecnologie come l’intelligenza artificiale daranno a tecniche disinformazione attribuite nei recenti anni a Mosca, come quelle sul Web (noti i molti casi riguardanti Facebook, Youtube ma anche iniziative cross-mediali come Rt), parte di quella che è considerata a tutti gli effetti una “guerra asimmetrica”. In particolare, rileva l’esperta autrice di un’analisi dedicata all’argomento dal titolo Weapons of the weak: Russia and AI-driven asymmetric warfare, l’Ia potrebbe potenziare a dismisura l’uso della disinformazione da parte della Russia. E, teme la Polyakova, a differenza dello spazio militare convenzionale, gli Stati Uniti e l’Europa sarebbero al momento “mal equipaggiati” per rispondere ad un’eventuale warfare condotta nello spazio cibernetico e delle informazioni attraverso questi tool.

La guerra informativa russa (informatsionaya voyna), sottolinea, è diventata parte integrante del pensiero strategico russo ed è andata inevitabilmente ad intrecciarsi con la tattica “maskirovka”, il termine che sta ad indicare l’arte dell’inganno e dell’occultamento in operazioni militari e non. Sotto la guida di un ex Kgb come Vladimir Putin, crede la studiosa, le strategie che avevano accompagnato la Guerra Fredda per decenni, come operazioni di influenza indirette o segrete volte a influenzare l’opinione pubblica e la politica all’estero, sarebbero state riprese e adattate ad arte all’era digitale. Il pensiero strategico russo nell’era contemporanea considererebbe gli strumenti informativi e commerciali come una vera e propria arma. La guerra dell’informazione digitale sarebbe, nell’ottica di Mosca efficace, di grande impatto ed economicamente vantaggiosa, contemporaneamente le capacità di guerra asimmetrica guidate dall’Intelligenza artificiale potrebbero fornire alla Russia un ulteriore vantaggio. Unite, naturalmente, alle suddette altre frecce presenti nel suo arco.

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