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Rilanciare l’Italia facendo cose semplici: rendere più liquide le famiglie con un fondo per acquisire la nuda proprietà immobiliare

“Non conta il colore del gatto, conta che acchiappi il topo”

Confucio

Lo abbiamo già detto tante volte in convegni e interviste ma vogliamo ribadirlo ancora: Banca d’Italia ha recentemente ricordato che la ricchezza totale delle famiglie italiane per l’anno 2017 rimane intorno ai 10.700 miliardi di euro, di cui circa il 60% sono costituiti da attività immobiliari, ed il restante 40% da attività finanziarie. Un patrimonio di grande importanza perché la stessa Germania si colloca, in base agli ultimi dati, a circa la metà.

Una grande ricchezza che non dobbiamo dare per scontata, e che dobbiamo capire come sfruttare al meglio per rilanciare il Paese. Ad esempio, il mondo immobiliare italiano necessita di interventi che siano in grado di restituire fiducia a un comparto in crisi ormai da troppo tempo, come testimoniano tutti gli indicatori disponibili. L’edilizia è l’unico settore che in Italia non registra segnali di ripresa ed Eurostat evidenzia come il nostro Paese sia il solo in Europa in cui i prezzi delle abitazioni (e cioè il valore dei risparmi delle famiglie e delle imprese) continuano a scendere.

E’ per questo che occorrono azioni finalizzate a rimuovere i vincoli che impediscono al settore immobiliare di svolgere quella funzione di motore di sviluppo che da sempre lo ha caratterizza.

In primo luogo, il futuro di un comparto così strategico per il Paese dovrebbe essere affrontato con un provvedimento facile ma ancora più importante: l’istituzione a Palazzo Chigi di una cabina di regia per lo sviluppo immobiliare, la casa e l’edilizia. Come afferma il “Manifesto per il rilancio del sistema Immobiliare”, promosso da Confassociazioni Immobiliare insieme alle altre principali organizzazioni di settore, il settore dovrebbe essere percepito come un unico settore costituito da proprietari (persone fisiche e società), costruttori, agenti, produttori e fornitori di componenti e servizi, gestori, amministratori.

Ma, come scrivo nel mio ultimo libro “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici” (Giacovelli Editore), la misura più innovativa e importante da realizzare è un’altra, molto più concreta. Costituire un fondo (potremmo forzare dicendo della Cassa Depositi e Prestiti o con una sua garanzia) che faccia fund raising sui mercati internazionali e nazionali con l’obiettivo di comprare la nuda proprietà di tutti i soggetti proprietari di un’unica casa sul territorio nazionale che abbiano più di 45 anni.

Per trovare le basi di una simile misura, bisogna ricordare che, al di là delle tante polemiche, nei primi anni di questo millennio, gli italiani hanno usufruito di un importante vantaggio dell’avvento dell’Euro: l’era dei tassi bassi. Infatti, nel periodo tra il 2002 e il 2007, un pezzo significativo della classe media, approfittando del calo dei tassi d’interesse generato dall’Euro e dalle politiche espansive scarsamente consapevoli delle banche sui mutui (politiche che hanno generato una parte della crisi successiva del sistema che ancora paghiamo), compravano case a raffica con mutui che coprivano fino al 100% del valore della casa con, in aggiunta, eventuali spese di ristrutturazione e costi notarili.

Un solo dato: tra il 2002 e il 2008, a livello nazionale le case di proprietà sono aumentate, in un mercato già maturo e caratterizzato da una super bolla, dal 62% al 78%. Una crescita senza precedenti trainata da un solo fattore: i tassi bassi generati dall’Euro che hanno offerto anche alla classe media e medio-bassa la possibilità di possedere una casa. Poi è arrivata la crisi. E, con la crisi, la svalutazione della capacità di rimborso dei mutui delle famiglie che, pur di mantenere la proprietà pagando il mutuo, hanno contratto in modo significativo i consumi scivolando verso la soglia di povertà. D’altra parte, chi di noi venderebbe a 60 una casa comprata a 100 prima della crisi, con a carico un mutuo a 25 o 30 anni che doveva essere rimborsato sempre a 100? Risposta facile? Piuttosto non mangio. La classe media che si impoverisce e scivola verso il basso perché ha l’immobile ma è illiquida.

Ecco la “ratio” della proposta del “Fondo sulla nuda proprietà”. Sarebbe un’operazione straordinaria: a basso costo perché costi e ricavi saranno distribuiti in un’orizzonte temporale di 25-30 anni, utile a dare una liquidità importante a molte di quelle famiglie che si sono ritrovate con un immobile di proprietà ma illiquide a causa del mutuo.

Ma, nel contempo, questa operazione potrebbe dare ricavi importanti ai sottoscrittori del fondo (chiaramente nel medio-lungo periodo) attraverso il ricambio di proprietà su orizzonti temporali in cui i sottovalutati immobili potrebbero accrescere il proprio valore rispetto ai livelli attuali. E, comunque, sarebbe nella disponibilità degli eredi riscattare l’immobile stesso ad un valore pari al costo di acquisto comprensivo della quota di interessi pagata ai sottoscrittori del Fondo, così come eventualmente stabilito nel prospetto del fondo stesso.

Proviamo a pensare all’effetto di liquidità che una simile misura potrebbe dare alle famiglie italiane che, come detto, hanno compresso i consumi per mantenere la casa pur trovandosi sulla soglia di povertà e illiquidità. Non sappiamo quanto potrebbe raccogliere questo Fondo ma, se i rendimenti assicurati nell’eventuale prospetto saranno appetibili (tra il 5 e il 6%) ci potrebbero essere importanti flussi di capitali interessati (nell’ordine di decine di miliardi di euro) ad una cedola di questa rilevanza.

Tanti soldi da far transitare dalle borse delle famiglie italiane, per farli poi arrivare sui mercati di consumo, rilanciando la spesa individuale e familiare in termini di prodotti e servizi.

Una misura semplice per un futuro migliore.

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