La revisione della difesa missilistica degli Stati Uniti parte da un semplice ma fondamentale presupposto: le alleanze possono essere anche, potenzialmente, fonte di vulnerabilità, poiché estendono la superficie d’attacco per gli avversari. È per questo motivo che il documento presentato da Donald Trump pone su piani paralleli il monitoraggio dei pericoli che incombono sulla “homeland security”, e quelli per gli alleati e le forze impiegate all’estero. In considerazione della crescente complessità del contesto di sicurezza globale, la nuova strategia si concentra sui quattro avversari ormai noti: Corea del Nord, Cina, Russia e Iran. L’obiettivo è far fronte all’attivismo che questi Paesi hanno dedicato negli ultimi anni al settore degli armamenti, in particolare proprio ai missili.
IL VASTO ARSENALE DI PUTIN
Forti del loro peso strategico in seno alla Nato, gli Stati Uniti monitorano con attenzione gli ambiziosi progetti geopolitici della Russia. Di contro, si legge nella review, Mosca effettua regolarmente simulazioni di attacchi nucleari contro gli avversari americani. Una strategia, quella russa, che enfatizza la forza coercitiva del potenziale uso militare delle armi nucleari, con un arsenale che, secondo gli Usa, include 700 missili balistici intercontinentali (ICBM), diversi missili balistici da lancio via mare (SLBM) e, nel complesso, 1.550 testate nucleari. I leader russi, inoltre, sostengono che Mosca sia in possesso di una nuova classe di missili, i veicoli a planata ipersonica (Hgv), in grado di viaggiare a una velocità superiore Mach 5 in caduta oltre i limiti dell’atmosfera. La strategia russa, spiega la review, punta alla progressiva escalation tecnologica, e trova applicazione anche a livello regionale. Secondo il Pentagono, Mosca sta sviluppando una nuova generazione di missili per uso in contesti regionali, sia balistici che da crociera, nel quadro della sua strategia anti-access/ area denial (A2/AD) intesa a limitare la capacità delle forze statunitensi e degli alleati in caso di crisi o conflitti regionali. Dal 2015, inoltre, gli Usa hanno registrato da parte della Russia la conduzione di ripetuti attacchi missilistici ad alta precisione in Siria, oltre alla messa in campo di un missile da crociera a medio raggio, l’SSC-8, che anche la Missile defense review certifica come una violazione del Trattato sulle forze nucleari a medio raggio (Inf).
LA CINA E LE PREOCCUPAZIONI PER IL PACIFICO
Per quanto riguarda la Cina, i timori americani riguardano soprattutto gli interessi del Dragone nel Pacifico, mirati a soppiantare gli Stati Uniti e stabilire un assetto a essi più favorevole. A questo scopo, spiega il Pentagono nella review, la Cina si rifà a un approccio che punta sulla modernizzazione e sulla coercizione, di cui i missili offensivi sono la principale espressione. Finora ha sviluppato tra i 75 e i 100 ICBM, incluso un nuovo sistema mobile e una nuova versione a testata multipla di ICBM per lancio da postazioni fisse. Per di più, Pechino possiede quattro avanzati sottomarini per missili balistici (SSBN) class Jin, ognuno in grado di trasportare dodici nuovissimi missili balistici (SLBM), i CSS-N-14. In breve, la Cina sarebbe oggi in grado di minacciare gli Stati Uniti con circa 125 missili nucleari. Fondamentale per le intenzioni cinesi è la possibilità di impedire agli Stati Uniti di supportare e proteggere i propri alleati e partner regionali nel Pacifico. Per questo motivo, la Cina sta progressivamente incrementando la sua capacità di attaccare obiettivi sensibili nella regione, come le basi e le navi militari statunitensi.
LA COREA DEL NORD TRA DIALOGO E STRATEGIE REGIONALI
Sebbene restino aperte le possibilità di una distensione con gli Stati Uniti, la Corea del Nord è considerata ancora una minaccia concreta. Infatti, nell’ultimo decennio, gli Usa hanno registrato da parte di Pyongyang l’investimento di considerevoli risorse nei programmi nucleari e missilistici, effettuando, al contempo, numerosi test per verificare la capacità dei suoi missili, alcuni dei quali potrebbero essere in grado di raggiungere i confini statunitensi. Un discorso analogo può farsi per gli alleati americani nel Pacifico, per i quali le oltre due dozzine di missili regionali lanciati dalla Corea del Nord rappresentano ancora un monito a non abbassare la guardia davanti alla sua strategia preventiva. In tal senso, la review ribadisce l’attenzione americana per i tanti partner regionali.
IL DOSSIER IRANIANO
L’altro grande competitor regionale è l’Iran. Il documento strategico spiega come Teheran sia sulla buona strada per diventare la potenza dominante del Medio Oriente, e come veda negli Usa un ostacolo al perseguimento dei suoi obiettivi. L’arsenale missilistico a sua disposizione, infatti, sarebbe notevolmente aumentato e migliorato in termini di precisione e letalità. Per gli Usa, è proprio la rinnovata capacità militare a rappresentare il più importante segnale dei suoi ambiziosi progetti, che potrebbero portare anche al varo di un missile balistico intercontinentale. In questo contesto, assumono particolare rilevanza anche i missili balistici a corto e medio raggio in dotazione, che rappresentano una minaccia per le forze statunitensi impiegate nella regione e per gli alleati Usa nell’Europa dell’est e nell’Asia meridionale. Ma non solo: il fatto che alcuni gruppi terroristici ne siano entrati in possesso, acquistandoli dall’Iran, costituisce una fonte di preoccupazione ancora maggiore per il Pentagono. Queste organizzazioni (tra cui la review cita Hezbollah) hanno già fatto uso in passato di missili contro gli alleati statunitensi in Medio Oriente e, contestualmente, l’Iran testava missili balistici a corto raggio (SRBM) potenzialmente in grado di mettere a rischio le navi militari degli alleati Usa nel Golfo Persico e nello Stretto di Hormuz.