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Papa Francesco e gli abusi sui minori nella Chiesa. Il dovere di denunciare

“Meglio avere meno preti e religiosi, che rischiare la vita di un minore”. Ben detto, cardinale Bassetti. Parole sacrosante quelle del presidente della Conferenza episcopale pronunciate dopo aver incontrato due vittime – di cui una minorenne – di abusi compiuti da sacerdoti: “Nell’ascoltare il dolore di queste persone – ha confidato Bassetti al Sir, agenzia di stampa della Cei – mi sono confermato sul percorso di plagio e, quindi, di abuso di potere che soggiace e prepara quello a carattere sessuale. Una volta di più siamo chiamati a essere rigorosi nella selezione dei candidati al ministero, avvalendoci dell’apporto delle scienze umane: meglio avere meno preti e religiosi, che rischiare la vita di un minore”.

Con questo spirito e questo intendimento, sicuramente condivisi dalle famiglie italiane, Bassetti parteciperà al summit vaticano convocato da papa Francesco dal 21 al 24 febbraio, con tutti i presidenti delle conferenze episcopali del mondo. Grande è l’attesa ed enormi sono le aspettative, tanto che dagli ambienti vaticani si continua a predicare prudenza. E piuttosto si insiste sulla formula dell’incontro “educativo e pastorale”. Secondo questa scaletta di approfondimento: la responsabilità dei vescovi, a chi vescovi e responsabili degli Ordini religiosi dovranno rendere conto e soprattutto la trasparenza. Tema, quest’ultimo, decisivo sia ad intra (cioè dentro la Chiesa), ma soprattutto ad extra, ovvero di fronte alle autorità civili, all’opinione pubblica e al popolo di Dio. Il tutto in una prospettiva di tolleranza zero, avviata da Benedetto XVI e coerentemente proseguita da Francesco.

Nel frattempo il papa continua a parlare con i fatti, ultimo dei quali la riduzione allo stato laicale del cardinale americano Theodore Edgar McCarrick, riconosciuto definitivamente colpevole di abusi nei confronti di minori. Decisione così commentata dal cardinale Daniel DiNardo, presidente della Conferenza episcopale americana: “Nessun vescovo, per quanto influente, è al di sopra della legge della Chiesa. È un segnale chiaro che nessun abuso sarà più tollerato”. Ecco la chiave interpretativa: d’ora in poi nessuna tolleranza. Un impegno che va preso in parola e del quale i genitori chiederanno il rispetto, anche se vanno individuati i percorsi e gli strumenti ai quali potranno fare ricorso. Se infatti, il tema degli abusi ha tardato ad affiorare, come il terribile scandalo che ha travolto tante diocesi americane ha dimostrato, la ragione va ricercata nel mancato ascolto da parte di chi avrebbe dovuto accogliere la denuncia, provvedere alla protezione dei minori, intervenire per sanare le ferite, assicurare i colpevoli alla giustizia degli uomini e non solo a quella della Chiesa, risarcire le vittime. Anche a costo di fallire economicamente, come è accaduto in alcune diocesi degli Stati Uniti.

Il tema dell’ascolto delle vittime, attraverso canali tanto riservati quanto accoglienti, sarà certamente al primo posto delle preoccupazioni di quanti nella Chiesa dovranno in futuro occuparsi degli abusi. In questo senso va accolta con soddisfazione la nascita anche nella Chiesa italiana del Servizio nazionale per la tutela dei minori. Alla presidenza è stato chiamato Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia. Ma la grande novità è costituita dall’incarico di coordinatore (caso unico in Cei) affidato a una donna: Emanuela Vinai, giornalista di professione, ma dalla grande sensibilità personale dimostrata anche in altri delicati incarichi. A lei e agli altri componenti del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori (avvocato Carlo Acquaviva, padre Amedeo Cencini, suor Anna Deodato, don Gianluca Marchetti, padre Luigi Sabbarese, don Gottfried Ugolini) innanzitutto il compito di promuovere e accompagnare le attività di prevenzione e formazione a livello territoriale.

Per tornare al summit vaticano va detto che forse verranno deluse le attese di quanti, da fronti diversi e persino opposti, si aspettano ad esempio una parola definitiva sul tema dell’omosessualità o in generale della sessualità dei presbiteri. Forse sarebbe giusto rimanere molto freddi, lucidi e razionali. E non lasciarsi fuorviare, ad esempio, dalla pubblicazione ad orologeria, del libro “Sodoma” del sociologo francese Fréderic Martel, esponente del mondo Lgbt, che descrive il Vaticano come la più grande comunità gay al mondo in quanto, secondo lui, l’80% dei sacerdoti lì presenti sarebbero omosessuali. Oppure attendersi un attacco frontale alla tanto chiacchierata lobby gay vaticana.

E ancora peggio, sovrapporre ingiustificatamente pedofilia e omosessualità. La realtà è che il predatore sessuale è tale sia che abbia tendenze omosessuali che eterosessuali. E non sarà certo un caso, purtroppo, che la pedofilia abbia come teatri principali famiglia e luoghi educativi e come vittime soprattutto le bambine. Mentre nella Chiesa gli abusi sembrerebbero colpire soprattutto adolescenti maschi. Dunque, nessuna attenuante per il colpevole, omosessuale o etero che sia. Anche un solo caso di abuso nella Chiesa, infatti, è intollerabile.

Ma al tempo stesso non si può e non si deve correre il rischio di perdere questa grande occasione, distorcendo la finalità di questo incontro. Introdurre nel dibattito pubblico altri filoni (omosessualità di parte del clero, liberalizzazione della sessualità del personale religioso, compromesso con lo spirito moderno pansessualista) può provocare una pericolosa torsione. Meglio concentrarsi sulla prevenzione degli abusi sui minori, sulla tolleranza zero, sull’ascolto delle vittime e sulla loro accoglienza, sui percorsi di denuncia da parte delle vittime e delle famiglie, sulle forme di coinvolgimento della giustizia civile e penale, sulla denuncia dei religiosi responsabili.

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