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La crisi del latte è colpa anche del Consorzio del pecorino. Parola di Prandini

latte

Dopo il fallimento del “tavolo del latte” che si è svolto a Cagliari, i pastori attendono l’esito della task force che vede impegnati il Viminale con il vicepremier Matteo Salvini e il ministro delle Politiche Agricole con il suo titolare, Gian Marco Centinaio. Un ruolo chiave può essere svolto dalla Coldiretti che fino ad ora non si è seduta al tavolo con i pastori sardi anche se il presidente dell’associazione, Ettore Prandini confida a Formiche.net di essere dalla parte “dei pastori sardi, ridotti alla fame per un prezzo infame, appena 60 centesimi al litro, nella vendita del latte” e punta anche il dito contro il Consorzio di tutela del pecorino romano “che ha gravi responsabilità” ci dice, per tutto quello che sta accadendo.

In che senso?

Il Consorzio non ha fatto tutto quello che poteva fare. Questo è certo. Non si è fatto nulla sul tema della comunicazione, dell’informazione e, soprattutto, dell’internazionalizzazione. Basta vedere i dati legati alle esportazioni. In un anno abbiamo perso più del 40% dell’export di pecorino romano sui mercati internazionali, soprattutto per quanto riguarda il mercato statunitense, tutto ciò è avvenuto con un settore che non decresce ma ha una domanda positiva del 28%. Insomma in teoria doveva essere l’occasione per conquistare ancor più un mercato e invece l’abbiamo perso.

Ma quali sono le colpe del Consorzio?

Quando non si fa promozione, cosa che spetta al Consorzio, ovviamente ci sono delle gravi responsabilità perché non si sono create le condizioni di valorizzare economicamente il lavoro delle aziende agricole e delle industrie agroalimentari

D’accordo ma intanto le proteste continuano, pensa che come ha detto Salvini si riuscirà a chiudere in poche ore la questione?

Guardi oggi parliamo della Sardegna, ma è un problema che abbiamo anche su tutto il territorio nazionale. Serve un piano forte, di rilancio, di crescita per il latte e non solo. Se ci sarà sono certo che verranno meno anche tutte quelle preclusioni che hanno portato la parte industriale a non riconoscere un giusto prezzo alla pastorizia

Ma cosa potrà uscire realmente dall’incontro al Viminale?

Ci aspettiamo delle risposte concrete rispetto a quelle che sono delle necessità che hanno oggi i pastori sardi. Con un prezzo di 60 centesimi, quando si esaspera una situazione e si mette in crisi un’azienda agricola, è fuori di dubbio che c’è anche terreno fertile perché possano commettersi azioni di carattere malavitoso. Dobbiamo lavorare tutti per poter arrivare a una soluzione del problema.

È solo una questione di prezzo?

L’ho definito indegno, infame offrire 60 centesimi per un litro di latte. Se non si dovesse arrivare ad un prezzo congruo temo che oggi nessuno sia nella condizione di poter garantire un ritorno alla normalità.

Quale sarebbe il punto minimo da cui ripartire?

Un euro al litro è la base di ragionamento. Di questo dobbiamo essere tutti consapevoli. E ripeto non riguarda solo la pastorizia sarda, il tema è più vasto sul territorio nazionale.

Ma non è solo il latte, anche l’olio soffre…

Lo diciamo da tempo. Sul piano strutturale per rimanere competitivi e non essere condannati all’irrilevanza in un settore fondamentale per il made in Italy deve partire al più presto il “Piano salva olio” che abbiamo presentato per rilanciare il settore con una strategia nazionale e investimenti adeguati, anche per realizzare nuovi impianti, così come è stato fatto da altri paesi concorrenti. Anche perché questo comparto dà lavoro a oltre 200mila persone tra imprenditori, dipendenti nelle campagne, nei frantoi e nell’industria per un settore che fattura 3 miliardi di euro grazie a un patrimonio di oltre 200 milioni di piante su oltre un milione di ettari di territorio da Nord a Sud d’Italia.



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