“Non so cosa stia succedendo alle mie spalle”. C’è tutto Paolo Savona in questa affermazione fatta ai giornalisti dopo l’uscita del suo nome come probabile presidente della Consob. Da una parte, si legge in essa la “solitudine” dell’uomo di cultura in un governo totus politicus, ove Luigi Di Maio e Matteo Salvini dettano la linea quasi su tutto; dall’altra, non trattandosi di una smentita, la volontà di continuare a dare il suo contributo all’Italia in questa fase di caotico cambiamento.
Un cambiamento che Savona, figlio ma anche severo critico delle vecchie classi dirigenti, e non da oggi, capisce essere ineluttabile e anche necessario. E, al contrario degli altri, sulla direzione che esso dovrebbe prendere le idee chiare egli ce l’ha da anni. Sembrerebbe che sia stato il presidente Conte, che nella sua opera di mediazione non solo con i due vicepremier ma anche con il Quirinale sta prendendo sempre più spessore politico, a individuare per la Consob, che ormai da tempo aspetta un presidente, la soluzione Savona.
Ove, l’elemento più rilevante della faccenda è che Mattarella accetterebbe ora il nome di Savona a cui un anno fa aveva fermato l’accesso al ministero dell’Economia a causa del suo “euroscetticismo”. Ma il fatto è che il professore euroscettico non era affatto, bensì pensava allora, e pensa oggi, che l’Unione sia stata costruita con così tanti errori da esigere una svolta radicale per costruirne poi una migliore.
Il fatto è che però Savona era troppo professore e onesto intellettualmente, per deflettere dalle sue idee. Non lo ha fatto con il presidente Mattarella, non lo avrebbe fatto al ministero dell’Economia e non lo ha fatto certo a quello per gli Affari europei che gli è stato infine assegnato. Il suo ruolo nell’esecutivo però, e non solo a causa del minor peso del suo ministero, è andato sempre più assottigliandosi.
La sua insoddisfazione, probabilmente, Savona l’ha mostrata semplicemente continuando a fare quello che ha sempre fatto: scrivere, partecipare a convegni, stilare documenti, dire e ribadire le sue idee, continuare a criticare anche le vecchie classi dirigenti. Un pezzo da novanta, non pregiudizialmente ostile, che i gialloverdi non possono permettersi di perdere, né di marginalizzare: alla Consob, se l’operazione va in porto, avrà ruolo e spessore, e quella autonomia e quel potere che nel governo non poteva più avere. Forse non sarà un “anno bellissimo”, come ha detto il presidente del Consiglio, ma la “terza via” dei Conte e Savona, quella di un “populismo” dal volto umano e “con la testa”, sembra ora farsi strada. Dove approderà?