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Barbara Marini: l’innovatore agevola il cammino verso il futuro

Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro. Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com. Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.

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“Il miglior modo di predire il futuro è costruirlo”. E’ questa la filosofia di Barbara Marini.
Barbara è Presidente, Amministratore Delegato e General Manager di Intercept Pharmaceuticals, carica che ricopre dal 2016.
Farmacista, laureata all’Università La Sapienza di Roma, ha iniziato la sua carriera nel Life Science pochi giorni dopo il suo esame di abilitazione alla professione di Farmacista. Ha ricoperto varie responsabilità in diversi settori, in molte aree terapeutiche ed in varie aziende multinazionali. Nel 1998 ha gestito come sua prima esperienza di start-up nell’ambito della terapia del dolore a cui è seguita nel 2001 un’altra start-up nell’ area delle neuroscienze; nel 2006 si è trasferita all’estero per una importante bio-pharma americana consolidando un’ampia esperienza internazionale. Nel 2011 entra nel board di “Women in Science” EMEA chapter, una iniziativa culturale e manageriale orientata allo sviluppo di soft-skills, alla creazione di networking e mentorship, e alla valorizzazione della diversità, non solo di genere, quale driver per l’innovazione. Rientrata in Italia, nel 2016 approda in Intercept Pharmaceuticals gestendo la start-up della filiale italiana.
Nata in una famiglia in cu le donne lavorano da 4 generazione, da sempre convinta che la donna può far bene “almeno quanto un uomo”, è molto attenta alla valorizzazione e riconoscimento delle persone e della diversità, alla costruzione di un contesto etico e sociale in cui poter accogliere talenti. Considera la genitorialità non solo un nutrimento per l’anima ma anche un percorso formativo e manageriale. Fa da mentore a giovani manager e future leader nel settore life science. Appassionata di James Bond, dice spesso ”Never say never”

Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Per la mia personale esperienza, l’innovatore è qualcuno che introduce un cambiamento con l’obiettivo di migliorare le cose. L’effetto è naturalmente quello di agevolare il cammino verso il futuro. Nella mia personale visione, l’innovazione non può essere disgiunta dall’etica e dall’accesso equo. Per me, innovazione è tale se migliora la vita e se è accessibile, idealmente a tutti, ma almeno a molti.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Direi che una delle innovazioni importanti sarà la informatizzazione spinta del processo produttivo industriale. Sarà una opportunità ambivalente: da una parte potrebbe impattare la filiera produttiva, dall’ altra potrebbe accelerare la competitività ed attrattività di paesi, come l’Italia, con una propensione e tradizione orientata all’ innovazione, creatività e unicità. Nel settore più vicino a me, 3 sono le innovazioni impattanti: learning dai big data, innovazione nel campo delle malattie rare ed ultra-rare, e rimodulazione dell’ offerta assistenziale nell’ottica della presa in carico della cronicità.
Ovviamente le implicazioni etiche sono ancora maggiori quando si parla di vita, salute ed accesso alle cure; il nostro paese, che ha nella sanità universale uno degli elementi di forza e di straordinaria equità sociale, ha dimostrato di essere un vero innovatore; oggi il mondo intero guarda a noi quale pionieri dell’accesso all’innovazione in medicina.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. I sacri testi dicono che leader è qualcuno che definisce la vision e motiva gli altri a seguirlo. L’ essenza è quella, ma la leadership è molto più complessa: è la capacità di tradurre la visione in strategia, è la capacità di attrarre talenti, di svilupparli, motivarli e valorizzarli, ciascuno al massimo del proprio potenziale nel rispetto delle ambizioni individuali; deve creare un assett di valori credibili e un ambiente di lavoro coerente con essi. In una start-up, un leader sa anche fare oltre che ispirare; deve alimentare continuamente l’esercizio di discernimento tra cose importanti e quelle “nice to have” e deve saper dire no. Deve celebrare le piccole vittorie e trasformare gli errori in opportunità di crescita; deve incoraggiare gli altri a pensare diversamente e a fare più velocemente. Infine, dopo aver ascoltato e confrontato idee ed opinioni diverse, il leader prende le decisioni e se ne fa carico: il leader si prende le colpe, non i meriti.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Molte sono le persone che hanno fatto la differenza nel corso della mia vita. La famiglia di origine mi ha dato l’accesso all’istruzione e la cultura del lavoro; mia nonna e mia mamma mi hanno insegnato che essere donna, professionista e mamma non solo è possibile, ma è semplicemente magnifico; il mio compagno è stato “l’architetto” della mia maternità; i colleghi che mi hanno incoraggiata; ed infine mio figlio, che ogni giorno è emozione, energia e spinta a diventare migliore. Ci sono state persone, naturalmente, che hanno anche determinato emozioni negative e segni indelebili, ma Garcia Marquez ha proprio ragione nel dire che “la memoria del cuore elimina i brutti ricordi e magnifica quelli belli”.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. La più grande paura è legata alla perdita di salute in generale, per cui la più grande speranza è invecchiare bene e andarmene dolcemente. Su una sfera più profonda, vorrei lasciare un ricordo positivo del cammino e delle esperienze comuni, delle motivazioni condivise, dei progetti fatti insieme. E naturalmente spero che mio figlio sia fiero di me.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. 3 anni fa mi è stata offerta l’opportunità di coordinare la star-up della filiale italiana di una biotech americana quotata al Nasdaq. Prendendo in prestito la metafora di un collega, è come far volare un aereo mentre lo si costruisce: oggi siamo in piena operatività, abbiamo già commercializzato un farmaco indicato in una malattia rara prevalentemente femminile, abbiamo creato 20 nuovi posti di lavoro per personale altamente qualificato, creato stage retribuiti, e lanciato progetti di sviluppo per il capitale umano. Se devo pensare al futuro, mi vedo sempre nel settore del life science: per me innovazione ed accesso all’innovazione è vita!

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
R. Mi fa arrabbiare la malafede; mi angoscia “la banalità del male”, come ci ha insegnato Hannah Arendt. Mi fa emozionare “la quadratura del cerchio”, aver anticipato correttamente ed allocato le energie giuste al posto giusto nel momento giusto. Ma soprattutto che il beneficio ultimo del mio lavoro è contribuire alla salute di chi ne ha bisogno.


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