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Ecco perché Juan Guaidò non va lasciato solo

Di Alessandro Bertoldi
maduro

Il Venezuela sta vivendo in questi giorni una delle crisi profonde degli ultimi anni. Un Paese che è sull’orlo di una guerra civile. Il presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, Juan Guaidó, in conformità alla Costituzione e così come deciso dall’unico Parlamento legittimamente eletto, ha prestato giuramento quale presidente ad interim della Repubblica bolivariana di Venezuela. E proprio in queste ore stanno giungendo i riconoscimenti della Comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha per primo riconosciuto la legittimità della presidenza Guaidó rimarcando l’illegittimità del regime di Maduro.

Lo stesso ha fatto il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, Luis Almagro, così come il Canada e la quali totalità degli Stati del Sudamerica e del centroamerica.
Al contrario hanno confermato il sostegno a Nicolas Maduro Paesi socialisti sudamericani quali Cuba, Nicaragua, Bolivia e Messico, oltre a potenze quali Russia, Cina e Turchia. Nell’evolversi della crisi sarà determinante la posizione che assumeranno le varie ramificazioni dell’esercito venezuelano: nonostante i più alti ufficiali abbiano confermato l’appoggio a Maduro, alcune sezioni si sono già schierate dalla parte del Parlamento. Così come sarà determinante comprendere quali ritorsioni intende mettere in campo il regime contro i diplomatici americani dopo che Maduro ha dato loro un ultimatum di 72 per lasciare il Venezuela, ma che la Casa Bianca ha fatto sapere di non considerare legittimo questo ordine.

Eppure il Venezuela negli anni Settanta era il Paese più ricco dell’America Latina. Il suo Pil era superiore a quello di Spagna, Grecia e Israele. La maggior parte della ricchezza venezuelana proveniva dalle sue enormi riserve petrolifere. Ma all’inizio degli anni Ottanta, il timore che possa esaurirsi l’indispensabile risorsa di oro nero portò i politici a mettere un freno alla produzione. Nello stesso periodo, l’abbondanza di offerta spinse il prezzo verso il basso. La combinazione di una minore produzione di petrolio e di prezzo minore ha fatto precipitare l’economia di Caracas: negli anni Novanta il Pil è dimiuito del 46%. Poi è arrivato Hugo Chavez, che ha trasformato il panorama politico-economico del Venezuela, nazionalizzando le industrie e la situazione è ancor più peggiorata sotto la presidenza di Maduro. La recessione e l’iperinflazione, pari a 1.000.000%, hanno infatti privato molti cittadini dei beni di prima necessità, dal cibo alle medicine.

Ma il Venezuela non va lasciato solo. Ricordiamolo sempre, vivono oltre 100.000 italiani e quasi 2 milioni di persone hanno origini italiane: questo uno dei motivi per il quale, nelle Aule di Camera e Senato, tutte le opposizioni coralmente hanno rimarcato il dovere del nostro Paese di assumere una posizione chiara a favore di Guaidó, oltre alla responsabilità di sostenere e proteggere i nostri concittadini con forza e determinazione. Il nostro istituto, di cui fa parte anche il deputato venezuelano Williams Dàvila, ha inviato per suo tramite un messaggio di congratulazioni al nuovo presidente legittimo del Venezuela.

Anche noi abbiamo chiesto al governo italiano e in seconda istanza al Parlamento, di riconoscere formalmente la presidenza di Juan Guaidó quanto prima, affinché anche l’Italia possa dare il suo contributo alla cessazione delle sofferenze del Popolo venezuelano, schierandosi dalla parte dello Stato di Diritto, dei diritti civili, della libertà e della democrazia. La maggioranza ha fatto sapere che il Ministro degli Esteri riferirà in Parlamento sul tema soltanto nella settimana prossima. Non resta che registrare come sul tema vi è una spaccatura all’interno dell’esecutivo: una parte del Movimento 5 Stelle, in passato, ha manifestato le proprie simpatie in favore del dittatore venezuelano, mentre, al contrario, la Lega pare intransigente nel voler sostenere gli oppositori di Caracas. L’Unione Europea, nel frattempo, ha fatto giungere la sua solidarietà al popolo venezuelano e alle opposizioni, ma senza riconoscere formalmente il nuovo presidente ad interim. Noi non possiamo che auspicare che proprio per la storia e il futuro del Venezuela non cali il silenzio e che l’Italia si schieri quanto prima dalla parte giusta, quella della democrazia e della libertà.

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