C’è un momento, quando la lotta politica si fa aspra, in cui la distinzione fra momento istituzionale e momento politico salta. È un processo, in verità, iniziato in Italia dalla fine della Prima Repubblica, ma che oggi coinvolge lo stesso orizzonte europeo. Il fatto è che non c’è più, con l’irrompere sulla scena delle cosiddette forze “populiste”, un orizzonte condiviso. La storia ha in verità bisogno di questi momenti di crisi ed è sicuramente un bene che oggi tutto avvenga solo attraverso le armi della parola. È in questo contesto o ordine di riflessione, diciamo pure metapolitica, che ritengo difficile dare un giudizio univoco sulla vicenda che, con l’intervento in campo di Mattarella, ha ristabilito normali relazioni fra Italia e Francia.
Fin dove i protagonisti hanno agito istituzionalmente e fin dove politicamente? Non c’è dubbio infatti che quello che, da un certo punto di vista, era diventato un necessario atto di ricucitura diplomatica, abbia segnato una discesa in campo del nostro capo dello Stato. Il quale avrà pure tolto le castagne dal fuoco a Conte ma, per farlo, ha dovuto di fatto sconfessare il governo ponendosi lui stesso come unico interlocutore. Sarebbe opportuno che ciò fosse, come da Costituzione, un’eccezione e che lo stesso Mattarella agisse in questo senso, prima di tutto adoperandosi per la ricucitura anche a livello governativo.
L’invito di cortesia in Francia dovrebbe perciò essere tenuto lontano dal periodo elettorale e circoscritto nel significato. Il contrario di quel che sembra volere Macron, il quale, fatta la tara di alcune ingenuità palesi dei Cinque Stelle, ha giocato in questa partita in maniera poco pulita. Egli infatti ha chiesto a Conte ciò che il nostro presidente del Consiglio non poteva dargli (e che fra l’altro avrebbe umiliato l’Italia): le scuse formali per l’incursione in terra di Francia del vicepremier Di Maio. In qualche modo ha voluto delegittimarlo, mentre avrebbe potuto semplicemente prendere atto sia dei chiarimenti dello stesso Di Maio, che in sostanza ha fatto autocritica, sia della volontà dell’altro vicepremier, Salvini, di incontrare presto il suo omologo francese.
Lo stesso scomposto attacco dell’altro giorno di Verhosdtadt, alleato di Macron, è ora possibile leggerlo in un’altra luce, tutta politica. La campagna per le europee è iniziata, e sarà dura e spietata. Vincerà chi non commetterà troppi errori, soprattutto agli occhi di una opinione pubblica che è molto meno sprovveduta di quanto si vuole pensare.