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Gli effetti collaterali della regolamentazione: attenti al proibizionismo

Di Eleonora Mazzoni
dazi

I giochi fanno parte, insieme ad alcool e tabacchi, di quei mercati il cui sviluppo ha rafforzato la necessità di approntare strumenti efficienti di regolamentazione in particolar modo durante il XX secolo. Si tratta di beni tipicamente caratterizzati da una forte componente emozionale e relazionale alla base delle scelte di consumo, di cui l’uso e/o abuso può comportare rischi per la salute. Fondamentale nella definizione di questa tipologia di beni è il processo di formazione delle abitudini, dettato non solo da variabili economiche ma da fattori esogeni quali le caratteristiche demografiche e la condizione psicologica. Quando consumo passato e presente sono positivamente correlati si forma un’abitudine che se mantenuta nel tempo può trasformarsi in uno stato di dipendenza. Chiaramente, il conservare un’abitudine nel tempo non è una conseguenza esclusiva del consumo di questi beni e può verificarsi per un consumatore, e non verificarsi affatto per altri.

Sono diverse le criticità che sorgono nella definizione della regolamentazione cui sottoporre questi beni e dipendono in larga parte dalle caratteristiche peculiari dei rispettivi mercati. L’elasticità della domanda e l’esistenza/fruibilità di mercati illegali sono due punti cruciali per verificare l’efficacia di politiche che mirano a ridurre la quantità di beni consumati, utilizzando in particolare la leva della tassazione. Se l’obiettivo di misure proibizionistiche è quello di diminuire i consumi, ma l’aumento dei prezzi dovesse tradursi in uno spostamento significativo della domanda verso il mercato illegale, i livelli complessivi di consumo potrebbero mantenersi costanti, rendendo gli interventi non solo inefficaci, ma anche controproducenti. L’ampliarsi dei mercati illegali, infatti, sottrae risorse alle filiere legali di produzione, distribuzione e vendita, trasferendole alle organizzazioni criminali e riducendo la quota di gettito destinata alle casse statali.

La revisione della letteratura scientifica da cui prende spunto lo studio condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com), dal titolo “Nuovo proibizionismo, quale impatto?” (la versione integrale è consultabile a questo link) rileva differenze significative sugli effetti che le misure di regolamentazione possono avere sui mercati di alcool, tabacchi e giochi. Sui primi due mercati, infatti, la mole dei consumi reagisce meno intensamente alle variazioni del prezzo indotte da misure di contenimento della domanda, e questo significa che un aumento unitario di prezzo porta ad una riduzione meno che proporzionale della spesa per consumi, raggiungendo parzialmente l’obiettivo desiderato e garantendo la stabilità, o addirittura la crescita, del gettito erariale. Nel settore dei giochi, invece, la domanda tende a variare più che proporzionalmente rispetto alle variazioni di prezzo indotte dagli interventi di regolamentazione, con valori di elasticità che per alcune tipologie di giochi arrivano ad essere superiori a 2.

Dallo studio I-Com emerge come un aumento del prezzo del 10% sul mercato dei giochi in Italia, legato all’inasprimento delle politiche di regolamentazione, porterebbe a una riduzione della raccolta di 14 miliardi di euro in un anno, nascondendo però uno spostamento di consumo verso canali illegali di offerta pari al 13% di questa riduzione, per un valore di 1,8 miliardi di euro. La sostituzione con il mercato illegale potrebbe arrivare a valere 2,7 miliardi di euro in un anno se l’aumento di prezzo percepito fosse pari al 15%. Questi risultati sono stati ottenuti applicando ai dati del mercato italiano dei giochi un valore di elasticità della raccolta al prezzo pari a 1,5, in linea con i valori emergenti da una meta analisi di letteratura scientifica sul tema.

In sintesi i “consumatori di giochi” sembrano essere più propensi a modificare il proprio profilo di consumo al variare dei prezzi unitari sul mercato e questa maggiore reattività della domanda, unita al contestuale sviluppo di un mercato illegale del gioco facilmente fruibile grazie alla rete, può significare un maggiore rischio di sostituzione dei consumi tra mercato legale e mercato illegale.

Spesso infatti non si tiene conto che l’offerta di mercato più che scomparire tende a trasformarsi e trovare canali meno costosi e più proficui. Per quanto riguarda il settore dei giochi il rischio sembra essere legato in particolare alla facilità con cui si vanno creando, e rafforzando, canali di offerta al limite tra legalità e illegalità, in cui la domanda continua ad essere comunque soddisfatta. Questo effetto indesiderato, meglio definibile come esternalità negativa, potrebbe derivare anche dall’introduzione di misure restrittive in tema di pubblicità per il settore dei giochi, che rende più difficile informare sulla sicurezza dell’offerta, rischiando di generare una distorsione forte della domanda verso piattaforme non sicure, e di fallire nell’obiettivo di proteggere le fasce più a rischio, soprattutto se non accompagnato da adeguate misure di controllo. In questo caso la generata asimmetria informativa andrebbe ad agire sulle scelte di consumo allo stesso modo di un aumento del prezzo, distorcendo la domanda a favore di alternative a payout più elevato.

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