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Cosa lega la crisi tra Roma e Parigi e il trattato franco-tedesco. Parla Nelli Feroci

Merkel

I rapporti tra Roma e Parigi sono al loro minimo storico. Dopo le ultime accuse del vice premier Luigi Di Maio sul franco Fca e sul neocolonialismo in Africa, l’ambasciatore d’Italia a Parigi Teresa Castaldo è stata convocata dal ministero degli Esteri d’oltralpe. Intanto, Angela Merkel ed Emmanuel Macron si apprestano a firmare un nuovo partenariato strategico, puntando a rafforzare la collaborazione in diversi settori, a partire dalla difesa. L’Italia deve fare attenzione: c’è il rischio di marginalizzazione. Formiche.net ne ha parlato con Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), diplomatico di carriera, già rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea e commissario europeo.

Ambasciatore, molti osservatori hanno definito il trattato franco-tedesco come la fine dell’Unione europea. È una visione troppo pessimistica?

Credo di sì. Non vedo niente di così catastrofico. Il trattato di Aquisgrana rappresenta un aggiornamento è un completamento del Trattato dell’Eliseo, che aveva ormai raggiunto i 56 anni di età. Non a caso, per la firma solenne è stata scelta la stessa data in cui fu firmato nel 1963 il Trattato dell’Eliseo. Con questo nuovo strumento, si intensifica il partenariato franco-tedesco in una serie di settori che tengono conto degli sviluppi registrati in Europa e nel mondo. In tal senso, non c’è nulla di particolarmente drammatico che faccia pensare alla fine dell’Europa. Semmai, colpisce la vaghezza dei propositi del trattato. Leggendone il testo, si capisce che molti dei dissensi e delle divergenze che esistono tra Berlino e Parigi su alcune questioni chiave (anche europee) non vengono risolti. Quello che si prevede è piuttosto un quadro di riferimento per strutturare e aggiornare la collaborazione fra i due Paesi.

Sembrano comunque esserci delle novità importanti nel testo dell’accordo.

Sì. In particolare colpiscono tre elementi. Primo, la forte enfasi posta sulla collaborazione nel campo della politica estera, di sicurezza e di difesa. Qui, si prevede addirittura l’impegno all’assistenza reciproca in caso di aggressione armata; c’è una forte insistenza sulla necessità di sviluppare la collaborazione fra le rispettive industrie della difesa, e sull’obiettivo di rafforzare la cooperazione  per lo sviluppo di  capacità militari. In secondo luogo, anche se non è una sorpresa, c’è l’impegno a sostenere la candidatura tedesca per una seggio permanente al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite, sebbene questo non sembri un obiettivo a portata di mano. Terzo, infine, c’è una disposizione specifica relativa all’obiettivo di creare  una zona economica franco-tedesca dotata di regole comuni, anche se non vengono fornite indicazioni sui possibili contenuti di questa zona economica comune.

Su quali posizioni Berlino e Parigi restano più distanti?

Le divergenze da superare sono ancora molte. In particolare vorrei ricordare che le posizioni di Parigi e Berlino restano ancora distanti su alcuni aspetti non secondari dell’ulteriore riforma della governance dell’Eurozona e in materia di completamento dell’Unione bancaria, e in materia di sostegno alla crescita da parte della Ue. Nel complesso, il Trattato di Aquisgrana è soprattutto un aggiornamento del partenariato franco-tedesco che, pur senza introdurre  particolari novità, conferma la volontà dei due governi di procedere nell’ambito di una stretta collaborazione soprattutto sui temi europei.

 Che segnale è l’accento sulla collaborazione nel campo della difesa per gli sforzi compiuti dall’Unione europea nel settore?

