Questo “vorrei ma non posso” è drammatico:
il suo dramma risiede nell’ingiustizia che sta a monte del sistema scolastico italiano.
Viviamo una situazione di emergenza, “educativa”. Una emergenza che diventa dramma, nei confronti di genitori che ci è dato avvicinare. Quasi ogni giorno, infatti, sentiamo dire da genitori: “Non posso far frequentare la vostra scuola a mio figlio. Vorrei, ma non ce la faccio economicamente” e anche da ragazzi: “Mi piacerebbe ma non posso”. Questo “vorrei ma non posso” è drammatico: il suo dramma risiede nell’ingiustizia che sta a monte del sistema scolastico italiano. Stesso palazzo di fronte alla scuola: i figli dell’avvocato che abita al terzo piano possono frequentare l’Istituto, i figli del portinaio che sta al piano terra no. Meglio: vi accedono grazie a borse di studio messe in campo dalle Congregazioni e agli sforzi di una gestione economica cui non sfugge un centesimo. Perché una tale situazione? Perché questo “tu sì, tu no”?
La risposta è drammaticamente semplice: perché, in Italia, alla famiglia è negato il diritto di educare liberamente i figli in una buona scuola pubblica, paritaria o statale; perché il genitore non abbiente è obbligato ad iscrivere il proprio figlio presso una scuola pubblica statale. Il ricco sceglie, il povero si accontenta.
Andando ad analizzare i fatti, ci si accorge che in realtà le leggi non mancano: la Costituzione riconosce il diritto alla libertà di scelta educativa, la legge 62/2000 ha istituito il sistema pubblico dell’istruzione, fatto di scuole pubbliche statali (frequentate da 7.682.635 studenti) e pubbliche paritarie (frequentate da 879.158 studenti); l’UE in due pronunciamenti ha invitato l’Italia a porre fine all’ingiustizia. Tutto però, nel campo educativo, rimane lettera morta, come le grida spagnole del Seicento.
L’unica strada da percorrere per uscire dalla situazione appena descritta è quella di riconoscere alla famiglia il suo diritto, ossia quello di educare liberamente i figli. Come? Attraverso il costo standard di sostenibilità: alla famiglia venga data una quota (che si colloca su 5.500 annui per studente) da spendere per l’istruzione dei figli. Sarà poi la famiglia stessa a decidere dove spendere tale quota, se in una scuola pubblica statale o in una scuola pubblica paritaria. Il ruolo dello Stato in tutto questo? Quello di garante e controllore, non di gestore e controllore… di se stesso.
Solo in questo modo il sistema scolastico italiano riuscirà ad emergere da una situazione di costante emergenza.
Solo in questo modo la scuola non sarà più considerata come il più importante tra gli ammortizzatori sociali: chi non sa cosa fare, va ad insegnare. Le famiglie potranno scegliere, gli allievi avranno garantito un servizio decisamente migliore e non saranno in balia di frequenti cambiamenti di insegnanti; a questi ultimi sarà possibile scegliere dove esercitare la propria professione, se nella scuola pubblica statale o in quella pubblica paritaria, con uno stipendio uguale, come avviene nel resto dell’Europa.