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5G e sicurezza, il dialogo possibile tra l’ambasciatore Usa Eisenberg e Gubitosi (Tim)

gubitosi

Il 5G come elemento di straordinaria rilevanza nei rapporti commerciali, e non solo, tra le due sponde dell’Atlantico. Anche (forse soprattutto) di questo potrebbero aver discusso oggi l’ambasciatore americano Lewis Eisenberg e il nuovo amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi (nella foto), in un incontro reso noto via Twitter dalla stessa rappresentanza diplomatica.

UN PERICOLO DA NON SOTTOVALUTARE

Da tempo Washington – impegnata in uno scontro ormai globale con Pechino – chiede ai propri alleati, soprattutto i Five Eyes e quelli che come l’Italia ospitano basi Nato, di non sottovalutare i pericoli di cyber security e cyber spionaggio posti potenzialmente dalle apparecchiature di aziende della Repubblica Popolare, costrette, secondo l’intelligence d’oltreoceano, a dare alle autorità del Paese qualunque informazione ritenuta di “interesse nazionale” (Tim, in collaborazione con Fastweb e la stessa Huawei, sta portando avanti dall’anno scorso una attività di sperimentazione nazionale sul 5G promossa dal ministero dello Sviluppo Economico).

EUROPA DIVISA

Sul tema 5G diversi Paesi stanno seguendo il consiglio statunitense, tenendo fuori Huawei dalle proprie reti di quinta generazione. Più incerti sul da farsi sono gli Stati del Vecchio continente, che per il momento si muovono in ordine sparso.
Il Regno Unito, ha spiegato su queste colonne l’avvocato esperto di diritto delle tecnologie Stefano Mele, “ha chiesto a Huawei di istituire all’interno del Regno Unito un centro di verifica dei propri prodotti, all’interno del quale operano a stretto contatto i dipendenti dell’azienda e il personale dell’intelligence britannica” (anche se non è ancora chiara la sua scelta definitiva sul 5G). La Francia ha già chiarito che ogni apparecchiatura sarà sottoposta a vincoli e controlli ben precisi. Idem la Germania.

CHE COSA FARÀ L’ITALIA

Proprio ieri, invece, il governo italiano, ha comunicato di aver costituito il Centro di valutazione e certificazione (il Cvcn), che sarà chiamato proprio a verificare le condizioni di sicurezza e l’assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati, e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture strategiche (ma anche di ogni altro operatore per cui sussista un interesse nazionale).
La Penisola, che ad oggi sembra avere un approccio più favorevole nei confronti di Huawei (come testimoniano le recenti dichiarazioni del vice presidente del Consiglio e ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio – che pochi giorni fa ha incontrato proprio Eisenberg a Palazzo Chigi – ma anche quelle rilasciate a Bloomberg dal sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci), potrebbe forse avvalersi, anche se non è ancora chiaro se e come, proprio di questo centro per determinare la sicurezza delle apparecchiature anche del colosso cinese.

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