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Rapporto Fim-Cisl. La Lombardia rallenta, riparte la cassa integrazione

Di Andrea Donegà
primo maggio

I deboli segnali di ripresa lanciati dall’industria metalmeccanica lombarda nel primo semestre 2018 invertono la marcia. A fine anno, nonostante un calo del numero delle aziende colpite dalla crisi (259 totali, -20% rispetto al semestre precedente), si è registrato un aumento del numero di lavoratori interessati da procedure di cassa integrazione, sia ordinaria (7.698 contro 6.402 del primo semestre) che straordinaria (1.526 contro 1.190 del primo semestre). Complessivamente, sono ben 9.647 (+14,19%) i lavoratori coinvolti da situazioni di crisi nel semestre e 2mila quelli colpiti da cassa straordinaria e chiusure. La dimensione media delle imprese coinvolte si colloca sui 51 addetti, al di sotto dunque dei 90 registrati nel 2003, a testimoniare il costante e crescente coinvolgimento delle piccole imprese nelle situazioni di crisi.

I territori maggiormente coinvolti nel semestre sono Milano (33%), Brianza (18%), Varese (10%), Cremona (9%) e Lecco (9%). Seguono Brescia e Como con il 5% circa, poi gli altri territori con sospensioni minori. Il ricorso alla cassa integrazione ordinaria è particolarmente diffuso nei territori di Milano, Brianza, Cremona, Lecco e Varese. In Brianza e a Varese si segnala anche la presenza di un alto utilizzo di cassa integrazione straordinaria, che evidenzia la persistenza di situazioni di forte difficoltà. Mentre la mobilità è accentuata a Milano e Cremona.

Il fatto che, da una parte, si sia ridotto il numero delle imprese interessate da cassa integrazione e, dall’altra, sia aumentato il numero dei lavoratori coinvolti dalle procedure, ci fa capire come la crisi, in questa fase, sia diventata maggiormente settoriale. Vengono colpite infatti le imprese che esportano, in particolare l’indotto automotive, una tendenza questa che è divenuta più marcata nella parte finale dell’anno. Ad allarmare c’è sicuramente la congiuntura internazionale: la Germania ha segnato, a dicembre, un -1,6% sul fronte degli ordinativi. Poiché l’economia tedesca è uno dei principali mercati di sbocco per le nostre imprese, sia per le macchine utensili sia per la componentistica, si prevede un’ulteriore frenata. Più in generale a rallentare è l’economia europea, che ha rappresentato per l’export italiano, più della metà del quale si deve alla metalmeccanica, il principale fattore di crescita. Su uno scenario incerto e precario, in un Paese in recessione tecnica e dal quale sono spariti 181 miliardi di capitali esteri, vanno ora scontati gli effetti della manovra recessiva messa in campo dal governo, che rischia di impantanare anche l’occupazione e che dà motivo alla Commissione Europea di assegnarci il ruolo di fanalino di coda con una previsione di crescita pari allo 0,2 per il 2019. Stima questa che apre di fatto alla possibilità di un intervento correttivo. Va inoltre ricordato: il cosiddetto ecobonus, che non riuscirà a guidare la transizione all’auto elettrica mancando gli investimenti sulle infrastrutture, sulla distribuzione energetica e sullo smaltimento delle batterie. L’effetto di questa misura sarà di appesantire ulteriormente il settore dell’automotive italiano, facendo salire le incertezze attorno al futuro del diesel con la conseguenza di rinviare gli acquisti delle automobili e di impattare l’occupazione. Un problema che riguarda anche l’indotto, fortemente presente in Lombardia. il taglio agli investimenti a ricerca e sviluppo, a formazione e alternanza scuola-lavoro fa il paio con l’incertezza generale che produce stagnazione e frena la propensione agli investimenti privati.

Gennaio, infine, è stato il mese in cui, per la prima volta da quattro anni, registriamo una riduzione degli organici, da parte delle aziende, senza previsioni di sostituzioni dei dimissionari e dei pensionati e senza il rinnovo dei contratti dei lavoratori a termine. Resta quindi alto il timore che le imprese possano continuare su questo trend utilizzando quota 100, che pure rappresenta un’importante opportunità per i lavoratori, e il decreto dignità per ridurre gli organici senza costi aggiuntivi e fuggendo dalla loro responsabilità sociale e, soprattutto, senza creare nuove occasioni di lavoro. Per questo siamo impegnati a rilanciare la contrattazione aziendale, per sollecitare le imprese a stabilizzare i contratti temporanei, rafforzando le competenze dei lavoratori, e dare opportunità occupazionali ai giovani. Anche per questi motivi, sabato, la Fim manifesterà con Cgil Cisl Uil a Roma, per chiedere una manovra più equa, per respingere i tagli al sociale e perché il lavoro venga rimesso al centro dello sviluppo futuro.

Resta fondamentale rilanciare gli investimenti per rafforzare l’industria; costruire un serio sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro; potenziare il sistema formativo; rafforzare la contrattazione come strumento in grado di rilanciare la produttività, via principale, insieme a investimenti e formazione, per creare occupazione stabile e di qualità e per aumentare i salari.

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