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La Tav si deve fare (e non solo perché lo dice Salvini). La versione di Confindustria

infrastrutture

Questione di soldi, tanti soldi, e di numeri. A sentire la Lega ci sono 24 miliardi di buone ragioni per non mandare in malora la Tav. La Torino-Lione continua a spaccare più che mai il governo (qui l’intervista della settimana scorsa al presidente della commissione Attività Produttive, quota Lega, Barbara Saltamartini). E oggi, ancora una volta si è sfiorato lo psicodramma. C’è un dossier, anzi un contro-dossier, della Lega che ha messo parecchio in agitazione il Movimento Cinque Stelle, che da parte sua sta ultimando quell’analisi costi-benefici coordinata dall’esperto Marco Ponti (qui il suo intervento, pubblicato questa mattina) la quale dice esattamente il contrario di quanto afferma il Carroccio nel suo paper: la Tav costa troppo e rende poco, meglio non farla.

Tutto parte da una cifra, incastonata nelle 30 pagine di dossier redatto dai professori della Bocconi Roberto Zucchetti e Lanfranco Senn e da Andrea Boitani della Cattolica di Milano: 24 miliardi di euro. Tanto sarebbe il prezzo da pagare se si dovesse dichiarare forfait sulla Tav. Dentro questa cifra c’è tutto: penali da versare alla Francia, alle imprese, chiusura dei tunnel, delle strade. Totale, 4,2 miliardi di euro. Il grosso però non è qui, ma nel mancato sviluppo socio-economico del territorio, cioè imprese che non lavorano, stipendi che non arrivano e tasse che dunque non vengono pagate: 20,3 miliardi di euro da aggiungersi ai 4 riconducibili alla rescissione dei contratti. Solo il tratto transfrontaliero italo-francese vale in termini di contratti, 1,3 miliardi, 800 milioni per il tunnel che collegherebbe l’Italia alla Francia.

Numeri che però non hanno convinto il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. “Mi sono rotto le scatole di sentirmi dire che io e il Movimento blocchiamo i cantieri. Non abbiamo bloccato alcun cantiere, l’unico che stiamo sottoponendo, perché siamo persone per bene, ad una analisi costi-benefici. E comunque i conti del contro-dossier a firma leghista sulla Tav non corrispondono a quelli effettivi. Anche Salvini, con cui ho un ottimo rapporto, vedrà l’analisi costi-benefici, lo studio sulla Tav è utile per capire se faccia bene o no agli italiani”. Ma la Lega è in ogni caso decisa ad andare avanti, magari anche con qualche modifica.

Una guerra di cifre che non può lasciare indifferenti le imprese, che rappresentano indubbiamente il fianco più esposto alle decisioni che verranno prese sulla Tav. Licia Mattioli, imprenditrice torinese e vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione, fa sue le cifre contenute nel dossier della Lega. “Può far impressione la cifra di 24 miliardi di euro, ma se si guarda bene all’insieme delle voci dei costi, contratti, indotto ma non solo, il conto torna. Sono numeri come dire, ragionevoli, che ci stanno. Senza considerare che c’è un altro impatto, quello del lavoro. Con la Tav sono in ballo non meno di 50 mila posti di lavoro”. E attenzione a non trascurare il lato ecologico dell’infrastruttura: “È stato calcolato che il vantaggio ecologico del trasferimento da gomma a rotaia equivarrebbe ad eliminare le emissioni di una città di 300 mila abitanti”, chiarisce Mattioli.

L’ipotesi di un compromesso tra Lega e Movimento Cinque Stelle, lascia comunque fredda Confindustria. L’intesa, come noto, prevede di realizzare il tunnel, ma non le opere ferroviarie di adduzione per 1,7 miliardi. “Sarebbe come costruire una Ferrari con le ruote di una 500: partiremmo già zoppi. Invece la Tav bisogna costruirla al meglio, perché già domani sarà obsoleta con la velocità dell’innovazione, quindi bisogna farla al top di oggi perché duri almeno fino a dopodomani. Lo ripeto, la Torino-Lione è essenziale per essere connessi con l’Europa e col mondo, tenendo presente che senza questo pezzo di piccolo corridoio rischieremmo di essere tagliati fuori dai grandi flussi intercontinentali, come la nuova Via della Seta su cui sta puntando molto il governo cinese. Teniamo presente che in Germania girano già piantine che prevedono il collegamento ferroviario Lisbona-Kiev al di là delle Alpi, tagliandoci fuori”.

Da Confindustria ci tengono a chiarire un concetto. “Dobbiamo abbandonare la logica che se cambia un governo allora cambia anche il progetto. I patti, i contratti, si rispettano, a prescindere dal colore del governo. Altrimenti nessuno vorrà più investire da noi. Mettiamocelo in testa: a queste opere e a questi grandi collegamenti bisogna guardare non con l’occhio di oggi, ma con l’occhio di domani”.

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