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Caracas come Londra, perché le metropoli sono player della politica globale

Londra

La vicenda degli aiuti umanitari per la popolazione venezuelana stremata dalla fame ma ad oggi ancora bloccati al confine con la Colombia; la speranza di una trattativa segreta con Trump che Maduro (nel giorno di San Valentino) ha fatto filtrare sull’agenzia di stampa internazionale AP; la guerra di posizione tra Stati e potenze nel chi sostiene chi nel binomio Guaidò/Maduro; la valutazione di interessi e convenienze; il posizionamento della chiesa cattolica nelle discussioni riservate. La vicenda del Venezuela sembra, per tutti questi motivi e per mille altri ancora, ad un punto di stasi. Per dirla con le parole di Ian Bremmer, presidente del Euroasiagroup, principale società globale sul rischio politico, “comunque il cambiamento non sarà facile perché esercito e situazione economica sono due variabili rilevanti” ipotizzando così un processo più lungo del previsto nella transizione da dittatura a libere elezioni. Lo scenario di una crisi lampo insomma sembra allontanarsi.

Al netto dell’evoluzione, quanto accade nel Paese sudamericano mette in luce un aspetto che la accomuna ad un’altra importante vicenda internazionale che vive oggi l’Europa: Brexit. Entrambi le due crisi infatti, vedono un protagonismo rilevante di due città. In entrambi i casi infatti, vi sono due realtà locali che si ritagliano un ruolo in vicende globali. Nelle ultime settimane infatti, Londra e Caracas, capitali di Inghilterra e Venezuela sono diventate molto simili. Sicuramente lo è la loro politica estera. I 7494 km di oceano Atlantico che le distanziano sembrano infatti annullati dal protagonismo che i rispettivi leader cittadini, Sadiq Khan e Antonio Ledezma, stanno avendo nella politica dei loro Paesi e di riflesso, in quella globale.

Parliamo di due metropoli che poco hanno in comune e che anzi sono agli antipodi. Londra con i suoi 9 milioni di abitanti ed una dinamicità economica e relazionale che nel 2015 l’ha portata a produrre 831 miliardi di pil (vuoto per pieno quanto quello dei Paesi Bassi!), è oggi una delle prime tre città del mondo in diversi indici e classifiche. Caracas con più di 3 milioni di abitanti nella sua area metropolitana, nel 2016 è stata indicata dalla ong messicana Seguridad, Justicia Y Paz, come la città più violenta del pianeta con il più alto numero di omicidi, contandone 120 ogni 100 mila abitanti.

Distanti e differenti, ma con due leader capaci di incidere però nella politica estera di Inghilterra e Venezuela e partecipare da protagonisti al dibattito globale sui temi del momento. È noto a tutti il ruolo che Khan e la città del Tamigi stanno avendo sulle vicende della brexit, assumendo la leadership di fatto di quanti si oppongono all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Non solo con dichiarazioni, ma con provvedimenti, scelte e atti che vanno nella direzione di chi vuole una città europea oltre che globale. Il sindaco figlio di immigrati pachistani è tra quanti spingono perché si svolga un secondo referendum per riaprire la questione. Antonio Ledezma, avvocato e figlio di un immigrato italiano è stato sindaco metropolitano della capitale venezuelana dal 2008 al 2015, poi è stato arrestato con vicende che lo hanno portato nel 2017 ad essere insignito del premio Sakharov del Parlamento Europeo per le sue battaglie su diritti umani e libertà individuali. Oggi è tra quanti si sono schierati accanto a Juan Guaidò contro Nicolas Maduro e con una lettera al quotidiano italiano “Il Foglio” (di mercoledì 30 gennaio) chiede al nostro premier Giuseppe Conte di stare con la libertà e con Guaidò, “riconosciuto dalla totalità di nazioni democratiche del nostro emisfero” ed abbandonare quindi la “titubanza” che uno dei Paesi del G7 ha in questa vicenda.

Il sindaco di Londra contro la brexit, l’ex sindaco metropolitano di Caracas contro la dittatura. Primi cittadini che escono dal perimetro fisico e politico delle proprie città e competenze ed incidono in maniera rilevante nel dibattito del proprio Paese e più ancora in quello internazionale: chiedendo consultazioni elettorali; scrivendo a governi di altri Stati; incontrando grandi imprenditori globali; intessendo reti di relazioni con altre metropoli. Una realtà, quella del protagonismo delle città globali, ormai evidente non solo ad analisti ed esperti, ma agli occhi dei più. Su questo crinale, solo per stare al 2018, si possono citare gli esempi del documento congiunto sul Global Compact dei sindaci di Milano e Atene, Giuseppe Sala e Georgios Kaminis; le innovazioni tecnologiche decise da Pechino e Shenshen che anticipano quel che accadrà in Cina; le scelte globali dei primi cittadini di Tokyo e New York su grandi eventi e geopolitica di inclusione e sviluppo.

Le città si confermano i luoghi per eccellenza della globalizzazione, non solo come condensatori e aggregatori di uomini, ma citando Richard Florida, docente a Toronto e fondatore di CityLab dell’Atlantic, anche “come hub di futuro” che sanno contenere talenti, economia e innovazione. Tre elementi questi, che oggi Khan e Ledezma vedono messi a rischio per le loro comunità e per il loro Paese e portano le due capitali ad essere interlocutori sulla scena globale; e così Londra e Caracas diventano oggi attori dei due principali fatti della politica internazionale.

Indipendentemente dal loro Paese o forse, nonostante il loro Paese.

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