Penso e spero che sia uno stimolo, ma certamente occorre valutare come questo impegno alla collaborazione bilaterale si tradurrà in concreto. Per quanto riguarda il Fondo europeo per la Difesa, ad esempio, c’è la concreta prospettiva che,nel prossimo ciclo di programmazione pluriennale del bilancio, l’Unione europea possa finanziare collaborazioni tra industria europee. Occorrerà vigilare per  evitare che Francia e Germania facciano la parte del leone nell’aggiudicarsi tali risorse. Le disposizioni del Trattato di Aquisgrana in materia di difesa europea non dovranno essere la premessa per una sorta di duopolio franco-tedesco sulle iniziative europee nel campo della difesa.Ma questo dipenderà dalla capacità e volontà di protagonismo di altri partners europei ugualmente in grado di assumere un ruolo di punta in questo settore.

È un segnale d’allarme per l’Italia?

Sicuramente occorrerà fare attenzione. Più in generale, colpisce che la firma del trattato franco-tedesca coincida con il momento in cui i rapporti tra Roma e Parigi sono al loro minimo storico. È inutile nasconderselo. Per una serie di sviluppi, la cui responsabilità è da distribuire equamente tra i due governi, stiamo assistendo a un crescendo di tensioni e polemiche fra Italia e Francia. In tale contesto, sono preoccupato  l’iniziativa della diplomazia franco-tedesca possa comportare una ulteriore marginalizzazione dell’Italia in ambito europeo, compreso nel campo della difesa. La sensazione è che l’esecutivo italiano guardi ad altri potenziali alleati (soprattutto nell’Europa centro-orientale), considerando la Francia più come un antagonista che come un autentico partner. Mi chiedo quanto questo corrisponda a nostri effettivi interessi nazionali.

Sono da leggere in quest’ottica anche le recenti accuse, rivolte a Parigi da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, di neocolonialismo in Africa?

Ce n’è una al giorno. Quella del Franco Fca, utilizzato da un certo numero di Paesi dell’Africa francofona, è solo l’ultima di una numerosa serie di polemiche. La responsabilità, sia chiaro, non è solo italiana; anche la Francia ha le sue colpe. Eppure, il risultato netto di certe polemiche inutili e strumentali è che il rapporto italo-francese non è mai stato così in difficoltà, quando invece avremmo molti e validi motivi per collaborare.

Ad esempio?

Ad esempio sul fronte economico. Italia e Francia hanno un comune interesse a stimolare un maggiore impegno della Ue sulla crescita, hanno posizioni simili sulle regole europee in materia di disciplina di bilancio, sono entrambe favorevoli al completamento dell’Unione bancaria e si sono espresse a favore di un bilancio dell’Eurozona dotato di una funzione di stabilizzazione; sono entrambe a favore di una prosecuzione del  piano di finanziamenti europei per progetti infrastrutturali. Sulla carta sarebbero tanti i punti  di intesa, ma tutto questo resta paralizzato da polemiche strumentali.

Il trattato del Quirinale resta un lontano ricordo?

Direi che per ora è finito in naftalina. Il progetto era stato messo in cantiere sulla base di una intesa fra Macron e Gentiloni, all’epoca presidente del Consiglio. Ad ora non ci sono le condizioni per riprender quel dialogo cheera stato avviato, sia pure a livello di esperti,  e che puntava a un Trattato con l’Italia analogo a quello di Aquisgrana.

Intravede un nesso tra il raffreddamento dei rapporti della Germania con gli Stati Uniti e l’intesa con la Francia? Berlino ha sposato l’interpretazione francese di “autonomia strategica”, intesa come indipendenza da Washington?

Il trattato di Aquisgrana era già stata annunciato un anno e mezzo fa. Non è una scelta legata alla congiuntura del rapporto tra Germania e Stati Uniti, per cui non intravedo un collegamento diretto. D’altra parte, tutta Europa ha difficoltà con l’America di Donald Trump. Non credo che le due cose siano da mettere in relazioni diretta, e non ho trovato nel  testo del Trattato (che pure contiene numerose disposizioni in materia di collaborazione nel campo delle difesa) alcun rifermento al concetto di autonomia strategica.

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