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Trattato di Aquisgrana e crisi diplomatica: una nuova Europa senza Italia?

Angela Merkel and Emmanuel Macron sign Treaty of Aachen

L’asse franco-tedesco ha rinnovato il suo legame, gettando le basi di un nuovo corso per il continente. Cosa rischia l’Italia?

Sono giornate molto intense per le cancellerie europee. Dopo le accuse rivolte dal Movimento 5 Stelle alla Francia di sfruttare le ex colonie africane, é arrivata la firma del nuovo trattato tra la Germania e il Paese d’oltralpe. A corredo di questa notizia, il Ministero della Difesa tedesco ha annunciato il ritiro dalla Missione Sophia (EuNavFor Med), operativa nel contrasto alla tratta di esseri umani nel Mar Mediterraneo, per protesta contro la linea del Governo italiano sull’immigrazione.

Cosa prevede il Trattato?

Il documento firmato tre giorni fa ad Aquisgrana rinnova e aggiorna il Trattato dell’Eliseo, firmato il 22 Gennaio 1963, da considerare come la base delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. La nuova frontiera di questo Trattato é l’intensificazione dei rapporti, al fine di estendere il raggio d’azione sul piano europeo e mondiale. In particolare, le parti si impegnano a consultarsi prima dei vertici europei, con lo scopo di trovare “comuni posizioni”; viene approfondito il legame nel comparto sicurezza, non solo nel contrasto alle minacce comuni ma soprattutto in ambito industriale; infine, oltre ai temi riguardanti la cultura e il clima, fa spicco l’intento di concedere alla Germania un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Si tratta di un accordo a tutto campo, una nuova linea guida che impegna non solo due Paesi nelle proprie politiche ma che avrà una forte incidenza sul nuovo corso che si prospetta per l’Unione Europea, in vista delle prossime cruciali elezioni. Gli spunti di riflessione, infatti, non mancano.

La proposta di assegnare alla Germania un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza potrebbe leggersi nell’ottica del progressivo raffreddamento dei rapporti tra Francia, Germania e Stati Uniti, dovuto al dibattito sulla protezione americana e i relativi costi della NATO. Se da una parte potrebbe auspicarsi una risposta tutta europea sul piano della protezione militare (come registrato in via minore con alcuni progetti di cooperazione), dall’altra la volontà di affrontare la questione in maniera autonoma da parte degli Stati spinge a un maggiore protagonismo nelle stanze dei bottoni. Curioso, comunque, che nel consesso che vede i 5 membri permanenti vincitori della Seconda Guerra Mondiale, venga invitato come pari grado il Paese quella guerra la scatenò.

Sul piano istituzionale, una posizione comune di Francia e Germania su qualsiasi argomento di discussione in sede europea, soprattutto se stabilita a tavolino negli incontri preliminari, non potrà non condizionare il corretto funzionamento dell’Europa dei 28. In tal modo, la leadership franco-tedesca viene certificata, imponendo agli altri Stati membri un’Europa a due velocità. Anzi, a due e basta, probabiolmente in grado di spartirsi le principali cariche nelle istituzioni, a partire dalla Banca Centrale Europea. Quest’ultima, sia sa, é già da tempo “promessa” all’attuale governatore della Bundesbank Jens Wiedmann, fermo oppositore delle scelte attuate da Mario Draghi e critico delle politiche economiche dei governi italiani.

E l’Italia?

Se confermata questa ipotesi, la crisi diplomatica con la Francia si inserirebbe in maniera incisiva nello scenario che si sta delineando. Da giorni continuano senza sosta gli attacchi da parte dei partiti di Governo riguardo le presunte politiche neo-colonialiste della Francia in Africa, motivo all’origine – secondo i 5 Stelle – dei flussi migratori diretti verso l’Europa. Sebbene questa accusa non sia corroborata da evidenze empiriche, va comunque ad aggiungersi alle esternazioni di apprezzamento del vice-premier Di Maio nei confronti dei Gilet Gialli, prontamente rispedite al mittente.

In altre parole, come auspicato da Alessandro Di Battista e dal Ministro Toninelli, si stanno creando le condizioni per l’incidente diplomatico, rispolverando una terminologia da anni ’30 (Cruciani dixit).

Per placare gli animi sono intervenuti il Presidente Conte e il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, quasi sicuramente su input del Quirinale. Tuttavia, nonostante le parole moderate (“rimaniamo amici e alleati”), il duo Salvini-Di Maio ha continuato imperterrito negli attacchi, sancendo l’inizio della campagna elettorale.

Sebbene Moavero Milanesi abbia scongiurato il rischio di isolamento per l’Italia, la combinazione tra l’inasprirsi delle relazioni con la Francia e il rinnovato patto di quest’ultima con la Germania getta un’ombra inquietante sugli interessi italiani sia in ambito politico che economico-finanziario.

Gli interessi in ballo

Il volume di affari delle operazioni finanziarie realizzate tra Italia e Francia dal 2000 al 2018 é pari a 122 miliardi di euro (fonte KPMG). Con il persistere della tensione diplomatica, gli effetti si ripercuotono sui principali dossier aperti tra aziende, mondo politico e finanza.

Il primo settore che potrebbe risentirne é quello della cantieristica: l’accordo per l’acquisizione del 50% di Stx da parte di Fincantieri é oggetto di una petizione alla Commissione Europea da parte dell’antitrust francese e tedesca. É un ambito che fa gola ai grandi gruppi e una predominanza tricolore potrebbe non risultare gradita alla Germania.

Nel settore industriale, il comparto difesa é oggetto di specifica collaborazione tra Francia e Germania, come stabilito dal nuovo Trattato. Ciò implica un possibile indebolimento del raggio d’azione dell’Italia, presente con Leonardo in numerosi accordi e partenariati da preservare e rafforzare in Europa e fuori.

In ambito finanziario non si può dimenticare la “guerra” fatta da Vivendi per il controllo (perso) di TIM, in attesa della prossima assemblea del 29 Marzo dove se la vedrà con il fondo Elliot, che con Cassa Depositi e prestiti (via OpenFiber) sta lavorando al grande piano di creazione della rete a banda larga.

Infine, la TAV Torino-Lione, pomo della discordia, senza tralasciare le  interlocuzioni con BNP Paribas e Crédit Agricole per la ripresa del settore bancario e il dossier Alitalia.

Fatte le dovute valutazioni, é davvero necessario mettere a rischio i nostri interessi per fini elettorali?

Verso le elezioni

Andando oltre le valutazioni economico-finanziarie, infatti, lo scontro tra Italia e Francia va inquadrato nell’ottica del voto di Maggio. Si prospetta uno scontro epocale tra diverse visioni dell’integrazione (o meno) del continente e delle sue istituzioni.

Volendo attribuire al patto franco-tedesco anche una valenza politico-elettorale in chiave anti-populista, data la posiziona politica di Macron e della Merkel, la natura stessa dell’accordo tradirebbe questo intento. Il populismo di marca sovranista (abbondando con gli epiteti) nasce anche come risposta a un’Europa fatta di austerità – a fasi alterne – imposta dall’asse Parigi-Berlino. Se così fosse, ponendosi contro questa istanza ufficializzando un patto a due per il futuro dell’UE e perseguendo de facto i propri interessi nazionali anche in chiave egemonica, non si farebbe fatica a riconoscere il tutto come un paradosso.

In altri termini, chi é il vero sovranista?

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